"La religione può far male alla salute" di C. Hitchens

L'impegno dei Gay per una morale autenticamente laica
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Tom
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"La religione può far male alla salute" di C. Hitchens

Messaggio da Tom » lunedì 15 aprile 2013, 18:19

Qui di seguito riporto la parte iniziale del quarto capitolo del libro "Dio non è grande" del giornalista e saggista britannico naturalizzato statunitense Christopher Hitchens. Ho ricontrollato il testo ma potrebbe ancora esserci qualche refuso, in ogni caso nulla che comprometta la leggibilità o il pensiero dell'autore.
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La religione può far male alla salute

Nelle epoche buie la miglior guida dell'uomo è la religione, così in una notte nera come la pece la migliore guida è un cieco: costui riconosce strade e sentieri meglio di chi vede. Quando arriva il giorno, però, è da sciocchi usare per guida un vecchio cieco. (HEINRICH HEINE, Pensieri e ghiribizzi)


Nell'autunno del 2001 mi trovavo a Calcutta con il grandissimo fotografo Sebastiào Salgado, un genio brasiliano le cui indagini con la macchina fotografica hanno reso palpabili le vite dei migranti, delle vittime di guerra e di quei lavoratori che faticano per estrarre materie prime da miniere, cave e foreste. In questa occasione, operava come inviato dell'Unicef, promuovendo una crociata - nel senso positivo del termine - contro il flagello della poliomielite. Grazie all'opera di scienziati idealisti e illuminati come Jonas Salk, è ora possibile immunizzare i bambini contro questa terribile malattia a un costo irrilevante: i pochi centesimi che occorrono per somministrare due gocce di vaccino orale nella bocca di un bambino. I progressi della medicina ci hanno fatto accantonare la paura del vaiolo, e si aspettava fiduciosamente che nel giro di poco tempo sarebbe successo lo stesso con la poliomielite. Tutta l'umanità pareva unita in questo proposito. In vari paesi, tra cui El Salvador, i belligeranti avevano proclamato il cessate il fuoco per consentire ai team di vaccinatori di muoversi liberamente. Paesi estremamente poveri e arretrati avevano investito le loro risorse per portare la buona notizia in ogni villaggio: non era più necessario che i bambini fossero uccisi o venissero resi disabili e infelici da questa odiosa malattia. Di ritorno a Washington, dove quell'anno, a causa del trauma dell'11 settembre, molte persone se ne stavano chiuse in casa ancora impaurite, la mia bambina più piccola se ne andava intrepidamente di porta in porta la sera di Halloween, dicendo con la sua vocetta acuta «Dolcetto o scherzetto per l'Unicef», guarendo o salvando, con ogni manciata di spiccioli, bambini che non avrebbe mai incontrato. C'era il senso di partecipare a un'impresa assolutamente buona.

La gente del Bengala, in specie le donne, era entusiasta e creativa. Ricordo un incontro del comitato, in cui le zelanti signore di Calcutta progettavano senza imbarazzo di cooperare con le prostitute per diffondere il messaggio negli angoli più remoti della città. Portate i vostri bambini, non fate domande e fategli ingoiare le due gocce di liquido. Qualcuna sapeva di un elefante, a pochi chilometri dalla città, che si poteva noleggiare per una sfilata pubblicitaria. Tutto stava andando per il meglio: in una città e in uno stato tra i più poveri della terra si sarebbe avuto un nuovo inizio. E poi cominciò a farsi strada una voce. In alcuni posti fuori mano, musulmani intransigenti stavano diffondendo la favola che le goccioline erano un complotto. Se prendete questa sinistra medicina occidentale, sarete colpiti dall'impotenza e dalla diarrea (una combinazione squallida e repellente).

Questo era un problema, perché le gocce dovevano essere somministrate due volte - la seconda volta come richiamo e conferma dell'immunità - e perché bastano alcuni individui non vaccinati per permettere alla malattia di sopravvivere e riprendere vigore, e di diffondersi nuovamente tramite il contatto e l'acqua. Come con il vaiolo, lo sradicamento deve essere completo e assoluto. Lasciando Calcutta, mi domandavo se il Bengala occidentale sarebbe riuscito a portare a termine il lavoro nei tempi stabiliti e a dichiararsi libero dalla poliomielite entro la fine dell'anno successivo. Sarebbero rimaste solo alcune sacche in Afghanistan e in un paio di altre regioni inaccessibili, già sconvolte dall'esaltazione religiosa, prima che potessimo dire che un'altra antica e micidiale tirannia era stata definitivamente sconfitta.

Nel 2005 venni a conoscenza di un episodio rivelativo. Nella Nigeria settentrionale - una regione che era stata precedentemente classificata come libera dalla poliomielite - un gruppo di personalità religiose islamiche aveva emesso una sentenza secondo cui il vaccino antipolio era un complotto degli Stati Uniti (e, sorprendentemente, delle Nazioni Unite) contro la fede musulmana. Le gocce avevano lo scopo, dicevano questi mullah, di sterilizzare i veri credenti. Il loro obiettivo - e il loro effetto - era genocida. Nessuno doveva ingerirle o somministrarle ai bambini. Nel giro di alcuni mesi la poliomielite era ricomparsa, e non solo nella Nigeria del Nord. I viaggiatori e i pellegrini nigeriani l'avevano già portata fino alla Mecca e l'avevano di nuovo diffusa in parecchie altre aree dove sembrava estirpata, fra cui tre paesi africani e anche il remoto Yemen. Bisognava ricominciare tutto daccapo.

Potreste dire, e sembrerebbe un modo maledettamente appropriato di esprimersi, che si tratta di un caso «isolato». Ma vi sbagliereste. Che ne direste di vedere il mio video in cui il cardinal Alfonso Lopez Trujillo, presidente vaticano del Pontificio consiglio per la famiglia, avvisa con paterna sollecitudine il suo uditorio che tutti i preservativi vengono fabbricati con molti fori microscopici, attraverso i quali può passare il virus dell'Aids? Chiudete gli occhi e cercate di immaginare cosa potreste dire se aveste l'autorità di infliggere la maggiore sofferenza possibile col minor numero di parole. Considerate il danno che ha causato un simile dogma: presumibilmente quei fori permettono anche il passaggio di altre cose, distruggendo anzitutto l'idea stessa di profilattico. Fare un'affermazione del genere a Roma è abbastanza nefasto. Ma trasmettete questo messaggio nel linguaggio dei paesi poveri e colpiti dalla calamità e vedete un po’ cosa succede. Durante il carnevale brasiliano, il vescovo ausiliario di Rio de Janeiro, Rafael Llano Cifuentes, si è così espresso rivolgendosi alla sua comunità in un sermone: «La chiesa è contro l'uso del preservativo. I rapporti sessuali tra uomo e donna debbono essere naturali. Non ho mai visto un cane usare un preservativo in un rapporto sessuale con un altro cane» (nota 1). In molti altri paesi, figure ecclesiastiche di rango elevato - il cardinale Obando y Bravo del Nicaragua, l'arcivescovo di Nairobi in Kenya, il cardinale Emmannuel Wamala dell'Uganda - hanno tutte detto al loro gregge che i preservativi trasmettono l'Aids. Il cardinal Wamala, per l'esattezza, formulò l'opinione secondo cui le donne che morivano di Aids, anziché usare la protezione di lattice, dovevano essere considerate come martiri (è presumibile che questo martirio debba avere luogo nell'ambito del matrimonio).

