Perdonare, quando?

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Alyosha
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Re: Perdonare, quando?

Messaggio da Alyosha » sabato 19 marzo 2011, 15:16

Ho aspettato un pò prima di risponderti, per darti una risposta quanto più sincera possibile che sentissi come mia abbandonando la tendenza a ragionare e capire cosa io vivessi del perdono. Perdonare infondo è solo un "dare per". Non lo vedo come un rimettere le colpe degli altri, ma come un consegnare all'altro il proprio dolore, un mostrargli le proprie ferite e un riconoscimento reciproco delle proprie debolezze. E' necessario che il perdono sia reciproco, è una guerra che cessa, un riconoscere le proprie mancanze accettando quele degli altri. E' un calare di scudi, un atto infondo coraggioso con il quale alla fine si decide di chiudere la partita, di farla finita con quella eterna lotta, che resta infondo solo con noi stessi e la propria irriconciliazione. E' un tentativo di ricostruire con pazienza dentro se in compagnia dell'altro e purtroppo ripeto è una partita che si gioca almeno in due. L'anima che accetta di perdonare è l'anima che ha il coraggio di accettare le proprie colpe, che rinuncia all'ostinazione con la quale pretende che tutti i torti siano dell'altro, il gesto con il quale gli consegna la sua vera natura, quella che ha ferito e che è stata ferita. E' il gesto di una riconciliazione innanzitutto con sé. L'anima che riceve questo gesto può accettarlo o no. Ovvero può a sua volta fare lo stesso movimento dal suo lato, oppure inasprirsi ulterioremente, ostinarsi anche lei e leggere nella confessione, solo la colpa dell'altro e rifiutare a sua volta il perdono. Tuttavia se ciò succede, se l'altro non accetta la sua parte di errore, la scissione e la lacerazione resta in lui. La coscienza giudicante con la sua confessione ha sciolto la contraddizione che era in lei, mentre l'enima bella non può che inabbissarsi e in questo precipitare, accorgersi anche lei della sua natura fallace.
Ti cito quelli che secondo me sono i passi più belli della Fenomenologia dello Spirito di Hegel, che resta il romanzo filosofico per eccellenza, tra le pagine più belle che siano mai state scritte.

La coscienza agente che rivela la sua ipocrisia:

Intuendo tale eguaglianza ed enunciandola, Lacoscienza agente si confessa alla coscienza giudicante, e a sua volta attende che questa, una volta postasi di fatto uguale a lui, risponda col suo discorso enunciandovi la sua uguaglianza con lui: egli attende che abbia luogo il riconoscimento effettivo (il perdono).

L'anima bella che rifiuta al perdono:

Nella contraddizione tra il suo Sé puro e la necessità di esteriorizzarlo fino all’essere per trasformarlo in realtà, nell’immediatezza di questa opposizione rigidamente fissata – l’anima bella, in quanto coscienza di questa contraddizione nella sua immediatezza irriconciliata, è sconvolta fino alla follia e si strugge in una consunzione nostalgica

La riconciliazione che segue dall'inabissarsi della coscienza giudicante:

Le ferite dello Spirito guariscono senza lasciare cicatrici […]. Il perdono che la coscienza universale concede alla coscienza agente è la rinuncia a sé, alla propria essenza irreale, alla quale essa paragona quell’altra essenza che era l’azione reale. […] O meglio: la coscienza universale abbandona questa differenza del pensiero determinato e il suo giudizio essente-per-sé e determinante, così come la coscienza agente abbandona la determinazione essente-per-sé dell’azione

E' in questa laguna di dolore, in questo gioco di sguardi in cui le due anime sfinite da un cammino che è cominciato insieme con la storia dell'umanita, che l'umanità si riconosce come finita e si riconcilia con l'essenza universale che è in lei. E nell'abbraccio fraterno che la coscienza risolve la sua eterna contraddizione tra l'universale e il particolare, che sempre toglieva e sempre riproponeva. E' in quell'abbraccio che lo Spirito universale risorge dalle sue ceneri: Le ferite dello spirito guariscono senza lasciare cicatrici.

E questo passo invece tira un pò le fila del discorso sulla visione dell'uomoi di Hegel che non ha caso era un idealista:

L’individualità del corso del mondo potrà pure credere di agire per sé, cioè egoisticamente, ma è migliore di quanto essa stessa non creda, e la sua attività particolare è a un tempo, attività essente-in-sé, universale. Quando l’individualità agisce spinta dal proprio egoismo, semplicemente non sa quello che fa; e quando asserisce che tutti gli uomini agiscono per egoismo, essa afferma soltanto che tutti gli uomini non hanno consapevolezza delle proprie azioni.

http://www.youtube.com/watch?v=-Y05L8nh ... re=related


P.S.: Hegel nella sua religione razionale era convinto i altri termini che il perdono fosse un atto che trova in se la sua risoluzione. Anche ad Hegel infondo si fa il profondo torto di insegnarlo nelle scuole.

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