Il Gran Rabbino di Francia e le nozze gay

Il rapporto fra tematiche gay e religiose, nella vita di sempre
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Nicomaco
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Il Gran Rabbino di Francia e le nozze gay

Messaggio da Nicomaco » mercoledì 2 gennaio 2013, 10:35

Buon anno a tutti.

Con l’intento di segnalare che il riconoscimento giuridico delle unioni omosessuali e dell’adozione in favore di queste coppie non è valutato positivamente solo da Benedetto XVI (se ne è discusso in altro topic ...), ma anche dalle comunità ebraiche, vi ricordo due articoli dedicati al pensiero (piuttosto critico…) del Gran Rabbino di Francia, Gilles Bernheim, di recente apparsi su alcuni quotidiani qui in Italia.

Il primo è l’articolo pubblicato su L'Osservatore Romano, che riporta proprio una parte dello scritto del Gran Rabbino citato anche da Benedetto XVI: http://www.tempi.it/maschio-e-femmina-l ... OMYaOSw_C9.

L’altro è l’articolo che, sulle pagine de Il Corriere della Sera di fine dicembre, Ernesto Galli della Loggia ha dedicato a questo documento: articolo che si intitola “Le religioni che sfidano il conformismo sui gay” e che per comodità riporto qui sotto.