Le autorità islamiche non sono state da meglio, anzi talvolta si sono rivelate peggiori. Nel 1995, il Consiglio indonesiano degli ulema ha esortato a rendere disponibili i profilattici solo per le coppie sposate, e su prescrizione. In Iran, un lavoratore HIV positivo può perdere il lavoro, e dottori e ospedali hanno il diritto di rifiutare ai pazienti la cura per l'Aids. Un funzionario pachistano del Programma di controllo dell'Aids, nel 2005, ha dichiarato alla rivista «Foreign Policy» che il problema nel suo paese era meno impellente grazie ai «superiori valori sociali islamici» (nota 2). E questo in uno stato dove la legge permette che una donna sia condannata a una violenza di gruppo per espiare la «vergogna» di un reato commesso dal fratello. Si tratta della miscela religiosa di repressione e diniego: una piaga come l'Aids è considerata impronunciabile perché gli insegnamenti del Corano sono di per sé sufficienti a inibire i rapporti prematrimoniali, l'uso della droga, l'adulterio e la prostituzione. Persino una breve visita, ad esempio, in Iran dimostrerà il contrario. Sono gli stessi mullah che approfittano dell'ipocrisia consentendo «matrimoni temporanei», i cui certificati sono disponibili per alcune ore, talvolta in case appositamente designate, con una dichiarazione di divorzio pronta a faccenda conclusa. La si potrebbe almeno chiamare prostituzione... L'ultima volta che mi fu fatta una simile proposta ero proprio accanto al brutto santuario dedicato all'ayatollah Khomeini nella parte sud di Teheran. Ma le donne velate o coperte dal burqa, infettate col virus dai loro mariti, sono destinate a morire in silenzio. È una certezza che in tutto il mondo milioni di persone inermi e perbene dovranno morire, assai miseramente e senza alcuna necessità, in conseguenza di tale oscurantismo.

L'atteggiamento della religione verso la medicina, come l'atteggiamento della religione verso la scienza, è sempre inevitabilmente problematico e molto spesso inevitabilmente ostile. Un credente moderno può dire e anche credere che la sua fede è del tutto compatibile con la scienza e la medicina, ma il fatto imbarazzante sarà sempre che l'una e l'altra hanno la tendenza a infrangere il monopolio della religione e sono sempre state accanitamente avversate per tale ragione. Cosa capita al guaritore miracoloso e allo sciamano quando qualsiasi modesto cittadino può vedere il positivo effetto delle medicine e degli interventi chirurgici, gestiti senza cerimonie o mistificazioni? Approssimativamente la stessa cosa che capita al mago della pioggia quando si presenta il climatologo, o al divinatore dei cieli quando gli alunni di una scuola elementare possono avere a disposizione un semplice telescopio. Le pesti dell'antichità erano ritenute punizioni degli dei, e questa credenza contribuiva grandemente a rafforzare il potere del clero e a incoraggiare il rogo degli infedeli e degli eretici che si pensava - con spiegazioni intercambiabili - diffondessero la malattia con arti stregonesche oppure avvelenando i pozzi.

Possiamo concedere delle attenuanti alle orge di stupidità e di barbarie cui si indulgeva prima che l'umanità avesse un chiaro concetto della teoria dei germi come causa delle malattie. La maggior parte dei «miracoli» del Nuovo Testamento ha a che fare con la guarigione, questione della massima importanza in un'epoca in cui anche malattie non gravi significavano spesso la morte. (Lo stesso sant'Agostino dichiarò che non avrebbe creduto nel cristianesimo se non fosse stato per i miracoli). Critici scientifici della religione come Daniel Dennet (nota 3) sono stati abbastanza generosi da mettere in luce come gli apparentemente inefficaci rituali di guarigione possano anche essere serviti a fare star meglio la gente; è infatti ben noto quanto il morale possa essere di aiuto al corpo nel combattere mali e infezioni. Ma questa è una giustificazione valida solo per il passato. Da quando il dottor Jenner ha scoperto che il vaccino di origine bovina è in grado di scongiurare il vaiolo, tale giustificazione non ha più senso. Eppure Timothy Dwight, in passato rettore di Yale, ancora oggi tra i più rispettati «teologi» americani, si oppose alla vaccinazione antivaiolosa perché la considerava un'interferenza nel disegno divino. E simile mentalità è ancora massicciamente presente, molto dopo che il pretesto e la scusante dell'ignoranza non hanno più ragion d'essere.

E interessante e suggestivo che l'arcivescovo di Rio si sia avvalso dell'analogia con i cani. Non si disturbano a infilarsi un preservativo: chi siamo noi per trovare da ridire sulla loro fedeltà alla «natura»? Nella recente divisione che si è operata nella chiesa anglicana circa l'omosessualità e l'ordinazione, parecchi vescovi hanno scioccamente sostenuto che l'omosessualità è «innaturale» perché non la si riscontra nelle altre specie. Lasciamo da parte la sostanziale assurdità di questa osservazione: gli uomini sono o no parte della «natura»? Oppure, se capita che siano omosessuali, sono creati a immagine di dio o no? Lasciamo da parte il fatto ben attestato degli innumerevoli tipi di uccelli, di mammiferi e di primati che si dedicano al gioco omosessuale. Chi sono i chierici per interpretare la natura? Si sono dimostrati piuttosto incapaci di farlo. Un preservativo, molto semplicemente, è una condizione necessaria, ma non sufficiente per evitare la trasmissione dell'Aids. Tutte le autorità competenti, inclusi quanti sostengono che l'astinenza è anche meglio, sono d'accordo su questo punto. L'omosessualità è presente in tutte le società, e la sua incidenza sembrerebbe rientrare nel «disegno» dell'uomo. Dobbiamo per forza affrontare questi fatti quando ci imbattiamo in essi. Oggi sappiamo che la peste bubbonica non fu diffusa dal peccato o dal regresso morale, ma dai topi e dalle pulci. L'arcivescovo Lancelot Andrewes, durante la celebre «morte nera» che colpi Londra nel 1665, notò con disagio che l'orrore piombava sia su coloro che pregavano e si attenevano alla fede sia su coloro che non lo facevano. Egli arrivò pericolosamente vicino a inciampare in una verità. Mentre scrivevo questo capitolo, nella città in cui vivo, a Washington, scoppiò una discussione. Il papillomavirus umano (HPV) è da tempo conosciuto come un'infezione trasmessa sessualmente, che, nel caso peggiore, può provocare il cancro cervicale nelle donne. Oggi è disponibile un vaccino - ai nostri giorni, i vaccini si sviluppano sempre più rapidamente - non per curare la malattia, ma per immunizzare le donne nei confronti dell’HPV. Ma nell'amministrazione ci sono forze che si oppongono all'adozione di questa misura perché non scoraggerebbe il sesso prematrimoniale. Accettare la diffusione del cancro cervicale in nome di dio non è diverso, moralmente o intellettualmente, dal sacrificare queste donne su un altare di pietra, o dal ringraziare dio di averci dato l'impulso sessuale e poi condannarlo.

