Pensieri sparsi sulla spiritualità e un po' della mia storia

Il rapporto fra tematiche gay e religiose, nella vita di sempre
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derkleineBaum
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Re: Pensieri sparsi sulla spiritualità e un po' della mia st

Messaggio da derkleineBaum » domenica 18 agosto 2013, 18:26

Piccoli vaneggiamenti post ferragosto
Caro Landon (e cari tutti), anche io voglio ringraziarti per aver insistito su questi temi. Non perché io sia riuscito a far maggiore chiarezza in me, ma perché mi hai dato modo di complicare le mie domande! Questo vale in particolare per il tema “relativismo”. Sul punto “significato dell'omosessualità”, invece la situazione mi sembra più tranquilla.
Non voglio dilungarmi troppo e per questo non ti presenterò, in merito al punto 1 tutto ciò che avevo cominciato a scrivere. A volte ho la velleità di provare a fare lo storico sul serio … avevo fatto un sacco di riferimenti (soprattutto all’antichità, che mi è più congeniale), ma ad un certo punto ho detto STOP.
Questi, diciamo, sono quelli che possono essere i pensieri di un giovanotto, che non è del tutto digiuno della questione, ma che deve ancora perfezionare le sue conoscenze sotto molti, molti aspetti.
Ecco un super-riassunto della “parte tranquilla della questione”.
Rispetto alla tua posizione
Anche io mi scaglio contro un relativismo portato alle sue estreme conseguenze anche se ritengo che per ogni cosa sia necessario, come affermava Aristotele, il giusto mezzo.
io mi sento più propenso ad un relativismo anche spinto, purché combinato a quelli che avevo definito tra me e me “valori umanistici” (pensando più all’Humanitas dei latini, che all’umanesimo moderno) e che Project ha più giustamente definito “laicità” in alcuni suoi recenti interventi nell’altra sezione (non è mai bene l’autoreferenzialità all’interno di uno stesso ambiente, ma comunque mi sono piaciuti e quindi li cito lo stesso!). Questi dovrebbero essere i risultati della combinazione relativismo/valori umanistici: 1) fiducia nelle possibilità conoscitive dell’uomo e consapevolezza della loro fallibilità 2) fiducia nella possibilità dell’uomo di ispirare le sue norme a valori “giusti” e consapevolezza della loro (inevitabile) parzialità. Si tratta dunque di riconoscere la centralità dell’uomo in questi campi e di assumere un atteggiamento di fiducia/indulgenza nei confronti di se stessi e degli altri esseri umani. Da tale atteggiamento dovrebbe derivare automaticamente anche una forma di rispetto di tutti verso tutti (dato che la medesima indulgente fiducia è riconosciuta a tutti) tendente ad evitare violenze e costrizioni. (Sarebbe un mondo ideale!)
Per quanto riguarda il rapporto tra relativismo e spiritualità, come detto, non ci vedo problemi dato che la mia spiritualità (= tentativo di conoscenza/perfezionamento di me + tentativo di cogliere almeno un barlume del divino) è ormai del tutto personale. Per questo (anche in questo campo) mi concedo un’indulgente fiducia, che cerco di accordare ad ogni altro.
Ed ecco, molto sinteticamente, gli aspetti problematici. Sono per ora domande ancora un po’ semplici, ma cercherò di elaborarle meglio, almeno per me. Poi forse un giorno ti farò sapere! Come dire prima di conoscere la risposta bisogna conoscere bene la domanda!
1) Ponendo i miei “valori umanistici” come argine al relativismo, non faccio, in fondo, un’operazione di assolutizzazione di tale principio?
2) Quale può essere il mio rapporto con realtà anche diametralmente opposte a me?
Se alla prima domanda, mi sembra di intravedere una soluzione (comunque non indolore), ancora una volta, nella storicizzazione dell’idea (riservo alla laicità lo stesso trattamento che ho riservato alle religioni, considerandola cioè come un complesso frutto della storia, che io, nella mia contingenza, ritengo ora essere il migliore approccio possibile, pur dovendolo ritenere fallibile e perfettibile), alla seconda domanda mi approccio con difficoltà ancora maggiori. Se nel campo più astratto e conoscitivo della spiritualità, (ma il discorso potrebbe spostarsi anche sulla scienza) mi è piuttosto facile accettare l’esistenza di opinioni anche completamente divergenti dalla mia, spostandoci invece in aspetti più pratici (quelli diciamo più connessi alla morale e alla sua applicazione), come posso rapportarmi agli altri, mantenendo, al contempo, un relativistico rispetto per me, ma soprattutto per loro? Nei confronti dell’azione all’interno della stessa società il problema è meno forte perché, in un certo senso, si agisce dall’interno.
Esempio ipotetico a noi vicino: posso anche sentirmi giustificato a zittire un omofobo italiano (per quanto non dovrei mai usar violenza, in base a quanto detto prima, per far valere le mie opinioni) perché anch’io sono italiano.
Ma come posso rapportarmi a culture diverse, che non hanno proprio idea di laicità, diritti umani ecc.? Questo è sicuramente l'aspetto più critico.
Quest’esempio generico diviene magari più calzante pensando alla propria esperienza quotidiana (riduciamoci, dunque, necessariamente, all’ambito della stessa società).
Esempio mio. Dopo una delle uscite anticlericali cui ho accennato (a mia discolpa devo dire che ero un po’ esacerbato da alcune immancabili posizioni omofobe che il mio cattolico interlocutore, ignaro di me, aveva proferito e al contempo gasato dalla difesa leonina della causa omosessuale portata avanti da due miei “eterissimi” amici) mi sono sentito in colpa, non solo perché ho offeso il mio interlocutore (invitandolo a studiarsi la Bibbia), ma perché, in fondo, avevo cercato di metterlo in crisi sul suo percorso di vita e di crescita.
Credo che anche Sciamano percepisca questa problematica, quando dice:
questa visione ha implicazioni molto complesse nei rapporti tra esteriorità ed interiorità e cosa sia davvero possibile fare per gli altri
. (Piccolo appello a Sciamano :”O Sciamano, se hai la soluzione, ti prego dimmela!!”).
Per ora mi sembra di percepire un’insoddisfacente risposta, decisamente orientaleggiante, a queste problematiche: nel campo più astratto della spiritualità ok, non devo cercare di cambiare le idee degli altri e il “mio viaggio” devo percorrerlo da solo. Ma nel campo dell’azione pratica (seppur nel mio piccolo) dovrei rinunciare ad agire?? Potrei mai farlo? Sinceramente credo di no.
Non so se sono riuscito a comunicare qualcosa con quanto qui espresso. In ogni caso, dopo il piccolo appello di sopra, ne faccio un altro a chiunque voglia consigliarmi o anche suggerirmi qualche letturina (purché non troppo pallosa :D dato che comunque devo studiare, mi sono trovato un lavoretto estivo e soprattutto voglio fare un gran cazzeggio di fine estate!!)
Vengo ora con più tranquillità al punto “significato dell’omosessualità”. Ti dirò che il problema non me lo pongo più, perché la mia omosessualità non l'ho scelta io. Se Dio esiste (alla fine) l'ha scelta lui e per questo voglio dargli fiducia. Forse solo questa condizione mi permetterà di apprendere qualcosa che lui vuole farmi apprendere. Invece questo è quanto mi dicevo qualche tempo fa: ammettendo che l’umanità tutta abbia un senso e che sia stata creata con uno scopo da un Creatore, credo che noi serviamo a dimostrare che l’amore è fine a se stesso. Una nuova vita può essere il frutto meraviglioso di unione fra uomo e donna. Tuttavia l’amore non può essere subordinato alla procreazione, come fa la Chiesa. Questa è una visione decisamente animalesca … tipo la gatta va in calore e zac! Quanto alla complementarità degli opposti cui fai riferimento, mi sembra proprio una volgarizzazione del Tao in chiave fallico-vaginale.Tu però hai posto la questione anche dal punto di vista scientifico: a che serve l’omosessualità in natura? Su questo non so darti un’opinione, ma ricordo d’aver visto un documentario in cui, alcuni studiosi, sostenevano che alcuni geni sono al contempo causa dell’omosessualità e di una maggiore fertilità della specie.
Come appendice a tale questione vorrei ricordare il ruolo dei tirannicidi Armodio e Aristogitone nell’immaginario greco del V sec. a.C. Dalla forza e dalla bontà del loro legame era discesa ad Atene la democrazia.
Resta con te,
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Re: Pensieri sparsi sulla spiritualità e un po' della mia st