Nel XVIII secolo, nella sua battaglia contro le religioni ufficiali, equiparate senza tanti complimenti ad altrettante superstizioni, l’illuminismo francese, destinato a far scuola in tutta l’Europa continentale, non se la prese certo solo con il cattolicesimo. Anzi. L’ebraismo, per esempio, fu un suo bersaglio forse ancora più consueto: basti pensare alle tante pagine di Voltaire piene zeppe di contumelie contro la religione mosaica.
Poi però tra ’700 e ’800 le cose cambiarono rapidamente. Soprattutto perché cambiò l’ebraismo. Accadde infatti che nell’Europa (soprattutto occidentale) un gran numero di ebrei cominciasse a inoltrarsi su un percorso di radicale emancipazione-secolarizzazione che li portò ad integrarsi in pieno con le élites laico-liberali sulla via di prendere dovunque il potere: della religione dei padri conservando al massimo qualche vestigia rituale. Da allora la critica antireligiosa d’ascendenza illuministica cominciò a prendere di mira, in ambito occidentale, pressoché esclusivamente il cattolicesimo, quasi che esso fosse la sola religione rimasta sulla faccia della terra. Una tendenza andata sempre più affermandosi, specie in Italia, e molto spesso — bisogna dirlo — con il tacito assenso di molta intellighenzia d’origine ebraica, più o meno concorde nell’avvalorare implicitamente l’idea — bizzarrissima ma molto «politicamente corretta» — che in fin dei conti l’ebraismo non sia neppure una religione. Ovvero lo sia, ma così diversa da tutte le altre, così diversa, alla fine da non esserlo!
Specie in Italia, ho scritto. E infatti quando da noi si parla di temi che in qualche modo coinvolgono la fede religiosa l’ebraismo tenda a non avervi e/o prendervi alcuna parte. E quindi a non essere mai menzionato. Basta porre mente a tutta la discussione sulla liceità dell’ingegneria genetica, dell’eutanasia o del matrimonio tra omosessuali. Dibattendosi di queste cose è come se l’ebraismo fosse disceso nelle catacombe tanto la sua voce è tenue o assente. Con il risultato che la voce della Chiesa cattolica, invece, è facilmente presentata come la sola che in nome di una visione religiosa arcaica sia impegnata a difendere posizioni che la vulgata democratica qualifica come «reazionarie».
A ricordarci che le cose invece non stanno affatto così, e che proprio sui temi che citavo prima sono viceversa assai profondi i legami teologici e dottrinari tra l’ebraismo e il cattolicesimo (e il cristianesimo in generale, direi) soccorre un recente importante documento di un’autorità dell’ebraismo europeo quale il Gran Rabbino di Francia Gilles Bernheim, dal titolo «Matrimonio omosessuale, omoparentalità e adozione».
Bernheim inizia con il punto decisivo, e cioè contestando che tali temi abbiano come vera posta in gioco un problema di eguaglianza dei diritti. In gioco invece, scrive, è «il rischio irreversibile di una confusione delle genealogie, degli statuti e delle identità, a scapito dell’interesse generale e a vantaggio di quello di un’infima minoranza». In un modo che a me sembra condivisibile anche dal punto di vista di un non credente egli smonta uno ad uno gli argomenti abitualmente usati a favore del matrimonio omosessuale: dall’esigenza della protezione giuridica del potenziale congiunto, all’importanza del volersi bene («non si può riconoscere il diritto al matrimonio a tutti coloro che si amano per il solo fatto che si amano»: per esempio a una donna che ami due uomini); alle ragioni affettive che giustificherebbero l’adozione di un bambino da parte di una coppia omosessuale. «Tutto l’affetto del mondo non basta a produrre le strutture psichiche basilari che rispondono al bisogno del bambino di sapere da dove egli viene. Il bambino non si costruisce che differenziandosi, e ciò suppone innanzi tutto che sappia a chi rassomiglia. Egli ha bisogno di sapere di essere il frutto dell’amore e dell’unione di un uomo, suo padre, e di una donna, sua madre, in virtù della differenza sessuale dei suoi genitori». Ancora: «il padre e la madre indicano al bambino la sua genealogia. Il bambino ha bisogno di una genealogia chiara e coerente per posizionarsi come individuo. Da sempre, e per sempre, ciò che costituisce l’umano è una parola in un corpo sessuato e in una genealogia».
Bernheim non solo prende di petto il proposito caro a molti militanti omosessuali di sostituire al concetto sessuato di «genitori» quello asessuato e vacuo di «genitorialità» e di «omoparentalità», ma sostiene che non può parlarsi in alcun modo di un diritto ad avere un figlio: «la sofferenza di una coppia infertile non è una ragione sufficiente per ottenere il diritto all’adozione. Il bambino, sottolinea, non è un oggetto ma un soggetto di diritto. Parlare di diritto a un figlio implica una strumentalizzazione inaccettabile».
Naturalmente le pagine più dense del documento sono quelle in cui opponendosi all’idea sempre più diffusa che il sesso, lungi dall’essere un dato naturale, rappresenti una costruzione culturale, il Gran Rabbino, forte del racconto della Genesi, afferma viceversa «la complementarietà uomo-donna come un principio strutturante del giudaismo» corrispondendo essa al piano più intimo della creazione. «La dualità dei sessi — egli scrive — appartiene alla costruzione antropologica dell’umanità» ed è voluta da Dio anche come «un segno della nostra finitezza». Nessun individuo può pretendere di essere autosufficiente, di rappresentare tutto l’umano, dal momento che con ogni evidenza «un essere sessuato non è la totalità della specie».
Il lettore avrà notato la forte somiglianza di molte delle cose dette da Bernheim con quelle sostenute dal magistero cattolico (non a caso di recente Benedetto XVI ha citato calorosamente il documento del Gran Rabbino francese). In realtà le voci congiunte dell’ebraismo e del cattolicesimo, nel momento in cui evocano ciò che è effettivamente in gioco in questo caso — vale a dire le basi stesse della società in cui vogliamo vivere, l’esistenza ontologica di due sessi distinti, l’alleanza dell’uomo e della donna nell’istituzione chiamata a regolare la successione delle generazioni, nonché il rischio di cancellare in modo irreversibile tale successione — nel momento in cui fanno ciò, sembrano confermare quanto sostenuto a suo tempo da Jurgen Habermas circa l’importanza che ha e deve avere il punto di vista della religione nel discorso pubblico delle nostre società. Tale punto di vista, infatti, è spesso prezioso per comprendere — da parte di tutti, credenti e non credenti, di ogni persona libera — ciò che queste società hanno oggi il potere di fare. E dunque, per misurare la rottura che le loro decisioni possono rappresentare rispetto alle radici più profonde e vitali della nostra antropologia e della nostra cultura.
Ma dal Gran Rabbino Bernheim viene anche un’altra lezione. E cioè quanto è importante che la discussione pubblica sia condotta con coraggio, sfidando il conformismo che spesso anima l’intellettualità convenzionale e il mondo dei media. Quanto è importante che personalità autorevoli (per esempio gli psicanalisti) non abbiano paura di far sentire la loro opinione: anche quando questa non è conforme a quello che appare il mainstream delle idee dominanti. È una lezione particolarmente essenziale per l’Italia. Dove è sempre così raro ascoltare voci fuori dal coro e provenienti da bocche insospettate, dove è sempre così forte la tentazione di aver ragione appiccicando etichette a chi dissente invece di discuterne gli argomenti, dove sono sempre pronti a scattare spietatamente i riflessi condizionati delle appartenenze. Dove — in specie quando si tratta di certe questioni — non manca di farsi puntualmente sentire il pregiudizio che tende a fare del cattolicesimo la testa di turco più adatta per essere additato alla pubblica esecrazione dalle vestali dell’illuminismo e per vedersi piovere addosso tutti i colpi (e tutte le presunte colpe) del caso
”.