Non sappiamo quante persone siano morte o moriranno in Africa a causa del virus dell'Aids, che, grazie a una splendida impresa della ricerca scientifica umanitaria, venne isolato e diventò curabile molto presto dopo avere fatto la sua letale comparsa. D'altro canto, sappiamo che fare sesso con una vergine - una delle più popolari «cure» locali - in realtà non previene né allontana l'infezione. E sappiamo anche che l'uso del preservativo può almeno contribuire, come forma di profilassi, alla limitazione e al contenimento del virus. Non stiamo alludendo a stregoni e selvaggi che, come un tempo i missionari si compiacevano di credere, oppongono resistenza ai benefici della civiltà. Stiamo invece alludendo all'amministrazione Bush, la quale, nel ventunesimo secolo, in una repubblica che passa per secolare, rifiuta di elargire i suoi aiuti a istituzioni caritative e a ospedali che offrono consigli sulla pianificazione familiare. Almeno due importanti religioni ufficiali, con milioni di aderenti in Africa, credono che la cura sia molto peggiore della malattia. Esse inoltre nutrono la convinzione che l'epidemia dell'Aids sia, in qualche modo, un verdetto del cielo contro la devianza sessuale, in particolare contro l'omosessualità. Un solo colpo del potente rasoio di Occam liquida questa sciocca barbarie: le donne omosessuali non solo non contraggono l'Aids (salvo che siano sfortunate con una trasfusione o con un ago), ma sono anche molto più esenti degli eterosessuali da tutte le malattie veneree. Ma le autorità clericali rifiutano ostinatamente di essere oneste addirittura sull'esistenza del lesbismo. Così facendo, dimostrano ulteriormente come la religione continui a essere una minaccia che incombe sulla salute pubblica.

Pongo una questione ipotetica. Io, uomo di cinquantasette anni, sono scoperto a succhiare il pene di un bambino. Vi chiedo di descrivere il vostro sdegno e la vostra repulsione. Ah, ma ho la mia bella spiegazione pronta. Sono un mohel: uno che per professione circoncide e rimuove prepuzi. La mia autorità deriva da un testo antico, che mi ingiunge di portare poi la bocca sul pene e risucchiare il prepuzio, e sputare infine il lembo amputato insieme a una boccata di sangue e di saliva. Questa pratica è stata abbandonata dalla maggior parte degli ebrei, o per la sua natura poco igienica o per le sue disturbanti associazioni, ma persiste tuttora fra i fondamentalisti chassidici che sperano nella ricostruzione del Secondo Tempio a Gerusalemme. Per loro, il rito primitivo della suzione del prepuzio (periah) e poi del sangue (metsitsa) fa parte dell'originario e inscindibile patto con dio. A New York, nell'anno di grazia 2005, il rito, eseguito da un mohel cinquantasettenne, provocò l'herpes genitale a parecchi bambini e causò la morte di almeno due di essi. In circostanze normali, la scoperta avrebbe portato il Dipartimento della sanità a proibire la pratica e il sindaco a denunciarla. Ma nella capitale del mondo moderno, nel primo decennio del ventunesimo secolo, non andò così. Anzi, il sindaco Bloomberg non tenne in alcun conto i rapporti di eminenti medici ebrei che avevano richiamato l'attenzione sul rischio di un simile costume e intimò alla sua burocrazia sanitaria di rinviare il verdetto. La cosa fondamentale, disse, era che non venisse violato il diritto al libero esercizio della religione. In un pubblico dibattito con Peter Steinfels, il cattolico liberale «opinionista religioso» del «New York Times», mi venne mosso il medesimo rilievo.

Si dava il caso che a New York fosse anno di elezioni per il sindaco e questo può spiegare molte cose. Ma il modello ricorre in altre religioni, e in altri paesi e città. In una vasta area dell'Africa animista e musulmana, le giovani impuberi sono sottoposte all'inferno dell'escissione e dell'infibulazione, cioè al taglio delle labbra e della clitoride, spesso con una pietra tagliente, e alla cucitura della vagina con del filo robusto. L'infibulazione non verrà rimossa se non dopo che sarà stata infranta dalla forza del maschio la notte delle nozze. La compassione e la biologia concedono che, nel frattempo, sia lasciata una piccola apertura per il passaggio del sangue mestruale. Il fetore, la sofferenza, l'umiliazione e l'infelicità che ne risultano eccedono ogni immaginazione. Inevitabilmente ciò comporta infezioni, sterilità, vergogna e, per molte donne e per molti nascituri, la morte. Nessuna società tollererebbe un simile affronto alla sua componente femminile, e quindi alla propria sopravvivenza, se questa infame pratica non fosse sacra e venerata. D'altronde, nessun newyorchese consentirebbe a delle atrocità contro i bambini se non per le medesime ragioni. Genitori che dichiarano di credere alle istanze insensate della «Christian Science» sono stati accusati - ma non sempre condannati per questo - di avere negato cure mediche urgenti ai loro rampolli. Genitori che immaginano di essere «testimoni di Geova» non hanno permesso che ai loro figli venisse effettuata una trasfusione di sangue. Genitori «mormoni» che fantasticano di un uomo, un certo Joseph Smith, il quale avrebbe scoperto, grazie a una visione, un libro scritto su tavole d'oro sepolto in terra, hanno sposato le loro figlie minorenni a zii e cognati privilegiati, magari già sposati a mogli più vecchie. Gli sciiti fondamentalisti, in Iran, hanno abbassato l'età del «consenso» a nove anni, forse in ammirata emulazione dell'età della «moglie» più giovane del «profeta» Maometto. Le spose bambine indù vengono fustigate, e talvolta bruciate vive, se la patetica dote che portano è giudicata troppo misera. Il Vaticano, con la sua vasta rete di diocesi, solo nell'ultimo decennio è stato costretto ad ammettere la sua complicità in un formidabile racket di violenze e torture infantili, soprattutto ma non esclusivamente omosessuali, che teneva al riparo della legge noti pederasti e sadici, assegnandoli per di più a parrocchie dove la scelta di creature inermi e innocenti era più ricca. Nella sola Irlanda - un tempo obbedientissima figlia di Santa Madre Chiesa - si stima che i bambini non molestati delle scuole religiose fossero probabilmente la minoranza.

