Come si fa a comunicare?

L'accettazione dell'identità gay, capire di essere gay
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Micky93
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Re: Come si fa a comunicare?

Messaggio da Micky93 » lunedì 11 febbraio 2013, 22:06

Orachefaccio: diciamo che con queste persone posso parlare molto schietto e posso parlare anche di cose di cui un eterosessuale tendenzialmente non parlerebbe. Essendo anche gay-friendly, so che con loro certi argomenti li posso toccare senza scottarmi.

È chiaro che con loro se proprio non voglio fare CO immediato non posso certo sparare un ''che figo che passa!'' ma se lo vedono loro e lo additano come tale, posso almeno confermare la cosa, o metterla in discussione ironicamente. È una sublimazione psichica ecco.

I silenzi imbarazzanti invece io non li trovo niente di che. Per certi versi mi piacciono, nel senso che hanno sempre qualcosa di intrinseco che li rende affascinanti.
''Non odi tutto questo? I silenzi che mettono a disagio... Perché sentiamo la necessità di chiacchierare di puttanate per sentirci più a nostro agio? [...] È solo allora che sai di aver trovato qualcuno davvero speciale: quando puoi chiudere quella cazzo di bocca per un momento e condividere il silenzio in santa pace.''
diceva Mia Wallace in Pulp Fiction. E onestamente mi piace come rielaborazione di una questione così fastidiosa.

Non ti preoccupare dell'impressione che stai facendo a qualcuno. È una nevrosi che ho avuto anche io, ma mi è passata col tempo sai? Quando ho capito che il genere umano intero non è costituito da Super-uomini, ma da uomini altrettanto fragili come me. E allora perchè dovrei preoccuparmi dell'impressione che creo di me nel prossimo più di quanto questo si preoccupi di quella che crea lui di sé?

Il fatto che tu viva lontano è positivo. Non so in che paese sei e quindi nemmeno quale sia la condizione degli omosessuali dove ti trovi tu, ma il fatto che tu possa relazionarti a tante persone differenti è una risorsa, non una maledizione. Sfruttala! :)
Il guaio del caso Eichmann era che uomini come lui ce n'erano tanti e che questi tanti non erano né perversi né sadici, bensì erano, e sono tuttora, terribilmente normali.

Hannah Arendt.

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Blackout
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Re: Come si fa a comunicare?

Messaggio da Blackout » martedì 12 febbraio 2013, 21:20

Ciao Orachefaccio e a tutti i presenti :)
Ho visto solo ora che Candido ha giustamente tirato in ballo la discussione dell'altro 3d.
Prima di tutto vorrei dire a orachefaccio di non fissarsi troppo sulle ipotesi di come andrà una chiaccherata. E' normale e pure logico che in certi momenti della vita, come dici tu, ci si senta più fragili e spaventati anche solo nel conoscere nuove persone ma questo è perchè dentro abbiamo un turbamento, una specie di temporale che ci scombussola e magari non sentendoci pienamente padroni della situazione, ecco l'ansietta da "nuove conoscenze" :evil: .
Prenditela con calma, fai un po di tranquillità e ordine dentro te visto che altrimenti ti senti bloccato a comunicare.
Molte volte penso che la natura ci ha dato un dono incommensurabile come la parola e che noi invece mortifichiamo con paure e fantasmi purtroppo a volte più forti del nostro "voler stare insieme"; come umani abbiamo il bisogno di comunicare e di avere contatti con gli altri, la solitudine prolungata è quasi sempre deleteria.
''Non odi tutto questo? I silenzi che mettono a disagio... Perché sentiamo la necessità di chiacchierare di puttanate per sentirci più a nostro agio? [...] È solo allora che sai di aver trovato qualcuno davvero speciale: quando puoi chiudere quella cazzo di bocca per un momento e condividere il silenzio in santa pace.''
Micky, questa è una delle mie parti preferite del film :D dopo quella frase giuro che sono davvero cambiato, ora il silenzio tra amici lo sento spesso come la condivisione di un momento particolare, ne percepisco l'importanza...e lo uso spesso per capire quanto posso stare bene con un amico.
Non sempre si dà 100 e si riceve altrettanto,altre volte invece ci sembra di ricevere tanto pur avendo dato poco,
Candido, tempo fa ho letto un libro stupendissimo dove si parlava proprio di questo, di come per forza di cosa ragioniamo in termini di dare-avere per una questione evoluzionistica...da quando eravamo roditori su un mondo di dinosauri il cervello ha dovuto sempre ragionare se un'azione da compiere era conveniente per vivere o portava invece alla morte. Questo ci è rimasto per praticamente tutto e lo usiamo anche nei rapporti d'amore. Perchè devo fare questo se lui non lo fà? Ecco dovremo provare (difficilissimo) a ragionare con le emozioni più umane, prendendone l'istintività ma controllandole con la ragione che abbiamo sviluppato...praticamente un'utopia lo so :D
Il vero Io è quello che tu sei, non quello che hanno fatto di te. (P. Coelho)

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Re: Come si fa a comunicare?

