GAY E REPRESSIONE DELLA SESSUALITA’

Approccio dei ragazzi gay verso la sessualità
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progettogayforum
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GAY E REPRESSIONE DELLA SESSUALITA’

Messaggio da progettogayforum » domenica 20 marzo 2011, 12:04

Caro project,
vorrei raccontarti qualcosa di me; ci conosciamo già, sai già chi sono, cosa studio etc. etc. quindi non sono necessarie le presentazioni, ma mi rendo conto di non aver mai posto chiaramente l’accento sul mio essere omosessuale e sulle conseguenze da questo derivanti (avrei parecchie cose da scrivere nella sezione “ragazzi gay” del forum, eccome se ce ne sono).
Mi spiace per la lunghezza della mail, fai con comodo, non ho fretta per una risposta.

SCOPERTA ED ACCETTAZIONE
Io sono omosessuale, e su questo non ho più alcun dubbio, ma l’accettazione è arrivata – se è arrivata totalmente! – con “leggero” ritardo ossia dopo sette anni; ho scoperto che mi piacciono i ragazzi in prima media, quando parallelamente ho iniziato le prime masturbazioni l’anno dopo (sempre pensando ai miei compagni di banco, non alle compagne, ovviamente), però ritenevo la cosa “assolutamente normale”, ero certo che tutti i ragazzi della mia età facessero così: stanno con le ragazze, ma quando fanno sesso con loro pensano ai maschi no? Eh si, sicuro…. Ero parecchio ingenuo, lo ammetto. Però ho smesso quasi subito di masturbarmi e ora ti spiego perché, anche se già lo immaginerai: prima cosa: ero chierichetto (“Noooooooooo, anche quello???” dirai tu, eh si, [omissis] o incasina le cose fino all’inverosimile o non è contento), e molto preso dalla dimensione mistico-religiosa del cattolicesimo. Dal momento che “NON ESISTE che ci si masturbi mai, maledetti infoiati! Statevene a casa a dire il rosario, porci!” questo era il messaggio che passava da prete e catechiste, ho smesso. Dio mio, quanto mi sono fatto condizionare fino a poco tempo fa, credendo di essere una persona libera. Ho passato la mia adolescenza credendo di essere me stesso, di pensare sempre con la mia testa, e invece era proprio il contrario. E quindi per sei anni stop, chiuso, finito, niente più autoerotismo, con frequentissimi risvegli di notte in seguito a polluzioni notturne con relativi sensi di colpa per il “tremendo peccato” che mi sarei dovuto trovare ad espiare un domani… A pensarci oggi mi chiedo se sono stato masochista a rimanere nella Chiesa Cattolica, e se lo sono ancora, perché, come poi ti spiegherò, la situazione non s’è ancora sbloccata.

Parallelamente a questa stoica resistenza alle passioni, al liceo ho sempre negato di essere gay, me lo ricordo molto bene, posso anche farti la scaletta degli anni e dei miei pensieri in proposito

IV ginnasio: si, vabbé, guardo i ragazzi ma non sono gay, figurarsi, gay io?
V ginnasio: caspita, è proprio bello quel ragazzo lì, ma alla fine la mia è solo una normale ammirazione no?
I liceo: non è che magari sono gay sul serio? Ma no, basta idee stupide.
II liceo: forse sono gay, ma tanto non mi cambia nulla, rimarrò casto in eterno e mai mi paleserò.
III liceo: non so mica cosa sono, ma tanto devo studiare e non me ne frega nulla, si può vivere benissimo senza nessuno.

Estate 2009 e primo anno di università: poco da fare, sono gay

Dev’essere stato un processo graduale che l’estate del 2009 mi ha portato a smetterla (o perlomeno a pensare di iniziare a finirla) di mentire a me stesso e di denigrarmi così. Infatti ho iniziato a pensare che io sono gay, dapprima la consideravo una croce (sì, in senso cristiano, lo vedi quanto influisce la Chiesa, lo vedi? Forse sarebbe stato meglio che non ci fossi mai entrato e avessi venerato il mio Dio con meno pare mentali e problemi) che purtroppo m’era toccata, poi invece ho iniziato a pensare che io non sono una persona sbagliata, che essere gay è normalissimo e che io non sono peggio di tanta altra gente, anzi! Il problema non ce l’ho io ma gli altri, e si chiama ignoranza ed omofobia. Altro che amore predicato (e questo lo dico al mio prete, catechiste, parrocchiani et similia concedimi un’apostrofe project!) altro che amore, la semina che ho visto io è stata quella di acredine, odio, ottusità e malvagità. E sono felice di essermene chiamato fuori. Molto felice.
Beninteso mi sono distaccato dalla mia ex-parrocchia e da queste persone non perché esse sappiano di me, ma per altri motivi (ma ti racconterò in altra sede, se troveremo il tempo, qui non è il caso).