Eppure la religione rivendica un suo ruolo speciale nella protezione dei bambini. «Guai, - minaccia il Grande Inquisitore nei fratelli Karamazov, - a colui che fa male a un bambino». Nel Nuovo Testamento, Gesù ci dice che una persona così colpevole sarebbe meglio fosse in fondo al mare, per giunta con una macina al collo. Ma sia in teoria che in pratica, la religione usa l'innocente e l'inerme a fini di esperimento. Lasciate pure che un ebreo adulto osservante riponga il suo pene rozzamente circonciso nella bocca di un rabbino. (Sarebbe legale, almeno a New York). Lasciate pure che donne cresciute, diffidenti nei confronti della loro clitoride o delle loro labbra, se le facciano recidere da qualche altra disgraziata. Lasciate pure che Abramo si offra in suicidio per provare la sua devozione al Signore o la sua credenza nelle voci che sentiva in testa. Lasciate pure che genitori devoti rifiutino per se stessi il soccorso della medicina in caso di sofferenza o di dolori acuti. Lasciate pure - per quel che me ne importa - che un prete consacrato al celibato sia un omosessuale promiscuo. Permettete pure a una congregazione, convinta che si possa cacciare il diavolo a frustate, la libertà di scegliere ogni settimana un nuovo peccatore adulto, uomo o donna, e di fustigarlo fino a farlo sanguinare. Permettete pure a coloro che credono nel creazionismo di ammaestrare i loro pari durante la pausa pranzo. Ma la precettazione di bambini indifesi per tali scopi è qualcosa che perfino il più accanito laicista può tranquillamente definire come peccato.

Non mi ergo a esempio morale, e sarebbe facile demolirmi se lo facessi, ma se fossi sospettato di violenza o di torture a un bambino, o di averlo infettato con una malattia venerea o di averlo ceduto a trafficanti sessuali o per qualsiasi altro genere di schiavitù, potrei pensare di suicidarmi, fossi o non fossi colpevole. Se avessi effettivamente commesso il delitto, darei il benvenuto alla morte in qualsiasi forma venisse. La repulsione per simili cose è innata in qualsiasi persona sana, e non c'è bisogno che venga insegnata. Poiché la religione si è dimostrata straordinariamente criminale nell'unico campo in cui l'autorità morale ed etica dovrebbe essere considerata universale e assoluta, penso che abbiamo il diritto di trarre almeno tre conclusioni provvisorie. La prima è che la religione e le chiese sono artefatti umani. La seconda è che l'etica e la moralità sono del tutto indipendenti dalla fede, e non possono derivarne. La terza è che la religione - a causa della pretesa a una speciale dispensa divina per le sue pratiche e le sue credenze - è non solo amorale, ma immorale. Lo psicopatico o il bruto ignorante che maltrattano i figli devono essere puniti, ma possono essere compresi. Coloro che brandiscono un'autorizzazione celeste alla crudeltà sono contaminati dal male e rappresentano assai più di un pericolo.

Nell'ospedale psichiatrico della città di Gerusalemme c'è un reparto riservato a coloro che costituiscono un pericolo di natura particolare per sé e per gli altri. Questi pazienti illusi soffrono della «sindrome di Gerusalemme». Gli ufficiali della polizia e della sicurezza sono addestrati a riconoscerli, sebbene la loro mania si celi spesso sotto una maschera di calma ingannevole e beatifica. Sono arrivati alla città santa per manifestarsi come messia o come redentori, o per proclamare la fine dei tempi. Il nesso tra fede religiosa e disturbo mentale, dal punto di vista del tollerante e del «multiculturale», è assolutamente ovvio, ma anche decisamente innominabile. Se qualcuno ammazza i figli e poi dice che glielo ha ordinato dio, potremmo considerarlo non colpevole a causa della sua follia, ma finirebbe ugualmente in carcere. Se qualcuno vive in una caverna e proclama di avere visioni e sogni profetici, possiamo lasciarlo in pace finché non salta fuori che sta progettando, in modo non fantasmatico, la gioia dell'attentato suicida. Se qualcuno annuncia di essere l'unto del Signore e prende a fare scorta di KoolAid e di armi, e a servirsi delle mogli e delle figlie dei suoi accoliti, forse non ci limiteremmo più a sollevare uno scettico sopracciglio. Ma se queste cose sono predicate all'ombra di una religione ufficiale, siamo tenuti a prenderle alla lettera. Tutti e tre i monoteismi, tanto per prendere l'esempio più saliente, lodano Abramo perché si mostrò disposto ad ascoltare le voci e si fece accompagnare dal figlio in una lunga e piuttosto folle e fosca camminata. E il capriccio che alla fine fermò la sua mano assassina è definito come misericordia divina.

Il rapporto tra salute fisica e salute mentale, come ora ben si sa, si lega strettamente alla funzione, o alla disfunzione, sessuale. Può allora essere una coincidenza che tutte le religioni rivendichino il diritto di legiferare in materia di sesso? Lo strumento principale tramite cui i credenti si impongono, gli uni sugli altri o sui non credenti, è sempre stata la loro pretesa a esercitare il monopolio in tale sfera. La maggior parte delle religioni (con l'eccezione dei pochi culti che a dire il vero lo permettono o lo incoraggiano) non hanno bisogno di preoccuparsi molto per rafforzare il tabù dell'incesto. Alla stessa stregua dell'assassinio e del furto, esso è comunemente sentito come contrario all'umanità, senza ulteriori spiegazioni. Ma basta dare uno sguardo d'insieme alla storia dei timori e dei divieti sessuali, quali sono stati codificati dalla religione, per accorgersi dell'inquietante nesso tra estrema lascivia ed estrema repressione. Quasi ogni impulso sessuale è stato oggetto di proibizione o è diventato motivo di colpa e di vergogna. Il sesso manuale, il sesso orale, il sesso anale, il sesso in una posizione che non sia quella del missionario: appena si nominano simili pratiche, si scopre che su di esse pende una formidabile interdizione. Perfino nella moderna ed edonistica America, parecchi stati definiscono «sodomia» l'atto non diretto alla procreazione eterosessuale faccia a faccia.