Messaggio da Sciamano » domenica 18 agosto 2013, 19:28

Riguardo il relativismo io lo appoggio e sono d'accordo, finché quello che cerchiamo non diventa un danno o una sofferenza per altri.

Se due persone divergono totalmente sulla questione omosessualità, è difficile che ci sarà sufficiente simpatia per frequentarsi... quindi il problema di rispettare il tuo punto di vista e quello dell'altro non si pone... tu dici la tua, lui dice la sua e fine. Se per qualche motivo si interagisce, è facile che quell'argomento verrà presto "messo nel cassetto" da entrambe, perché è inutile discuterci... e nuovamente il problema non si pone (si parlerà d'altro).

Questo non significa rinunciare all'azione, semplicemente uno vive la sua vita, se desidera può comunicare quel che vuole agli altri e poi ciascuna persona può rispondere (se ha interesse a farlo) alle domande che si pone, in mezzo ai tanti messaggi che la realtà ci offre.

La felicità è fine a se stessa, l'amore anche: stiamo bene, lo desideriamo, perché dovrebbe esserci anche un motivo intellettuale da metterci sopra? Non serve. Quindi dò sostegno alla tua ipotesi (amore vissuto non a fine procreativo ma fine a se stesso). Come effetto pratico l'omosessualità contiene lievemente l'incremento demografico e questo è positivo visto che non ci sono catene alimentari che ci regolano.
Cercare la felicità rispettando gli altri, sarebbe una grande conquista per l'umanità!

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