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Le voci che dissentono sono dunque diverse … e non provengono solo dalla Chiesa Cattolica, ma anche da altre Chiese ...

In ogni caso, come dice Galli della Loggia (che mi pare piuttosto in sintonia con le posizioni assunte dalla Chiesa Cattolica e dal Gran Rabbino di Francia) occorrerebbe sempre valutarne gli argomenti, anche quando (aggiungo io) non si condividono in tutto o in parte …

Ovviamente non è mia intenzione entrare nel merito della discussione, ma lasciare solo traccia della complessità del tema … anche per evitare di portare l’attenzione solo sulla Chiesa Cattolica …

Buona lettura.
La verità, vi prego, sull'amore (W.H. Auden)

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Re: Il Gran Rabbino di Francia e le nozze gay

Messaggio da progettogayforum » giovedì 3 gennaio 2013, 1:28

Nicomaco mi scuserà ma mi è venuto da pensare che una cosa che per la maggioranza delle persone normali di molti paesi d’Europa è incivile e inammissibile, se è detta in latino diventa quasi giusta e se poi è detta anche in ebraico diventa automaticamente verità obbligatoria per tutti! Per chi pensa che alla base del vivere civile ci debba essere la libertà e l’uguaglianza in una dimensione morale ma assolutamente laica e indipendente da verità rivelate di qualsiasi genere, l’idea che si faccia una crociata contro il riconoscimento dei diritti altrui è inammissibile. Tra l’altro il discorso del Papa e del Rabbino non è limitato all’adozione ma ha come obiettivo immediato, in Italia e in Francia, evitare il riconoscimento legale delle coppie omosessuali, il che è veramente ingiustificabile fuori di una logica confessionale. Alla base dei discorsi del Gran Rabbino e del Papa c’è la presunzione di fondo che la bibbia rappresenti la base dell’antropologia, che il mondo non sia come è realmente ma come è descritto nella bibbia e che il mondo debba conformarsi a quello che dice la bibbia, il che per un laico è immorale. Affermare che i diritti dei gay siano «a scapito dell’interesse generale e a vantaggio di quello di un’infima minoranza» è del tutto gratuito, perché l’omosessualità è un dato antropologico assolutamente oggettivo e ineliminabile (i gay esistono anche se a qualcuno non piacciono e non sono affatto una infima minoranza) e considerare i gay come una “infima minoranza” significa non sapere proprio di che cosa si sta parlando e limitarsi a ripetere dogmaticamente quello che dice la bibbia come se la bibbia e non la realtà fosse la base dell’antropologia e del vivere civile.

Nicomaco
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Re: Il Gran Rabbino di Francia e le nozze gay

Messaggio da Nicomaco » venerdì 4 gennaio 2013, 15:30

Concordo con Project e condivido pure il fatto che il riconoscimento giuridico del matrimonio tra persone dello stesso sesso o delle cosiddette unioni civili è un tema diverso da quello che riguarda la procreazione.

Tuttavia, pur sapendo di dire cose abbastanza conosciute qui sul forum, anch'io vorrei idealmente rispondere a Galli della Loggia su alcuni punti del suo articolo …, perché sono persuaso, come lui, che quello che dicono gli esponenti più autorevoli delle varie religioni va ascoltato.
Tuttavia sono anche persuaso, da laico, che quello che viene detto dai capi religiosi ha senso se parla il linguaggio umano e va valutato con argomenti umani.
La ragione è ovviamente chiara: se il linguaggio è e resta umano i suoi contenuti potranno al limite essere accettati da tutti, credenti di ogni fede e non credenti, al fine di costruire un’etica o un diritto condivisi.
Altrimenti no.

