"Coltivare l'umanità" di Martha C. Nussbaum

La letteratura a tema gay e non
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Nicomaco
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"Coltivare l'umanità" di Martha C. Nussbaum

Messaggio da Nicomaco » sabato 13 agosto 2011, 10:49

Come mi ero ripromesso nel topic di presentazione, di seguito vorrei spendere qualche parola per segnalare uno studio davvero interessante, utile per farsi un’idea del modo che mi pare più corretto per educare le nuove generazioni alla conoscenza e al rispetto delle varie diversità di cui si compone il mondo.
Si tratta del saggio intitolato “Coltivare l’umanità – i classici, il multiculturalismo, l’educazione contemporanea”, edito da “Carocci” nel 1999 e scritto da Martha C. Nussbaum, docente universitaria di diritto ed etica ed esperta di filosofia classica greca, in particolare di filosofia aristotelica.
Questo lavoro, che rielabora indagini effettuate nei campus universitari americani negli anni 90 del XX secolo, fornisce alcune preziose indicazioni per la formazione dei giovani che – scrive la Nussbaum – “si facciano carico del proprio pensiero" e "possano considerare ciò che è diverso ed estraneo non come una minaccia da affrontare, ma come un invito ad esplorare e a comprendere, ampliando la loro mente e la loro disponibilità come cittadini”.
In sintonia con una lunga tradizione filosofica che risale all’antichità, Martha Nussbaum propone dunque una “nuova educazione liberale”, che abbia come scopo la felicità personale, vale a dire il pieno sviluppo della vita umana, realizzabile da tutti in questo mondo, indicando alcune condizioni essenziali per assicurarla:
1) l’esercizio socratico dell’autocritica di se stessi e delle proprie tradizioni (caratterizzate spesso dalla presenza di pregiudizi e preconcetti su questo o quell’aspetto dell'esistenza): che vuol dire non accettare alcuna credenza come vincolante solo perché è stata trasmessa dalla tradizione o perché è diventata familiare con l’abitudine, ma vagliarla per verificarne la tenuta e la coerenza alla luce di molteplici parametri (esperienza di vita vissuta compresa);
2) il ricorso all’immaginazione narrativa (stimolata ad esempio dalla letteratura, dai romanzi, dalle poesie ecc.), che aiuta a mettersi nei panni dell’altro, a capire la sua storia personale, a intuire le sue emozioni, i suoi desideri e le sue speranze, senza per questo rinunciare alla propria identità e ai propri giudizi.
Ora, le diversità che nel libro costituiscono il banco di prova di questa nuova educazione sono tre: la cultura afro-americana, la condizione delle donne e quella che ci riguarda direttamente, ossia la vita degli omosessuali.
Rispetto a quest’ultima, la Nussbaum registra purtroppo negli studi dedicati alla sessualità umana e nell’educazione dei giovani americani gravi lacune e maggiori remore all’approfondimento rispetto a quelle riguardanti le altre diversità.
Ma perché tanta resistenza?
In molti casi – spiega l’autrice – “si tratta di un rifiuto nei confronti della ragione stessa”. In altre parole, molti di coloro che oppongono resistenza a questo tipo di studi sono “consapevoli che persone che hanno studiato la sessualità dal punto di vista storico e interculturale probabilmente metteranno in questione molti stereotipi svilenti e fuorvianti che nella nostra società vengono spesso associati all’omosessualità, e che coloro che sono consapevoli delle differenze evidenziate dalla storia saranno in un certo senso più tolleranti nei confronti delle differenze che percepiscono attorno a sé”. E questa situazione prosegue la Nussbaum – “per alcuni è allarmante; certamente non per una democrazia che si fondi sulla riflessione. Per formare cittadini aperti e avveduti in questo campo, così come per promuovere la comprensione e la verità in generale, dovremo favorire un rigoroso studio interdisciplinare della sessualità umana nei programmi universitari”.
Il saggio dedica quindi alcune pagine all’esame della sessualità umana e alla considerazione dell’omosessualità nella Grecia antica e nell’America moderna, nonché allo stato delle discussioni sul tema nei campus studenteschi.
Su questi ultimi aspetti non mi dilungo perché, mi paiono molto legati alla particolare struttura della società americana.
Anche se – devo dire – alcune riflessioni riguardanti la nostra minoranza e il trattamento ricevuto in università come la cattolicissima Notre Dame e la mormonica Brigham Young, meriterebbero più di qualche attenzione anche da parte di noi italiani.
Ad esempio, per quel che concerne la tendenza delle autorità accademiche ad ignorare le tematiche relative all’orientamento sessuale e le sue molteplici espressioni o ad osteggiarne uno studio serio e interdisciplinare (in netto contrasto con le indicazioni di principio sull’importanza che anche per queste università ha l’intelligenza naturale nella ricerca della verità) oppure, ancora, per quanto riguarda la connessione accertata tra questo silenzio dei programmi universitari sul tema della sessualità umana e le violenze contro gay e lesbiche: scrive la Nussbaum che nei primi anni ‘90 “uno studio condotto presso l’università del Massachusetts rivelò che il 21 % degli studenti lesbiche e gay, contro il 5% dell’intero corpo studenti, riferì di avere subito offese fisiche. Ancora più comuni risultarono essere gli attacchi alla dignità personale compiuti attraverso offese verbali e discorsi carichi d’odio”.
Insomma, “Coltivare l’umanità” meritava secondo me di essere segnalato, perché le indicazioni di metodo e di contenuto che offre sono, nel loro complesso, idealmente in sintonia con lo spirito e la filosofia che mi pare animi anche l’enorme lavoro portato avanti qui in Italia da PG per combattere “sul campo”, attraverso il forum e i blog, i pregiudizi e l’ignoranza partendo dalla vita autentica delle persone omosessuali.
Ultima modifica di Nicomaco il lunedì 15 agosto 2011, 15:06, modificato 1 volta in totale.
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Alyosha
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Re: "Coltivare l'umanità" di Martha C. Nussbaum