Ciò solleva gigantesche obiezioni rispetto all'argomento del «disegno», lo si qualifichi «intelligente» o meno. Chiaramente, la specie umana è destinata a fare esperimenti in fatto di sesso. E non meno chiaramente, il fatto è ben noto al clero. Quando Samuel Johnson ebbe completato il primo vero dizionario della lingua inglese, ricevette la visita di una delegazione di rispettabili vecchie signore che desideravano congratularsi con lui perché non vi aveva incluso le parole indecenti. La sua risposta - cioè che era felice di vedere che le avevano cercate - contiene quasi tutto quanto c'è da dire in proposito. Gli ebrei ortodossi hanno rapporti attraverso un buco nel lenzuolo e sottopongono le loro donne a bagni rituali per mondarle dalla macchia della mestruazione. I musulmani infliggono agli adulteri una fustigazione pubblica. I cristiani si leccavano le labbra quando esaminavano le donne alla ricerca di segni di stregoneria. Non c'è bisogno che vada avanti su questa linea: ogni lettore di questo libro sarà a conoscenza di un esempio calzante o, semplicemente, avrà colto ciò che intendo dire.

Una prova consistente del carattere manufatto e antropomorfico della religione sta nel suo essere fatta solitamente proprio dall’«uomo», nel senso di maschio. Il libro sacro di più antico e duraturo uso - la Torah - ordina al credente di ringraziare ogni giorno il creatore per non averlo fatto nascere donna. (Ciò solleva di nuovo l'irresistibile interrogativo: chi se non lo schiavo ringrazia il padrone per ciò che costui ha fatto senza preoccuparsi di consultarlo?) Nell'Antico Testamento, come i cristiani lo chiamano con una certa condiscendenza, la donna è clonata da Adamo, a uso e conforto dell'uomo. Nel Nuovo Testamento, san Paolo esprime sia timore che disprezzo nei confronti della donna. Tutti i testi religiosi sono percorsi da una primitiva paura che l'altra metà della razza umana sia corrotta e impura e, nello stesso tempo, la donna vi rappresenta una tentazione al peccato cui è impossibile resistere. Forse questo può spiegare il culto isterico della verginità e della Vergine nonché il terrore della forma femminile e delle funzioni riproduttive femminili? Magari c'è qualcuno in grado di spiegare le crudeltà sessuali - e altre - delle religioni senza alcun riferimento all'ossessione del celibato, ma quel qualcuno non sono io. Io semplicemente me la rido quando leggo il Corano, con le sue innumerevoli proibizioni in fatto di sesso e con la sua disonesta promessa di un'eterna gozzoviglia nella vita ultraterrena: è qualcosa di smaccato come il «facciamo finta» di un bambino, ma senza la festevolezza del gioco di un innocente. I pazzi omicidi dell’11 settembre - che si sono dimostrati pazzi genocidi - erano forse tentati dalle vergini, ma è molto più rivoltante osservare che, come moltissimi dei loro colleghi di jihad, erano vergini. Come i monaci dell'antichità, i fanatici sono sottratti presto alle loro famiglie, sono indotti a disprezzare madri e sorelle, e arrivano all'età adulta senza avere mai avuto una conversazione normale con una donna, per non parlare di una normale relazione. Questa è, per definizione, malattia. Il cristianesimo è troppo represso per offrire sesso in paradiso - in effetti non ha mai saputo elaborare un paradiso tentante - ma è stato prodigo nel promettere eterne e sadiche punizioni per i recidivi della carne: più o meno la stessa cosa in altro modo.

Un particolare sottogenere della letteratura moderna sono le memorie di uomini e donne che hanno ricevuto un'educazione religiosa. Il mondo moderno è ormai sufficientemente laico da permettere ad alcuni di costoro di scherzare su quanto hanno subito e su ciò in cui avrebbero dovuto credere. Comunque, questi libri sono stati scritti di solito da persone abbastanza forti da sopravvivere all'esperienza. Non abbiamo modo di quantificare il danno prodotto dall'aver detto a decine di milioni di bambini che la masturbazione li avrebbe resi ciechi o che i pensieri impuri li avrebbero condotti dritto filato a un'eternità di tormenti, o che i seguaci di altre fedi, inclusi membri delle loro stesse famiglie, sarebbero finiti nel fuoco, o che i baci potevano provocare malattie veneree. E neppure possiamo sperare di quantificare il danno fatto da santi istruttori che ficcavano a forza nelle teste simili menzogne e le accompagnavano con frustate, violenze e umiliazioni pubbliche. Alcuni di coloro che «riposano in tombe neglette» possono aver contributo all'affermarsi del bene nel mondo, ma coloro che hanno predicato l'odio, la paura e la colpa, rovinando infinite infanzie, dovrebbero ringraziare perché l'inferno che avevano minacciosamente brandito era solo una delle loro tante falsificazioni e nessuno ha potuto mandarveli a marcire.


[1] Per il sermone del vescovo Cifuentes, si veda il programma televisivo Panorama della BBC, mandato in onda il 27 giugno 2004.
[2] La citazione di «Foreign Policy» è tratta da Laura M. Kelley e Nicholas Eberstadt, The Muslim Face of Aids, in «Foreign Policy», luglio-agosto 2005 (http://www.foreignpolicy.com./story/cms ... y__id=3o8i).
[3] Per la critica della religione di Daniel Dennet, cfr. il suo Breaking the Spell: Religion as a Natural Phenomenon, Viking Adult, New York 2006 (Traduzione: Rompere l'incantesimo, La religione come fenomeno naturale, Raffaello Cortina Editore).
"La vita giusta è quella ispirata dall'amore e guidata dalla conoscenza"
(B.Russell)

Lz_90
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Re: "La religione può far male alla salute" di C. Hitchens