Messaggio da candido » mercoledì 13 febbraio 2013, 15:50

Blackout ha scritto:tempo fa ho letto un libro stupendissimo dove si parlava proprio di questo
Ti ricordi come si chiama? Che lo leggerei volentieri ;)
Blackout ha scritto:Ecco dovremo provare (difficilissimo) a ragionare con le emozioni più umane, prendendone l'istintività ma controllandole con la ragione che abbiamo sviluppato...praticamente un'utopia lo so
In effetti c'è tutto un discorso di neurofisiologia, e la cosa è così complessa che si capisce il perchè sia così difficile da fare. Anche se in alcune decisioni il nostro "cervello emotivo" ha l'ultima parola, ed evolutivamente e funzionalmente si è visto che la cosa funziona.

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Blackout
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Re: Come si fa a comunicare?

Messaggio da Blackout » giovedì 14 febbraio 2013, 22:43

Ci mancherebbe non mi ricordassi un libro che mi ha aiutato tanto :)
Si chiama "Il lupo e il filosofo" di Mark Rowlands. E' un testo che tratta di filosofia, chiaramente, ma in modo assai comprensibile e la intreccia con il rapporto intenso e personale avuto con questo lupo. Ti dico solo che m'ha fatto pure commuovere....il resto se vuoi lo devi leggere :D

Ah io di neurofisiologia non ci capisco un h :D però son cose che mi incuriosiscono in modo tremendo!
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Re: Come si fa a comunicare?

Messaggio da orachefaccio » martedì 19 febbraio 2013, 1:18

Ciao a tutti!

In ritardo, però scrivo. E meno male che lo faccio, vuol dire che sto combattendo i miei tentativi di lasciar perdere me stesso e di adattarmi a fare una vita stupida e piatta, "tanto per far passare il tempo", senza amici e senza prestare attenzione a quello che sento.

Credo che sia un po' di tranquillità quello che mi ci voglia. E il silenzio come fautore di momenti speciali, o anche semplicemente di momenti normali da apprezzare per la loro calma, credo di averlo gustato anch'io. Un ragazzo che è stato caro amico mi ha detto che stava bene con me perché finalmente non si sentiva in dovere di "intrattenere l'interlocutore". Ora, però, ho molta più ansia di allora e non mi fermo ad ascoltare, mi sento in dovere io stesso di riempire i vuoti. Sarà che non trovo persone interessanti, o molto probabilmente in gran parte anche che non mi fermo ad ascoltarle, a conoscerle, le persone che ho davanti. Per paura di sbagliare mi perdo tutto, proprio tutto.

Ora si tratta di capire come fare per ritrovarla, un po' di tranquillità.
"E non vi è niente di più bello dell'istante che precede il viaggio, l'istante nel quale l'orizzonte del domani viene a renderci visita e a sussurrarci le sue promesse." (Milan Kundera, traduzione mia)

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Blackout
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Re: Come si fa a comunicare?

Messaggio da Blackout » mercoledì 20 febbraio 2013, 1:18

ciao orachefaccio
perchè ti senti in dovere di riempire quei vuoti? potreste anche star bene in silenzio e far altro intanto, oppure parla di qualcosa che senti attinente al discorso però non farti la scaletta eh :)
Ascoltare gli altri è una cosa che mi piace tanto e spesso mi ritrovo in questo ruolo, però se capisco che c'è un'attinenza anche con me, che quella persona ha una necessità profonda in quel momento...insomma me lo devo sentire dal cuore se rende l'idea :D Spesso per arrivare a discorsi così ci vuole tempo, perchè magari l'altra persona è timorosa a rivelarsi troppo...anche chi ti sta di fronte ha le sue paure, pensaci sempre ;)
Il vero Io è quello che tu sei, non quello che hanno fatto di te. (P. Coelho)

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