Ora, rispetto alla procreazione naturale non ho compiuto letture particolari.
Tuttavia, per il momento, ho molte difficoltà ad ammettere una piena libertà di generare per chicchessia, visto che stiamo parlando di comportamenti che coinvolgono un terzo, il generato, ossia un bimbo, il quale, per me, dovrebbe sempre essere il frutto di un atto d’amore gratuito tra due persone che si vogliono bene e che ovviamente sono e non possono che essere di sesso diverso.
Altra cosa è ovviamente l’adozione di un bimbo che non ha avuto la fortuna di poter essere allevato dai genitori naturali …
Ma anche qui preferirei, fino a quando è possibile, che un bimbo possa confrontarsi ed essere educato da un padre e una madre, come del resto è capitato a me, che poi mi sono scoperto omosessuale, piuttosto che da due padri o due madri …
In ogni caso so che il tema è dibattuto e che esiste già una letteratura che pare avere esposto risultati positivi sull’omogenitorialità.
Letteratura che Galli della Loggia non so se conosce …

Rispetto alle unioni civili gli argomenti utilizzati da Galli della Loggia non sono affatto originali.
Sono stati utilizzati tante volte e sono assai discutibili.
Ad esempio l’unico argomento del Gran Rabbino che Galli della Loggia ha ritenuto di citare per negare la ragionevolezza del riconoscimento delle coppie omosessuali è che non si può estendere il diritto al matrimonio a tutti coloro che si amano per il solo fatto che si amano: per esempio a una donna che ami due uomini.
Ora, questo argomento evidenzia che il problema è stato male impostato.
Quando si discute sul piano laico di parificazione o comunque di riconoscimento giuridico, non ci si appella al SOLO fatto di volersi bene.
Se così fosse avrebbe forse ragione Galli della Loggia.
In realtà, quando si discute di questo tema si assumono come termini di paragone le coppie, non altro.
Ed è chiaro che se due persone pienamente cresciute si amano, intendono dedicarsi l’una all’altra sostenendosi a vicenda, e sono dello stesso sesso, occorrerebbe spiegare (e Galli della Loggia non spiega …) perché la loro relazione di coppia non dovrebbe essere meritevole di una qualche protezione giuridica, a differenza di quella tra due eterosessuali.

Ma il discorso di Galli della Loggia è male impostato anche li dove sembra sostenere, sulla scorta di quello che ha scritto il Gran Rabbino, che il riconoscimento giuridico delle coppie omosessuali finirebbe per minare l’esistenza ontologica di due sessi distinti, l’alleanza dell’uomo e della donna nell’istituzione chiamata a regolare la successione delle generazioni.
Anche questi argomenti, oltre a non essere originali, sono assai discutibili.

Innanzitutto l’esistenza ontologica di due sessi non è minata dal riconoscimento perché il sesso biologico è concetto ontologicamente diverso da quello di orientamento sessuale, il quale non è meno concreto e reale della distinzione tra maschio e femmina.
Sembra cosa scontata, ma pare che Galli della Loggia non abbia focalizzato la distinzione.
Inoltre, in un paese culturalmente evoluto e con una popolazione bene educata al rispetto di tutti, non riesco proprio a capire come si possa pensare che l’alleanza tra un uomo e una donna eterosessuali possa essere minata dalla tutela giuridica di coppie che non hanno quell’orientamento.
Del resto le coppie omosessuali esistono nei fatti e non risulta che l’eventuale crisi dell’alleanza uomo-donna dipenda da queste coppie, le quali, tra l’altro, molto spesso sono pure invisibili …
Se le cosa stanno in questi termini, non è che dietro l’argomento di Galli della Loggia, che vorrebbe negare la visibilità giuridica ad una coppia omosessuale, faccia capolino un altro fenomeno?
Che si chiama ad esempio “disagio” per ciò che è diverso, o anche “paura” per il diverso … o altro ancora?
Disagio e paura che sono ovviamente l’antitesi dell’educazione e della cultura.

D’altra parte anche l’idea che il matrimonio sia ordinato a regolare la successione tra generazioni ovvero, se non ho male inteso, la generazione dei figli, è infondata.
Tanto lo Stato quanto la Chiesa Cattolica (e non solo ….) riconoscono come vincolo matrimoniale perfettamente valido quello di una coppia non fertile e quello di una coppia anziana che non può più avere figli, né adottarne.
Questi matrimoni non sono giuridicamente diversi da quelli di una coppia eterosessuale con figli.
Il discorso di Galli della Loggia avrebbe senso se si escludessero dal matrimonio le coppie anziane e le coppie sterili.
Ma non credo che questo noto opinionista politico sia disposto ad arrivare a tanto …
Ad ogni modo, so benissimo che il matrimonio è nome che per tradizione millenaria è riservato all’unione di un uomo con una donna …
Per unioni diverse si potrebbe allora pensare e in effetti si pensa a nomi diversi.
Anche se poi resterebbe da capire se e fino a che punto la sostanza della tutela guiridica dovrebbe essere veramente diversa.