Messaggio da Lz_90 » martedì 16 aprile 2013, 15:11

Interessanti testimonianze che mostrano il lato oscuro delle religioni e come in molte occasioni si approfitti dell'ignoranza delle persone: che poi purtroppo pagano a caro prezzo.
Voglio portarne una anche io relativa ad un mio incontro con un padre missionario che opera in Africa.
Questo missionario mi disse che il Papa (non ricordo se era Benedetto o Giovanni Paolo II) durante una visita in Africa fece un'affermazione infelice esortando a non utilizzare il preservativo. Praticamente questa sua dichiarazione portò confusione tra gli africani questo perché, mi spiegò il padre, i missionari si stavano battendo per l'utilizzo del preservativo in Africa come strumento per combattere le malattie. E' evidente come il Papa abbia commesso un grave errore ma è risultato altrettanto evidente (e inaspettato) quanto molti missionari si impegnino ad educare per prevenire le malattie e riescano quindi a conciliare religione e medicina.
D'altro canto lo stesso missionario ha intuito che se il Pontefice avesse promosso l'uso del preservativo in Africa con le telecamere di mezzo mondo a riprenderlo, nei paesi occidentali le sue parole sarebbero subito state strumentalizzate (tipo: "il Papa ha detto che si deve usare il preservativo... allora si contraddice!"). La soluzione migliore sarebbe stata evitare l'argomento.
In questo senso la religione può far male.
Ma vai a dire che la religione può far male a chi soffre o è povero e prega, a chi ha ricevuto delle grazie, a chi si è risvegliato da un coma (e i medici non riescono a darsi una spiegazione)....
Ho incontrato suore (dell'ordine di Madre Teresa) che la mattina alle 6 si alzano a pregare e fino alla sera sono al servizio di poveri o disabili sempre con il sorriso sulle labbra. Senza fede probabilmente non troverebbero questa energia.
Con questo non voglio gridare per forza al miracolo perché la verità assoluta su queste cose non ce l'ha nessuno di noi, ho solamente voluto sottolineare altri aspetti della religione nel rispetto di quella che è la posizione tua e di altri.

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Tom
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Re: "La religione può far male alla salute" di C. Hitchens

Messaggio da Tom » martedì 16 aprile 2013, 21:50

Ti ringrazio molto per il tuo commento Lz_90.

Riguardo alla questione dei profilattici penso che ti riferisca al viaggio di Ratzinger nel 2009 in Camerun ed Angola. Avendone già parlato in un altro post per evitare di ripetermi lascio il link: viewtopic.php?f=19&t=3075
Ho incontrato suore (dell'ordine di Madre Teresa) che la mattina alle 6 si alzano a pregare e fino alla sera sono al servizio di poveri o disabili sempre con il sorriso sulle labbra. Senza fede probabilmente non troverebbero questa energia.
Non sapendo a quali suore tu faccia riferimento ovviamente non posso esprimermi al riguardo ma ammetto di avere una notevole antipatia verso Madre Teresa di Calcutta, argomento che qui è particolarmente adatto perché proprio Cristopher Hitchens ha scritto su di lei una biografia fortemente critica intitolata "La posizione della missionaria".

Secondo Hitchens Madre Teresa aveva usato quasi solo per se stessa le donazioni raccolte anche grazie all'amicizia con personaggi parecchio controversi come il dittatore di Haiti Jean-Claude Duvalier o Charles Keating, banchiere americano poi condannato per frode, cospirazione e racket che le dirottò oltre un milione di dollari rubati e che lei contraccambiò implorando clemenza al tribunale per un uomo tanto generoso. Sempre la rivista medica "The Lancet" aveva criticato pesantemente i metodi da campo di concentramento dell'ospizio di Madre Teresa, con scarse condizione igieniche e gestito da persone completamente ignoranti in medicina. Del resto nel 1981 Madre Teresa aveva affermato "Penso che il mondo tragga molto giovamento dalla sofferenza della povera gente". Commentare è superfluo. Posso essere d'accordo sul fatto che si possa vivere la malattia anche come momento di riflessione sul senso della vita e che possa rappresentare un momento di crescita spirituale ma pensare che per questo le sofferenze siano addirittura auspicabili e desiderabili e privare i malati del trattamento del dolore oltre che un'idea profondamente stupida è crudele ed ipocrita, soprattutto considerando che Madre Teresa per i suoi malanni non ha esitato a recarsi negli Stati Uniti presso la costosissima e lussuosa Mayo Clinic. Non pochi si sono posti l'interrogativo circa dove fossero finite le donazioni di cui disponeva Madre Teresa, fra questi il giornale tedesco Stern e lo scrittore indiano Aroup Chatterjee autore di "Madre Teresa: Il Verdetto Definitivo". Madre Teresa ha fatto costruire numerosi conventi ma nessun ospedale (e quello doveva essere lo scopo delle donazioni).

Come ricorda Piergiorgi Odifreddi alle pagine 94 e 95 del sul libro Il matematico Impenitente:
Il mondo si concentra sull'India che è sempre associata a Madre Teresa: povertà, miseria, gente che muore per la strada, mentre anche a Calcutta basta attraversare il ponte per trovare missioni induiste come quella di Ramakrishna che fanno lo stesso lavoro di quella cattolica, con molta più efficacia pratica e molto meno clamore mediatico.
Ma dove deriva dunque la fama di Madre Teresa se non dai malati indiani? Dai media occidentali ovviamente, in particolare dal documentario "Qualcosa di bello per Dio" che Malcom Muggeridge, un ex agnostico neoconvertito al cristianesimo, filmò per la BBC nel 1969 e dal quale trasse un omonimo bestseller nel 1971. Fu quel documentario a trasformare un miracolo tecnologico, e cioè le (allora) nuove pellicole Kodak ad altà sensibilità che l'operatore Ken Macmillan testimoniò di aver usato per girare nella penombra, in un miracolo teologico, e cioè la prova della santità taumaturgica della suora, che avrebbe impressionato la telecamera mediante la sua "luce divina". Nonostante le smentite dell'operatore, fu la scintilla di questa bufala ad appiccare il fuoco della fama di Madre Teresa.
Lo so che questo discorso non è molto attinente ai temi del sito ma ci tenevo a farlo perché già una volta mi sono trattenuto dal replicare ad un post nella sezione "Gay e religione" in cui un utente si era definito "affascinato, incantato e sedotto" dalle parole di Madre Teresa. Questa volta la tentazione è stata irresistibile :mrgreen:.

