PRINCIPI DI MORALE SESSUALE (GAY) LAICA

L'impegno dei Gay per una morale autenticamente laica
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PRINCIPI DI MORALE SESSUALE (GAY) LAICA

Messaggio da progettogayforum » sabato 30 marzo 2013, 18:38

Ho scelto di dare a questo post il titolo ”principi di morale sessuale (gay) laica” mettendo la parola gay tra parentesi perché, anche se nel formarmi una mia opinione in proposito mi sono riferito al mio ambiente, ossia a quello delle persone gay, il risultato della mia riflessione prescinde dall’orientamento sessuale. Le riflessioni sono molto generali, partono dalla presa d’atto di un disagio e quindi di un conflitto e tendono a risolverlo con una proposta.

Il disagio, come tale, e nel caso specifico il disagio morale individuato come senso di colpa, si ritiene originato da un conflitto interno alla coscienza tra ciò che si dovrebbe essere e ciò che si è. Secondo le schematizzazioni più comuni, la trasgressione di un precetto morale porta al senso di colpa, ma sia quello che si dovrebbe essere che quello che si è sono realtà difficilmente definibili.

L’azione concreta può essere più o meno libera ma anche la norma morale con la quale l’agire concreto si confronta deriva spesso dalla interiorizzazione più o meno forzata di assunti normativi esterni sui quali molto spesso non si esercita alcun controllo razionale. Se i concetti di bene e di male sono definiti per assimilazione passiva di codici esterni il metro stesso della valutazione morale vacilla.

Di fronte alla definizione dei criteri dell’agire morale si riscontrano due atteggiamenti sostanzialmente diversi, uno dogmatico per il quale la distinzione tra morale e immorale è oggettiva e la morale assume un impianto definitorio e legalistico, ed uno che privilegia la dimensione della libertà individuale e del giudizio soggettivo. La prima tendenza “insegna delle norme morali”, la seconda “spalanca le porte alla coscienza individuale” e ovviamente, almeno entro vasti ambiti, alla soggettività della coscienza. La morale della libertà individuale non è la morale dell’individualismo, dell’egoismo ecc. ecc., ma la morale della ricerca individuale del bene. In questa ricerca individuale, anzi, il principio fondamentale è la realizzazione del bene dell’altro, cioè un principio altruistico.

Al di là delle singole norme comportamentali, che sono lasciate alla libertà individuale, è morale ciò che è altruistico ed è immorale ciò che è egoistico. È chiaro che certamente continuano ad esistere comportamenti che devono essere considerati “oggettivamente” immorali e devono essere impediti coercitivamente e sono quelli che trovano sanzione nella legge penale che punisce atti oggettivamente lesivi del dritto altrui.

Così come i paladini dell’oggettività della norma morale diffondono una pedagogia volta all’assimilazione di particolari codici morali, che nonostante la dichiarata oggettività sono fortemente connotati storicamente e culturalmente (non esiste alcuna morale oggettiva condivisa da tutti), i paladini della libertà morale dell’individuo tendono a diffondere una pedagogia della libertà che si limita ad indicare un fine (l’altruismo) e lascia alla coscienza individuale la ricerca delle strade per realizzarlo.

In una morale precettiva, al di là delle prevedibili dichiarazioni in contrario, non ha alcun senso la distinzione tra l’errante e l’errore perché ciò che conta dal punto di vista morale non è la persona ma quello che essa fa, ben poco rilevando il giudizio della sua coscienza individuale, in una morale della libertà, salvi i casi di comportamenti di rilievo penale, il giudizio morale è soggettivo e interno alla coscienza, intendo dire che valutare il bene e il male al di fuori della coscienza del singolo perde completamente significato.

La società in cui viviamo è il frutto di secoli di morali precettive e proprio per questo la morale precettiva è percepita in genere come l’unica morale possibile. La trasmissione di sistemi di valori e quindi di codici morali tende a perpetuare di generazione in generazione la morale precettiva creando l’illusione che essa sia assoluta d eterna.