Mi fermo qui …, nella speranza di avere risposto lealmente a chi (Galli della Loggia) non la pensa esattamente come me.
La verità, vi prego, sull'amore (W.H. Auden)

Ilex
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Re: Il Gran Rabbino di Francia e le nozze gay

Messaggio da Ilex » domenica 6 gennaio 2013, 0:30

Io trovo che sia del tutto lecito x il Papa o il Gran rabbino di Francia, dare le indicazioni ai fedeli cattolici ed ebraici su come camminare nella fede e su quali siano le tracce da seguire x evitare di perdere la retta via.
Project però ha sottolineato una caratteristica a mio avviso irrinunciabile di uno stato civile laico, la assoluta indipendenza da qualsiasi suggerimento dottrinale nella difesa delle libertà fondamentali dell'individuo. Nemmeno si dovrebbe porre il quesito, lo stato, sul fatto che una legge cozzi con l'interpretazione in chiave morale che una confessione religiosa, per quanto rappresentata, fornisce delle condizioni che la legge stessa va a tutelare o proibire, si dovrebbe soltanto chiedere se essa difende davvero la libertà dell'individuo, la possibilità che una persona goda di diritti pari a tutti gli altri cittadini, senza discriminazioni che non siano dettate dalla necessita di difendere la libertà stessa.
Dopotutto non è forse vietata la poligamia che in diverse religioni, trova un suo razionale?
Io credo che sulla questione del riconoscimento di pari diritti civili a una coppia omosessuale rispetto ad una una eterosessuale, non dovrebbe nemmeno sollevarsi una questione morale, si tratta di difendere la libertà dell'uomo di amare e di esprimere la propria sessualità, anche contro quelle dottrine che vorrebbero amputargli la dimensione fondamentale dell'affettività e della genitalità, solo perché non conforme ad un ideale di correttezza.
Sulla questione dell'adozione la domanda invece si farebbe complessa, x' entra in gioco la tutela di un terzo individuo che necessita di un nucleo sociale nel quale formarsi, che potrebbe richiedere caratteristiche definite...

arrofus
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Re: Il Gran Rabbino di Francia e le nozze gay

Messaggio da arrofus » domenica 6 gennaio 2013, 4:37

Ciao volevo esprimere il mio pensiero.
Le religioni sono tutte inventate. Qualsiasi cosa basata su di esse va anche discussa, ma deriva da fatti inventati ed è molto probabile che non abbia senso. Ciò che dicono il papa e il rabbino sull' omosessualità è un esempio di ciò.

Alyosha
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Re: Il Gran Rabbino di Francia e le nozze gay