Una frase mi ha colpito.
Senza fede probabilmente non troverebbero questa energia.
Un'osservazione molto breve. Sono d'accordo sul fatto che la fede possa dare grandi motivazioni e stimoli e spronare e ispirare il bene, ma non è affatto vero che chi non crede non possa trovare in altro modo la stessa energia e lo stesso entusiasmo nell'aiutare gli altri.
Non è un caso che io abbia scelto come firma la frase di Bertrand Russell (agnostico) "la vita giusta è quella ispirata dall'amore e guidata dalla conoscenza" perché molto spesso si pone l'accento sull'importanza dell'amore, delle buone intenzioni, della sincerità e dell'onestà e molto raramente su un aspetto altrettanto importante che è quello della conoscenza. Per aiutare gli altri e fare qualcosa di davvero utile non bastano i buoni propositi, l'entusiasmo e le energie ma è molto importante che queste vengano convogliate e sfruttate in modo razionale, appunto guidato dalla conoscenza, altrimenti c'è il rischio come ha evidenziato Hitchens di ottenere l'effetto completamente contrario o di produrre conseguenze nefaste e sofferenza. Per quanto molti religiosi sono certo che siano animati da intenti e valori più che ammirevoli e da buona fede tutti i loro sforzi vengono vanificati o spesso hanno esiti controproducenti proprio perché il dogmatismo impedisce loro di studiare, di informarsi seriamente su temi quali la contraccezione, l'omosessualtà, il controllo demografico. Non è affatto raro che questo pascersi inconsapevolmente nell'ignoranza indotto dall'irrazionalità di alcune idee religiose abbia effetti controproducenti o distruttivi. Questo discorso può essere riassunto benissimo da una frase di Steven Weinberg, premio Nobel per la fisica:

Ci sono persone buone che fanno cose buone e persone cattive che fanno cose cattive, ma se volete trovare gente buona che faccia cose cattive, rivolgetevi alla religione.
"La vita giusta è quella ispirata dall'amore e guidata dalla conoscenza"
(B.Russell)

Lz_90
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Re: "La religione può far male alla salute" di C. Hitchens

Messaggio da Lz_90 » mercoledì 17 aprile 2013, 12:41

Grazie della tua risposta Tom.

Riguardo alle dichiarazioni di Odifreddi, ritengo che se facesse anche solo la metà di quello che ha fatto Madre Teresa e che fanno tutt'ora le missionarie della carità (l'ordine di suore di Madre Teresa) sarebbe molto più utile alla società.
Il fatto che siano stati costruiti conventi vuol dire poco, in quanto molti conventi di queste suore sono ospizi e case di cura oltre che luoghi di preghiera.
La dichiarazione di Madre Teresa sui poveri stupisce anche me (se intesa come la intendi anche tu) ma non mi sento di escludere che sia stata travisata (così come la foto di Ratzinger che fu ritagliata per far credere che stesse facendo un saluto nazista).
Infine la frase del premio Nobel per la fisica fa "di ogni erba un fascio" verso la religione e chi la pratica, quando sappiamo bene quanto sia ingiusto generalizzare (cosa che da fastidio anche ai gay, giustamente, quando si generalizza).

Spero di non essere andato oltre le righe, ma è chiaro che io e te "parliamo due lingue diverse". Grazie del confronto, passo e chiudo. ;)

Felix
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Re: "La religione può far male alla salute" di C. Hitchens

Messaggio da Felix » mercoledì 17 aprile 2013, 15:43

Il tempo mi impedisce di intervenire come vorrei, x cui mi limito a dare una interpretazione plausibile della "strana" affermazione di madre Teresa: dal mio punto di vista, oltre che da cattolico, immagino sia da intendere no n in senso letterale, bensì spirituale. La sofferenza è un male e per questo va affrontata, evitata e curata. Ma dal punto di vista spirituale, se il dolore e la sofferenza sono accettate e vissuti con pazienza possono ttrasformarsi in occasione di grazia per lo stesso malato e il mo do intero. Resta fermo il fatto che questa affermazione non può essere intesa se non all'interno della dimensione religiosa e che, soprattutto, non implica una sorta di speculazione sulla sofferenza. Per il resto bisognerebbe leggere il contesto da cui è stata estrapolata la frase in questione prima di dare un giudizio affrettato. Infine, dubito si possa trovare fondamento alle illazioni circa la buona fede di madre Teresa e il suo uso del denaro. Chi come me ha a uto la fortuna di partecipare tante volte alla messa nella cappella del convento delle suore di madre Teresa (missionarie della carità), sa che l'arredamento è ridotto all'essenziale, come del resto tutto il convento e che questo è lo stile voluto dalla fondatrice, la quale almeno in una circostanza (quella che conosco io, ma suppongo fosse il suo stile abituale) durante un viaggio in aereo si alzò dal posto in prima classe che avevano prenotato per lei e andò in seconda facendo cambio con un passeggero... Piccoli gesti questi che a mio parere possono smentire chi ha bisogno di andare a insinuare sospetti ovunque. Come nel caso n questione.
E ti vengo a cercare con la scusa di doverti parlare, perché mi piace ciò che pensi e che dici, perché in te vedo le mie radici.
...
E ti vengo a cercare perché sto bene con te.

Perché sei un essere speciale
ed io avrò cura di te


(F. Battiato, E ti vengo a cercare/La cura)

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Tom
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Re: "La religione può far male alla salute" di C. Hitchens

Messaggio da Tom » mercoledì 17 aprile 2013, 22:20

Per completezza riporto l'intera frase di Madre Teresa del 1981. In una conferenza stampa le fu chiesto: "Insegna ai poveri a sopportare il loro destino?" E lei rispose: "Penso che sia molto bello per i poveri accettare il loro destino, condividerlo con la passione di Cristo, penso che il mondo tragga molto giovamento dalla sofferenza della povera gente". Questo frase rientra nella sua personale filosofia, la dottrina della sofferenza, secondo cui appunto "la sofferenza è un dono di Dio". Ciò che trovo molto ipocrita è che avesse applicato ai suoi "pazienti" questo bizzarro modo di pensare, per esempio negando antidolorifici o trasferimenti in altre strutture, ma non l'avesse applicato anche a se stessa essendosi fatta curare, come ho già detto, presso la lussuosa Mayo Clinic e non nel suo stesso istituto privo di qualsiasi confort. Un altro esempio emblematico del suo modo di concepire la sofferenza è stato l'episodio in cui disse ad un malato di tumore che le sue sofferenze erano baci di Gesù. Il malato le rispose se poteva chiedere a Gesù di smettere di baciarlo...

Felix, indubbiamente sono molto critico verso le religioni, ma non penso di essere uno che vuol vedere malafede ovunque.
Il fatto che Madre Teresa possa aver scambiato un posto in aereo in prima classe con uno di seconda (soprattutto se consideriamo che lei aveva comprato a carissimo prezzo con i soldi delle donazioni una prenotazione riservata a vita nella business class dell'India AirLines) per me ha molto meno peso del fatto che fosse in ottimi rapporti con la famiglia del sanguinario dittatore di Haiti Duvalier, del fatto che aveva difeso il bancarottiere Keating o del fatto che avesse sostenuto una campagna per rendere illegale il divorzio in Irlanda (salvo poi complimentarsi con una sua finanziatrice, la principessa Diana, per aver divorziato). Il Guardian ha denunciato nei conventi di Madre Teresa in cui sono ospitati orfani condizioni pessime. La rivista Stern nel 1991 aveva denunciato che solo il 7% delle donazioni alle Missionarie della Carità era stato usato per la carità! Il dottor Robin Fox della rivista medica "The Lancet" oltre a constatare una forte ignoranza in medicina da parte di suore e volontari nell'ospizio di Madre Teresa aveva segnalato che la stessa non faceva nemmeno distinzione fra malati curabili e incurabili e che è verosimile che pazienti non gravi peggiorassero o morissero a causa delle scarse condizioni igieniche. Mi domando: con tutte le donazioni di cui disponeva (ed è una lista veramente lunghissima, il solo premio Templeton è più ricco del premio Nobel) non poteva pagare dei veri medici o comprare attrezzatura medica? I conventi di Madre Teresa in tutto il mondo hanno come principale scopo non quello di fornire assistenza medica, ma di convertire al cattolicesimo la popolazione locale.