COMING OUT
Perfetto, io mi sono accettato omosessuale, e cos’è cambiato? Il primo anno di università non molto, poi l’estate scorsa ho iniziato a navigare per la rete per informarmi sull’argomento e mi sono iscritto ad un forum (non il tuo) che seguo tuttora e che, forse, conoscerai, stupito del fatto che molti ragazzi avevano i miei stessi problemi nel rivelare ad altri chi sono. Quindi non ero l’unico, caspita!!! Ed ho iniziato a confrontarmi anche sulla rete, cercando anche altri forum a tematica gay, tra i quali ho trovato qualcosa che non mi ha soddisfatto, e poi il tuo, che però ho letto per molto tempo come semplice visitatore. Nel frattempo ho deciso di lanciare segnali a mia madre, quest’estate e poi ho fatto coming out con lei. All’inizio credeva fossi solo confuso, perché non ho mai provato ad andare con una ragazza, e mi ha proposto di parlare con uno psicologo, pur accettando in toto quello che io sono, anzi volendomi più bene di prima. Ho declinato gentilmente, ma fermamente la proposta dello psicologo perché non ne sento il bisogno e anche perché io sono sicuro di essere omosessuale; il rapporto tra noi non è cambiato, e di questo sono contento. Poi a inizio università ho conosciuto F., un ragazzo con cui ho instaurato un rapporto d’amicizia (e per il quale, son contento di dirlo, non provo nulla al di fuori od oltre l’amicizia) molto più vero dei pochi che ho avuto finora. Ho notato come lui sia un ragazzo dalla mente aperta, sincero (a quanto mi sembra) ed è riuscito a rompere il mio guscio che avevo creato per difendermi dalle delusioni che le persone potevano darmi dal momento che ne ho avute parecchie, cosa però che mi aveva fatto diventare assai diffidente. Ho anche iniziato a tastare il terreno per vedere come la pensasse sull’argomento omosessualità e non ho trovato problemi, così dopo qualche mese, prendendo a pretesto il fatto che io ho problemi coi preti gli ho detto “Indovina perché!” e lui dopo un tentativo mi ha detto “Perché sei omosessuale”. Cioè mi ha capito più lui conoscendomi pochi mesi che tante persone che mi hanno circondato in sette anni! E mi ha dato sprone per vivere serenamente e tranquillamente la mia vita senza dovermi preoccupare del giudizio altrui e senza farmi condizionare dalla Chiesa. Poi l’ho detto ad altre persone di famiglia, anche qui senza problemi (tra l’altro atee… quindi).
Perciò il CO per me non è stato traumatico, pensavo peggio! Ma infatti il nocciolo della questione non è questo, ma il seguente, che tu ometterai se vorrai pubblicare la mail.

[omissis]

Non so, ti sembro stupido?
Ciao

P.S.: avrei tanto altro da scrivere, ma così è già molto, magari te ne invierò un’altra
P.P.S.: se vuoi pubblicare la mail, togli l’ultima parte.
__________