Messaggio da Alyosha » lunedì 7 gennaio 2013, 0:44

Habermas, l'ultimo grande erede della scuola di Francoforte, che per chi non lo sapesse produsse Fromm e Marcuse teorici del grande movimento del '68 (oltre che il ben più indecifrabile Adorno), scende a compromessi con la chiesa. Il pezzo eretico del marxismo che parlava di religione come oppio dei popoli che finalmente discute con il Papa aprendo al dialogo, certo che si finisce col citarlo sempre! Però il discorso di Habermas porta in sintesi ad un primato della ragione sulla fede, la razionalità (comunicativa) è universale non la parola rivelata. Il discorso religioso deve dunque per Habermas essere "tradotto" nel discorso razionale in modo che possa avere una comprensibilità universale ed essere oggetto di discussione. Ora con tutta la buona volontà che ci metto ancorché veda una "razionalizzazione" del discorso di fede, non vedo nessuna volontà di discutere, ma solo una serie di formulazioni antiscientifiche che non hanno nessuno fondamento se non nell'opinione autorevole.
Sulle adozioni io stesso ho molte resistenze già espresse, però quello che non condivido al d là dei singoli argomenti è ragionare mettendo tutto nel mucchio, diritti dei gay, diritto della donna alla poligamia, diritto alla procreazione assistita e diritto all'adozione (il rabbino ci ha risparmiato la pedofilia, la guerra e chiisà cos'altro); mi pare uno sparare nel mucchio e parlare con molta poca competenza.
Mi chiedo a proposito dell'educazione da infliggere al minore cosa ne pensano questi signori delle corbellerie scritte per esempio nel catechismo, dove persino la masturbazione è condannata. Fanno riferimento a qualche studio scientifico nel dirlo, non dico per forza di psicologia dell'infanzia, ma proprio di qualunque cosa? E' fuori da ogni criterio razionale infliggere sensi di colpa rispetto alla masturbazione e questa approccio è stato confutato scientificamente sotto ogni aspetto, perché se come dice il Papa esiste un primato della ragione, su questo argomento (dove c'è un opinione praticamente unanime della comunità scientifica) non ritratta?
Se la psicologia ha dichiarato ormai l'omosessualtà una variante della sessualità umana, perché lo si continua a definire un grave disordine? Sono argomenti fondati razionalmente? O forme di accanimento che non hanno nemmeno un briciolo di ragionevolezza?
Mi chiedo per esempio quali studi di psicologia o sociologia o pedagogia o qualsiasi cosa abbiano consultato prima di dire affermazioni del genere sia preti che rabbini ovviamente. Personalmente vorrei sapere sul serio se in una coppia gay il figlio ha problemi di maturazione, non fidandomi ne dei credenti ne dei non credenti, vorrei consultare studi scientifici al riguardo però, confrontare quelli prodotti dalla comunità gay con quelli prodotti dalla chiesa e da chiunque altro, come si fa con qualsiasi altro argomento d'altronde. vorrei avere informazioni insomma non opinioni.
Su certe cose non si capisce perché pare scontato che ognuno possa avere una sua opinione (come è ovvio) e basti fermarsi a quella, come si fa sulle squadre di calcio o sulle mode o sulle veline. Le affermazioni, quando non sono complete illazioni, cominciano con un "credo che...". Siccome non è un discorso di credenza ma di ragione, mi aspetterei degli studi e delle frasi che cominciassero con "è dimostrato sulla base delle attuali evidenze scientifiche che...". Questo è un discorso fondato sulla ragione, il resto sono discorsi da caffé, che possiamo permetterci io e tu, ma non il Papa e non il Rabbino. La chiesa come fa con tanto altro cominci le sue ricerche personali sull'omosessualità, scelga pure gli studiosi che più preferisce e l'approccio che ritine più adeguato. Altri scienziati e studiosi replicheranno (come è successo allora a proposito dell'eliocentrismo e l'evoluzionismo) e questo mi pare un discorso fondato sulla ragione, il resto pare più un'accozzaglia di luoghi comuni. L'unico psicologo che sostiene che l'omosessualità è patologica è stato praticamente disconosciuto da tutti e le sue pratiche "terapeutiche" praticamente proibite dapertutto. Dimostrino che i figli che vivono dentro le attuali famiglie arcobaleno (che ci sono) hanno tendenze a sviluppare patologie o disturbi, dimostrino che sono maggiori di quelli che vivono nelle coppie allargate dei divorziati, dimostrino quali disagi dipendono dalla famiglia in sé e quali dal contesto sociale. Se hanno ragione si neghi il diritto della coppie omosessuali ad avere figli, cioè si faccia proprio come si fa con gli alcolizzati e i violenti, arrivino gli assistenti sociali a togliere il minore dalle famiglie. Se però hanno torto dicano chiaro che la Bibbia si sbaglia, come già è stato dimostrato su tanti altri argomenti, affermino il principio che la Bibbia va interpretata e dei crimini che commettono e hanno commesso nel passato si faccia carico chi la interpreta e non per loro il buon Dio. Habermas parlava di "costringere" con la forza dell'argomento migliore l'interlocutore ad un intesa e intendeva più o meno quello che ho provato a scrivere. Dimostrino che hanno ragione loro, ma se non ce l'hanno la facciano finita una volta e per tutte con questi discorsi.
Sul monopolio della Chiesa cattolica riiguardo certi temi posso anche essere daccordo invece, si citi più spesso l'esempio dei Valdesi Cristiani pure loro, che tuttavia riconoscono il pieno diritto delle coppie omosessuali. La croce infondo resta un bel simbolo peccato che troppo spesso la si impugni dall'altro lato per fendere come se si maneggiasse una spada.

Nicomaco
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Re: Il Gran Rabbino di Francia e le nozze gay

Messaggio da Nicomaco » lunedì 7 gennaio 2013, 20:42

Vedo che sono state postate riflessioni varie e articolate.