Quando il codice morale assimilato dall’esterno non è adeguato alla vita del singolo sorge un conflitto, questo conflitto potrebbe essere risolto con l’omologazione del comportamento individuale alla norma morale interiorizzata ma siccome questo procedimento tende a ridurre la libertà individuale si cerca una strada diversa e si arriva al depotenziamento della norma morale, alla sua interpretazione elastica, che crea una minore sensazione di disagio, ma in realtà si lascia sopravvivere l’intero edificio della morale normativa che costituisce la ragione stessa del disagio, proprio perché la norma si impone forzando la libertà morale individuale. In sostanza l’esigenza di libertà morale torna quasi sempre a galla (quando non è stata repressa in modo troppo violento) e i codici normativi interiorizzati, pur non essendo messi in discussione, sono di fatto rimossi o depotenziati.

Mi chiedo: non avrebbe più senso rispettare dall’origine la libertà morale individuale? Non avrebbe più senso educare le persone alla libertà di scelta? Ci sono alcuni paesi in cui la pedagogia della libertà esiste da molti anni e non solo non ha creato abusi ma ha educato alla responsabilità.

Proviamo a riportare il discorso teorico nel concreto.

Un ragazzo che crescendo si rende conto di essere gay, se ha subito una educazione morale precettiva, si sente in difficoltà, si sente in conflitto con la famiglia, con la religione e con la società, e può vivere condizioni di disagio anche molto profondo. Se non finirà per rinunciare del tutto a se stesso schiacciando la propria libertà individuale, prima o poi finirà per depotenziare e rendere eludibile la noma imposta, si atterrà in apparenza alla norma imposta davanti alla famiglia, alla comunità religiosa e ad altri ambienti pubblici, ma prima o poi quel ragazzo troverà le strade per affermare anche la sua libertà.

Se invece fosse stato educato fin dall’inizio alla libertà morale non avrebbe avuto nulla con cui trovarsi in conflitto e si sarebbe chiesto responsabilmente come vivere la sua omosessualità.

Quanto al vivere la sua omosessualità quel ragazzo avrebbe dovuto essere consapevole di alcuni limiti oggettivi e ineliminabili e cioè quelli che, pur lasciando libertà sul come realizzare il bene dell’altro, vietano comunque di portargli oggettivamente danno. Nel caso specifico il primo dovere morale è la prevenzione delle malattie sessualmente trasmesse. È chiaro che il primo postulato della morale è “non fare oggettivamente del male agli altri”.

Come avrebbe potuto quel ragazzo cercare di agire bene, cioè di realizzare il bene dell’altro? La risposta è abbastanza semplice, avrebbe dovuto cercare di vedere le situazioni dal punto di vista dell’altro, cosa certamente non facile per cercare di valutare il senso delle proprie azioni con gli occhi dell’altro. Il bene e il male non si misurano sulle intenzioni di chi agisce ma dal punto di vista della persone cui quelle azioni sono destinate. In questo senso, nessun comportamento, nell’ambito della libertà morale è buono o cattivo di per sé perché la valutazione deve essere data da chi agisce cercando di capire gli effetti di quello che fa (principio di responsabilità).

Scendiamo ad un esempio concreto: sesso sì o sesso no? La risposta si ricava immediatamente mettendosi dal punto di vista dell’altro. Sesso no, se un contatto sessuale non è voluto dall’altro, se può provocargli, dopo, rimorsi o situazioni di sconforto; sesso sì se il proprio desiderio personale incontra quello dell’altro in modo libero e spontaneo. E se per caso le cose non fossero ben chiare? Anche qui la risposta è semplice, le soluzioni ai dubbi si cercano in due, l’altro non è solo il destinatario delle nostre valutazioni ma sceglie con noi e condividere dubbi e incertezze aiuta a prevenire le valutazioni sbagliate. D’altra parte tra persone abituate alla libertà morale il giudizio sull’altro dipende dalla sua genuinità, dall’assenza di secondi fini, dalla coerenza tra il modo di presentarsi e il modo di essere e dalla disponibilità a mettersi in gioco alla pari.

Da questo discorso si arriva ad una conclusione necessaria: il fondamento dell’educazione sessuale e, aggiungo, di ogni forma di educazione deve essere l’educazione alla libertà. La libertà propria e quella altrui costituiscono il fondamento della morale e la felicità propria e quella altrui ne costituiscono il fine.

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