Ciao,
alla fine della lettura della tua mail, l’impressione che ne riporto è che la tua storia sia molto tipica. In sostanza sono tutte situazioni che possono sembrare rare o addirittura uniche a chi le vive ma che sono molto più comuni di quanto si possa pensare. Partiamo dall’inizio. Che peso può avere la chiesa sullo sviluppo affettivo di un ragazzo gay? Se quel ragazzo vive immerso profondamente in un ambiente cattolico non può non sentirne pesantemente le conseguenze. La chiesa cattolica professa quasi come verità di fede cose che in tema di omosessualità appaiono non solo infondate ma sostanzialmente immorali a qualunque persona di buon senso. Il catechismo della chiesa cattolica e i documenti pontifici in tema di omosessualità parlano di “grave depravazione”, “funesta conseguenza di un rifiuto di Dio”,“mancanza di evoluzione sessuale normale”, “costituzione patologica”, “comportamento intrinsecamente cattivo dal punto di vista morale”. San Pio X, nel suo Catechismo del 1910, classifica il “peccato impuro contro natura” come secondo per gravità solo all’omicidio volontario, fra i peccati che “gridano vendetta al cospetto di Dio” (Catechismo maggiore, n. 966). Tutto questo zelo potrebbe essere speso in cose molto più serie, dove invece manca del tutto.
(http://gayproject.wordpress.com/2008/07 ... -sessuale/).
Il risultato di una educazione sessuale repressiva porta alla interiorizzazione del divieto, al punto che l’auto-repressione sessuale diventa un merito e la spontaneità sessuale è vissuta come una colpa. È effettivamente raro che un ragazzo arrivi a non masturbarsi per anni, ma per moltissimi ragazzi il tentativo, almeno, di reprimere la masturbazione rappresenta una lotta con se stessi che si protrae nel tempo per lungi periodi e che causa scompensi emotivi pesanti. La chiesa ha una sessuofobia radicata su secoli di pregiudizio e se rinunciasse alle sue posizioni in materia di sessualità perderebbe uno strumento di condizionamento profondo delle coscienze come il senso di colpa. Tra l’altro la masturbazione è una componente fondamentale della sessualità e nell’adolescenza è addirittura l’unica ed ha una funzione importantissima perché aiuta a strutturare la sessualità adulta, a riconoscere il proprio orientamento sessuale e a connettere affettività e sessualità. Per la verità oggi un’educazione sessuale repressiva fa meno danni che nel passato, anche perché, per fortuna, la sessualità non è più un tabù sociale ed è possibile e addirittura facile per chiunque trovare informazioni serie in proposito. In pratica la stragrande maggioranza dei ragazzi arriva comunque ad una sessualità vera, al di là di qualunque tipo di proibizione. In altri tempi non era così e non era affatto raro che i condizionamenti della chiesa portassero molti ragazzi a rinunciare di fatto alla propria sessualità, non dico a livello di masturbazione, ma certamente a livello di coppia, vivendo per di più la masturbazione con profondi sensi di colpa. Oggi da queste cose si esce ma questi condizionamenti possono far scivolare molto avanti la scoperta della sessualità di coppia, fino ben oltre i 30 anni. Che tu sia uscito da queste cose è oggettivamente un bene. Considerare la masturbazione un peccato mortale, come fa il catechismo della chiesa cattolica, o affermare che l’omosessualità è la colpa più grave dopo l’omicidio volontario fa scadere di molto il concetto di religione e fornisce della morale un’idea sostanzialmente ridicola, oltre che intrinsecamente dannosa. Ma su questo penso tu non abbia molti dubbi.
Secondo punto: il coming out. Mi sono sempre chiesto perché è così enfatizzato, nel bene e nel male, chi lo ha fatto, troppo spesso pensa che sia come una specie di patente del gay adulto, chi non lo ha fatto pensa che sia in ogni caso una cosa troppo dannosa e deleteria. In effetti non è il coming out che può fare la differenza per un ragazzo gay ma solo l’esperienza dell’innamoramento che è l’unica esperienza che cambia realmente le prospettive di un ragazzo gay perché può fare capire in tutta la sua profondità la dimensione affettiva e sessuale insieme dell’essere gay. Francamente, salvo situazioni particolarmente favorevoli, non sono molto propenso a consigliare un coming out quando questo non sia una vera esigenza individuale e quando la dimensione del rischio non sia autenticamente minima. Dopo il coming out spesso le situazioni familiari cambiano in modo subdolo, all’eterno tutto resta come prima, ma la diffidenza aumenta e in sostanza si sta peggio di prima, Con gli amici poi, se si tratta di persone affidabilissime il coming out ridotto a pochissime persone è forse pensabile, ma di ragazzi che si sono trovati in grossi problemi per la sbadataggine, neppure per la cattiveria di un amico che sapeva ne ho visti parecchi. Il coming out sul posto di lavoro e quello generale, poi, sono cose delle quali si capisce la pericolosità solo quando ormai il danno è fatto e non si può tornare indietro. Quindi ci andrei molto ma molto coi piedi di piombo.

- omissis -

Un abbraccio e a presto.
Project

Alyosha
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Re: GAY E REPRESSIONE DELLA SESSUALITA’