Preciso solo alcune cose ad ilex perché, leggendo quello che ha scritto all’inizio del suo post, sembra quasi venirne fuori l’idea (ma potrei sbagliarmi …) che io intendo difendere le varie confessioni religiose ad oltranza, a differenza di Project …
In realtà, io non ho mai pensato di aderire all’idea che, in materia di etica, politica e diritto, gli orientamenti dottrinali di una qualche Chiesa (cattolica, ebraica ecc. ecc.) debbano essere accettati o condivisi solo perché sono posizioni ufficiali, magari sancite dal richiamo a testi scritturali in latino o in aramaico ...
Ho detto piuttosto che sul piano laico tutti, compresi il Papa e il Gran Rabbino di Francia, hanno il diritto di esprimersi con argomenti laici …
Se lo fanno (e la religione cristiana non lo vieta affatto … anzi …), sarà possibile valutare se i pensieri formulati sono condivisibili da tutti o meno.
E difatti, rispetto ad alcuni argomenti usati dal Gran Rabbino e ripresi da un laico come Ernesto Galli della Loggia, ho già espresso il mio dissenso, spero argomentato (come su altri aspetti dei vari discorsi ha formulato varie critiche Alessio in modo che mi sembra pertinente sia chiaro …).
Se il Papa e il Gran Rabbino non ritengono di parlare il linguaggio umano, anch’io sono persuaso che i loro discorsi potranno valere solo per coloro che, da credenti, si fidano della parola di questo Papa e del Gran Rabbino …

Inoltre, sul rapporto tra riconoscimento dei diritti delle coppie omosessuali e morale non condivido l’opinione di ilex.
Io ho maturato la convinzione che l’etica, il discorso etico, non è un discorso che si oppone al diritto … etica e diritto non mi sono mai sembrati due mondi non comunicanti …
Ovviamente l’una (l’etica) non è riducibile all’altro (il diritto).
Ci mancherebbe…
Ma questo non significa che l’una e l’altro possano avere aree comuni di valutazione … ad esempio per quanto riguarda il rispetto della dignità dell’uomo e dei diritti dell’uomo …
Quindi per me il riconoscimento dei diritti delle coppie omosessuali è insieme un problema giuridico ed etico …

Infine vorrei esprimere un pensiero che mi frulla da tempo in testa.
So perfettamente che la gerarchia della Chiesa Cattolica ha una certa responsabilità nell’alimentare atteggiamenti discriminatori verso le persone omosessuali (si tratta di fenomeno, quello della discriminazione e dell’intolleranza, che anche il Cardinal Martini aveva stigmatizzato …).
Tuttavia mi chiedo: è proprio vero che le discriminazioni e le intolleranze vengono solo dalla gerarchia?
Domanda che mi pare lecita, in un tempo come il nostro in cui si parla a proposito, ma anche a sproposito, di secolarizzazione….
Non è che qui nel nostro Paese ci sia anche un problema di educazione laica?
O di incapacità del laico di affrancarsi, discutendone, da pregiudizi di carattere religioso quando affronta questo tema?
Questa incapacità è SOLO colpa della religione? E di quale tra l’altro?
Me lo chiedo perché la nostra è una società laica, che sa pensare con la propria testa (e non con quella del Papa) quando si parla di preservativo.
D’altra parte i cattolici praticanti sono ormai una minoranza.
Sicché a me pare che limitarsi a muovere critiche contro l’ingerenza delle gerarchie nelle discussioni pubbliche sull’omosessualità, oltre ad essere sbagliato, se gli argomenti usati dalle gerarchie sono umani, è anche un po’ riduttivo …
A me stanno più a cuore i laici (credenti e non credenti) …
Questi, soprattutto se ricoprono ruoli istituzionali e politici, dovrebbero svolgere il loro ruolo di laici fino in fondo, senza avere il timore di “dispiacere” a qualcuno …
Ma qui in Italia, ci sono laici coraggiosi?
O più semplicemente laici che siano consapevoli di volerlo essere?
Mah….
La verità, vi prego, sull'amore (W.H. Auden)

Alyosha
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Re: Il Gran Rabbino di Francia e le nozze gay