Messaggio da Alyosha » sabato 13 agosto 2011, 12:37

Pare interessante l'argomento. La Nussbaum la conoscevo per altre interpretazioni su Aristole e l'etica nicomachea, ho pure avuto modo di parlarci una volta... Questo libro non ho avuto modo di leggerlo purtroppo. Io con mio stupore ho avuto modo di informarmi sulla storia dell'omosessualità. Sono rimasto sconcertato nell'apprendere che sino agli anni '70 veniva ancora definita una patologia... Questo la dice lunga sul profondo pregiudizio che ha intessuto persino le coscienze letterate dell'epoca (si parla dell'altro ieri in pratica).
Da questo punto di vista passi in avanti ne sono stati fatti e come, però è chiaro che partendo da quei presupposti il resto delle condizioni attuali si spiega praticamente da solo. Se, per fare un esempio, fino agli anni '70 gli psicologi tacciati di omosessualità venivano radiati dall'albo, figurarsi fare ricerche serie sull'argomento. Difficoltà a trovare gente disposta ad approcciarsi seriamente all'argomento, trovare testimonianze e quant'altro. Da questo punto di vista ritengo che l'approccio migliore sia quello che parte dal basso. Uno studio teorico di taglio antropologico o sociale porterebbe con sé troppi limiti. L'approccio "fenomenologico" mi pare il migliore per cominciare.
Spazi come questo forum se diventassero luoghi di raccolta dati sistematici potrebbero aprire finestre di ricerca interessanti secondo me.

Nicomaco
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Re: "Coltivare l'umanità" di Martha C. Nussbaum

Messaggio da Nicomaco » domenica 14 agosto 2011, 17:11

Ciao boy-com.
Che fortunato sei stato a conoscere la Nussbaum di persona!
Io di lei ho letto: “La fragilità del bene” dove è contenuta un’analisi straordinaria dell’Etica a Nicomaco di Aristotele nella parte riguardante il valore dell’amicizia (e il mio nick riflette l’entusiasmo per questa lettura); “L’intelligenza delle emozioni” e “Nascondere l’umanità. Il disgusto, la vergogna, la legge”.
Sono tutti lavori che, in vario modo, toccano anche il tema dell’omosessualità, in una prospettiva squisitamente laica e non religiosa (come credo debba essere, se si ha a cuore la costruzione di una società amica di tutti, credenti di varie fedi e non credenti) e senza rinunciare all’argomentazione razionale delle proprie posizioni, che mi pare l’unica strada alternativa al puro scontro di opinioni diverse, nel quale di solito vince "chi fa la voce più grossa" (ovviamente tra eterosessuali e omosessuali, essendo noi in minoranza, è facile intuire chi sia destinato a soccombere, se si segue questa seconda strada …).
Per il resto sono d’accordo con te.
E per dimostrartelo riporto di seguito un passo del saggio “Coltivare l’umanità” che evidenzia quanto importante fosse nella società americana, dopo il superamento dell'idea dell'omosessualità come malattia, aprire una riflessione seria e scientifica (anche dal punto di vista accademico) sulla vita di gay e lesbiche (nel caso particolare studenti universitari).
Il passo è contenuto nella sezione del libro dove la Nussbaum illustra il lavoro svolto (con successo) nella seconda metà degli anni ottanta da un comitato di docenti alla Brown University, teso a favorire uno studio interdisciplinare della sessualità umana e dell’omosessualità in particolare. Ebbene, scrive la Nussbaum, “le discussioni intavolate con gli studenti omosessuali divennero il punto di svolta del lavoro del comitato. Alcuni membri del comitato, in seguito, scrissero che essi si erano aspettati di incontrare un gruppo di soggetti stereotipati, radicaleggianti, desiderosi soltanto di sostenere la legittimità di sgradite e semplicistiche ‘finalità politiche’ connesse alle politiche dell’identità. Quello che si trovarono di fronte invece era un gruppo di giovani uomini e donne di varia estrazione, di studenti a cui ciascuno di noi avrebbe potuto fare da insegnante. Li ascoltammo riflettere seriamente e acutamente sui vuoti presenti nella loro educazione, causati da imbarazzi e ignoranza relativi all’omosessualità. Li ascoltammo anche descrivere i modi in cui quei silenzi deliberati fossero connessi all’idea che gli omosessuali sono cittadini di serie B: essi sentivano in ogni occasione che una loro caratteristica era talmente imbarazzante da non diventare nemmeno argomento di una discussione razionale nella comunità accademica. E anche noi capimmo quale poteva essere il possibile effetto di questi silenzi sugli altri studenti, la cui immaginazione veniva privata del materiale utile per comprendere la vita di alcuni dei loro concittadini”.
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