In realtà quando ho pubblicato questo topic non pensavo che sarei arrivato a parlare così nel dettaglio di Madre Teresa, ma approfitto di questo discorso per fare una riflessione a cui tengo molto.
Ho letto un mese fa il libro di Valentina Furlanetto edito da Chiarelettere "L'Industria della Carità" che mostra come fin troppo spesso le associazioni di beneficenza sono fittizie o truffaldine oppure disorganizzate o non imparziali e scialacquano malamente le donazioni. La mia stessa famiglia è stata raggirata da una di queste associazioni. Un passaggio del primo capitolo del libro mi è rimasto impresso:
A chi chiede di partire per l'Africa "per fare del bene" rispondo con stizza che c'è un atteggiamento razzista in una frase del genere perché ci si pone con superiorità verso queste persone. Bisogna essere efficienti non caritatevoli. In Italia domina in genere il dilettantismo nella selezione del personale. Nel nostro paese la scelta dei candidati per un posto in una ong non risponde quasi mai ad un criterio di professionalità. Ad esempio raramente viene fatta la selezione in base alla conoscenza della lingua del paese dove si va a operare.
E' esattamente quanto dicevo nel precedente messaggio sull'importanza della conoscenza, dello studio, dell'essere informati, competenti, preparati. Non voglio mettere in dubbio che molte suore dell'ordine di Madre Teresa possano essere ispirate da nobilissimi sentimenti, ma come ho scritto sopra questo non basta perché l'organizzazione sia efficiente. Ciò che è più importante sapere non è se le suore dell'ordine di Madre Teresa lavorino ininterrottamente dalla mattina o alla sera, se vivano con uno stile sobrio o se abbiano empatia con le sofferenze dei malati. Le domande fondamentali secondo me sono altre: che livello di conoscenze infermieristiche hanno? sanno distinguere i malati curabili da quelli incurabili? sanno gestire in modo produttivo i soldi delle donazioni? le norme igieniche vengono rispettate? qual è la percentuale di suore laureate in medicina? Come ho motivato, le risposte a queste importantissime domande non erano per niente entusiasmanti, ma se tu, Felix, affermassi di aver constatato di persona che la situazione nel tempo è migliorata o sta migliorando questo non potrebbe che farmi piacere e non metterei in dubbio la tua parola.
Allo stesso modo trovo irrilevante sapere se persone come Ratzinger che aveva sostenuto con spavalda sicumera che i preservati aumentano il problema dell'Aids o il cardinale Alfonso Lopez Trujillo secondo cui i profilattici sono fabbricati con microscopici fori abbiano fatto queste affermazioni in buona fede o sinceramente convinti di aiutare le popolazioni africane.
Ciò che è importante è l'effetto di queste affermazioni e mi piace moltissimo il commento di Hitchens: "cercate di immaginare cosa potreste dire se aveste l'autorità di infliggere la maggiore sofferenza possibile col minor numero di parole". A me non importa se Ratzinger o il Cardinale Trujillo siano mossi da sincera buona fede, ciò che è importante è che prima di fare affermazioni sull'efficacia o meno della contraccezione si informino sul tema, studino immunologia o consultino un esperto.
E infine credo che la maggior parte dell'omofobia cattolica derivi dall'ignoranza. Mi chiedo se gli altri prelati, specie coloro che inneggiano alle terapie riparative, abbiano mai letto una rivista scientifica sulla sessuologia. Dalle loro affermazioni sull'omosessualità è evidente, secondo me, che non si sono presi la briga nemmeno di leggere cosa dice la voce "omosessualità" di Wikipedia o anche di una semplice enciclopedia medica.

Lz_90, ti assicuro che non voglio fare di tutta l'erba un fascio :mrgreen:. Project aveva scritto una frase che mi sento di sottoscrivere al 100% ovvero:
Io stesso ho sottolineato più volte le incongruenze dei documenti pontifici in tema di omosessualità, ma auspicherei un cambiamento di quelle posizioni e una lettura della religione come fraternità umana aperta anche al trascendente, cosa che non mi sconvolge affatto. Non credo proprio che si debba buttare via tutto. Anche nella mia formazione riconosco delle radici cristiane che non rinnego affatto ma che considero una base importantissima per la mia crescita personale.
Nei miei post nella sezione sulla laicità ho voluto sottolineare quelli che ritengo i peggiori aspetti critici della religione ma mi guardo bene dal sostenere che tutto ciò che concerne il cattolicesimo, l'ebraismo, l'islam ecc... sia da buttare perché come afferma Bertrand Russell una dannosa conseguenza di una ribellione incondizionata è che "le parti valide della morale convenzionale si trovano ad essere screditate insieme alle parti non valide; [...] nel processo di rivolta c'è il pericolo che rinunciando al male si coinvolga anche il bene".
Non credo che parliamo due lingue diverse Lz_90. Di religiosi cattolici per cui ho massima stima ce ne sono parecchi. Scrivo quelli che ora mi vengono in mente, di sicuro ne dimenticherò diversi (e la lista ovviamente non può includere tutti i religiosi non famosi che ho conosciuto di persona): papa Giovanni XXIII, papa Giovanni Paolo I, il cardinale Martini, il vescovo di Ragusa Paolo Urso, Don Franco Barbero, il teologo Dietrich Bonhoffer (luterano), Don Andrea Gallo, Alberto Maggi, il teologo Vito Mancuso, il teologo Matthew Fox, Padre George Coyne, Hans Kung, il teologo Paul Tillich (protestante), padre Reginald Foster, in misura minore il cardinale Ersilio Tonini ecc...
Solo che i religiosi citati nel passo di Hitchens, Ratzinger e Madre Teresa non rientrano in questa lista, tutto qui! :D
"La vita giusta è quella ispirata dall'amore e guidata dalla conoscenza"
(B.Russell)

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