Messaggio da Alyosha » venerdì 11 gennaio 2013, 17:26

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 73691.html

Questa notizia è fresca fresca, scelgo di proposito la testata che leggo meno. Mi pare una buona risposta alle perplessità del rabbino, se restiamo in un paese autonomo (dire laico proprio non me la sento). Sulle adozioni ho più di una perplessità ma sul fatto che figli naturali non possano essere sottratti ai genitori solo perché omosessuali non è ho proprio alcuno. Per fortuna nonostante il moto elefantiaco dell'Italia qualcosa si muove, non dal lato dove si desiderava (il legislatore), ma come dire "...eppur si move!". Quanto al dubbio che ponevi la risposta ovvia è si, nel senso che la Chiesa (e le religioni più in generale) non è l'unica sorgente di omofobia, forse in qualche modo la subisce pure, non saprei neanche dirlo bene. Come facevi giustamente notare in materia di sesso vengono dette tante altre cose, ma gli etero paiono fregarsene. A parte che non è proprio così, perché certe cose dette tornano poi in modo strano, però di fondo non colgo l'importanza dell'obiezione. Non essere i soli a commettere crimini contro l'uminità non rende quei crimini meno gravi. Qui non si parla solo di opinioni, ma di un'opposizione concreta a livello nazionale e internazionale contro tutte le leggi a favore dei gay e per converso un sostegno a quei paesi che covano in seno leggi omofobe (che arrivano sino alla pena di morte per intenderci). Cioè gli interventi costanti sull'opinione pubblica sono solo una faccia (la più visibile) del costante e continuo attacco della Chiesa ai gay, che avviene anche e sopratutto in materia legislativa. Possiamo per esempio dire che la legge sui DICO saltò allora sopratutto per colpa dei deputati cattolici (ci cadde proprio il governo in pratica). L'allora Papa (sempre Ratzinger non temete :P) arrivò a ripescare la scomunica per tutti gli onorevoli e senatori che avessero votato a favore di quel tipo di leggi. Questo è molto più che esprimere semplici opinioni. Per non parlare delle iniziative prese a livello eurpeo e internazionali molto più gravi e di cui si sa molto meno. La chiesa dove ha potuto ha sistematicamente sbarrato la strada a leggi di civiltà e gli altri paesi europei devono ringraziare il fatto che da loro la chiesa non sia così influente, perché altrimenti sarebbero fermi in materia di diritti sugli omosessuali pure loro. Questo è il problema, concretissimo, almeno per quello che mi riguarda non le opinioni.
Per il resto è vero che se una cosa la dice il Papa pare più grave. Il prete che ai tempi conoscevo mi diceva che dipendeva dal fatto che tutti comunque attribuiamo un autorità morale al Papa, credenti e non, che critichiamo la chiesa in nome dei suoi stessi valori e che nel criticarla la riconoscevamo (per cui le critiche erano benvenute). Probabilmente è vero, come anche probabilmente succede che i media diano un risalto pazzesco alle parole del Papa e se ne freghino di quello che dicono gli altri.
Ripeto ci sono i Valdesi (considerati mezzi eretici per i cattolici) che invece oltre ad avere cose fighissime come i pastori donne, riconoscono il diritto delle coppie omosessuali, condannano la condotta certamente (la promiscuità), ma non l'atto in sé. Un credente veramente aperto comincerebbe a guardarsi intorno, perché stare dentro una chiesa che ci definisce una grave minaccia per la pace, quando ce n'è un'altra che permette addirittura i matrimoni gay?
Proprio tu caro Nicomaco immagina se domani il Papa dicesse a messa che le coppie gay hanno leggittimità ad amarsi, immagina le vecchine piano piano accettare questa cosa perché gliel'ha detta il papa, qualcuno certamente borbotttare, ma la maggioranza alla fine acconsentire, che mondo sarebbe? Verrebbe o non verrebbe almeno miticata tutta questa omofobia diffusa? Ecco quanto pesano le parole del Papa, tanto, ma proprio tanto insomma e sono gravi proporzionalmente al peso che hanno, quindi tanto gravi (anche quelle del rabbino lo sono in misura proporzionata).

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sam
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Re: Il Gran Rabbino di Francia e le nozze gay

Messaggio da sam » venerdì 11 gennaio 2013, 18:02

ammazza ma quanti commenti ignoranti ci sono sotto quell articolo?
stavano facendo una gara ? :D :D

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progettogayforum
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Re: Il Gran Rabbino di Francia e le nozze gay

Messaggio da progettogayforum » venerdì 11 gennaio 2013, 20:00

Ciao Alyosha, volevo dirti che ho tradotto uno dei tuoi post di questa discussione e l’ho usato come risposta ad un commento integralista di in utente americano che mi richiama al rispetto del Levitico ricordandomi le gravi minacce di Dio a trasgressori.

Vorrei invitare tutti i partecipanti a questa discussione a rispondere ai commenti integralisti che si trovano sistematicamente nel forum http://gayproject2.wordpress.com/ e anche, se potete, e forse sarebbe più importante, ad aprire sul forum in Inglese una discussione analoga a questa, il post di apertura c’è già:
http://gayprojectforum.altervista.org/v ... m.php?f=19

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