Messaggio da Alyosha » domenica 20 marzo 2011, 16:36

Wow che post! La storia del ragazzo è effettivamente molto significativa, il condizionamento della chiesa cattolica è indiscusso e la volgarità di alcune possizioni pure. Vedo una sorta di gatto che si morde mla coda, perché in effetti il senso di frustrazione per una sessualità che ha difficoltà ad emergere potrebbe trovare una pseudo soluzione nell'abbracciare questa religione che ti parla di un amore assoluto incorporeo e astratto. Quindi in effetti mi pare che ci sia un doppio movimento, uno interno che ti porta a prediligere questa forma di spiritualità e l'altro esterno che alla base condanna l'omosessualità.
Veniamo all'argomento che più mi premeva Project, Sul coming out dici cose oggettivamente, almeno per me condivisibili, nel senso che oggettivamente non sento affatto l'esigenza di dirlo a tutti. Tuttavia mi pare che come per altro cose, ci sia una forma di allarmismo, probabilmente comunicato apposta per generare la dovuta prudenza. Io oggettivamente comincio a dirlo a sempre più gente, avevo più che sottovalutato in effetti il rischio che questa altra gente lo andasse a sua volta a dire in giro (le persone cui l'ho detto si cotnano ancora sulla punta delle dita comunque). Tuttavia a parte che sentivo proprio l'esigenza di dirlo a qualcuno, dirlo alle persone cui volevo bene, credo anche che se avessi una storia mi verrebbe molto complicato nasconderlo. Poi devo anche riconoscere che più la mia situazione si "normalizza" e meno dire che sono gay corrisponde alla rivelazione del secolo, come era all'inizio. Penso che insomma una volta sistemate le mie relazioni fondamentali, diventerebbe una cosa come le altre chi vuole pensarlo lo pensi e chi non lo vuole pensare non lo pensi. Boh non so rilfettorò io stesso con calma su questa cosa. A me semplicemente l'angoscia del cominout non mi ha mai sfiorato di triscio come esigenza astartta, quello di dirlo a persone in particolare si. Più che altro perché cominciassero a restituirmi un idea corrtta di me. Ho pure un età diversa in cui saprei fregarmene del giudizio degli altri, c'è chi accetterebbe e chi no, chi criticherebbe e chi no. Se devo essere sincero, mi spaventa molto di più la reazione degli altri gay ma sopratutto la paura che le mie relazioni si impoverirebbero di qualcosa con questa etichetta appiccicata addosso.

Calymero
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Re: GAY E REPRESSIONE DELLA SESSUALITA’

Messaggio da Calymero » domenica 20 marzo 2011, 18:40

Ciao boy-com,
trovo interessante quello che dici, e credo che la situazione che descrivi è quella a cui dovremmo tendere.
Il condizionamento più grande a cui siamo sottoposti nel mantenere un atteggiamento prudenziale è la paura delle conseguenze di un coming out.
Non so fino a che punto possa rappresentare una semplice esigenza astratta, specie quando arriva ad influenzare notevolmente il proprio stile di vita.
Siamo animali sociali, e cerchiamo inevitabilmente empatia, relazioni, momenti di condivisione con gli altri. E spesso ci troviamo (chi più chi meno, dipende dal proprio contesto sociale) ad avere forti condizionamenti a causa delle finzioni che accompagnano un mancato CO, anche le più stupide, come fare un apprezzamento fittizio ad una bella ragazza solo perché si è in compagnia di amici maschi etero, mentire a fin di bene, mantenersi impostati per evitare di far insospettire qualcuno, ecc.: tante piccole e insignificanti azioni, che messe insieme delineano per l’appunto un modo di vivere.
Oltretutto un comportamento al di sopra di ogni sospetto talvolta diventa difficoltoso, può precluderci molte opportunità ed esperienze di vita che per timore non ci concediamo, e il più delle volte si accompagna ad un notevole dispendio di energie mentali che potrebbero essere indirizzate altrove.
O per lo meno questo è quello che accade a me.
Un caro saluto.

Alyosha
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Re: GAY E REPRESSIONE DELLA SESSUALITA’

Messaggio da Alyosha » lunedì 21 marzo 2011, 11:25

Il problema che vedo io del comingout è che non è la soluzione di un problema. Puoi dirlo a chi vuoi, ma se non ti porti nelel giuste condizioni per cui ha senso dirlo peggiora il problema. La dico meglio, per me ha senso dirlo quando ci sono in gioco relazioni affettive forti, sincere e corrette. Io semplicemente arrivato ad un certo punto nelle relazioni cominciavo a vedere come ingombrante questa cosa e l'ho semplciemente tolta. Il rapporto è più sincero e corretto, ma era già strutturatoi prima. Invertire le due cose secondo me non ha senso. Ovvero credere che per avere un vero amico bisogna innanzitutto come prima cosa fare outing. Penso che quello del coming out sia molto più uno sforzo interiore, un essere presenti innanzitutto a se stesso. Non credo possibile che si possa avere una vita serena e sana senza che nessuno sappia di te, ma solo perché non credo possibile che si possa vivere bene senza relazioni profonde e significative e che in genere in queste relazioni è semplicemente indifferente essere gay o non esserlo, semplicemente perché in fondo sei solo te stesso. Devo dire la verità quelle poche persone cui l'ho detto non hanno completamente cambiato atteggiamento nei miei confronti e ragionandoci bene è successo perché erano infondo già relazioni forti. Ecco secondo me è questo un pò l'inganno del comingout, credere che risolca tutti i problemi, la partita secondo me non si gioca a quel livello quello si. Detto ciò vivere nell'angoscia che la gente possa scoprirmi proprio no, non ci sto. La gente non ha mai di meglio da fare che giudicare, si passa il tempo così, io non posso stare appresso a queste paure, non si vive più altrimenti.

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