organizzarsi

Adolescenza gay, giovinezza gay, gay e scuola, gay e università, ragazzi gay e genitori
Rispondi
Avatar utente
orachefaccio
Messaggi: 81
Iscritto il: lunedì 4 febbraio 2013, 3:13

organizzarsi

Messaggio da orachefaccio » martedì 19 febbraio 2013, 3:29

Eccomi davanti a un altro mezzo chilo di gelato che provo a fare il punto della situazione. Sarò ripetitivo (rispetto ad altri miei post) e prolisso, forse, anzi no sicuro, ma vi scrivo comunque quello che penso.

Ho letto poco fa vari post cui mi sento molto vicino. Tutti descrivono in modi diversi qualcosa di simile, un blocco importante nella propria vita che è presente anche nella mia. Spesso, ma non sempre, si tratta di blocchi auto-imposti, che oscurano completamente la capacità di decidere sul da farsi. La componente orientamento sessuale è di certo fonte di insicurezze, ma proverei a fare un discorso più generale, se il gelato che mi rimane mi basta per farlo. Mi ha colpito molto il "Mi sento crudele verso me stesso" di Amleto. E anche la visione tetra di 875, che insieme a tanti altri descrive quanto sia facile lasciarsi invadere ogni angolo di se stessi da quello che impone il mondo esterno.

E mi chiedo spesso, provando a scacciare i pensieri negativi: come si fa ad uscirne? Ci si può riempire di belle idee, tutte giuste e condivisibili, ma dopo un po' ritornano l'insoddisfazione e le delusioni della vita reale e non ne si vede l'uscita.

Leggendo i vari post mi è venuto un pensiero. Pausa gelato (ne è rimasto meno di metà, è al fiordilatte)..... Buono! Peccato che sta per finire. Forse è un pensiero banale, ma alla mia testolina non capita spesso di farne, di pensieri simili. La visione tetra, almeno nel mio caso, deriva - credo - da una serie di desideri e pensieri repressi. La mia mente, ora come ora, censura ogni (ogni!) idea che non sia correlata alla sopravvivenza (lavoro, mangiare, un po' di movimento, poi a letto), impedendo che si sviluppi naturalmente come è giusto che sia. Lasciando spazio alla riflessione, elaborandola, valutandola o semplicemente gustandola. Gelato. Tutti i desideri che ho, dal più piccolo al più grande, sono zittiti. E il bambino che vive dentro di me urla a squarciagola, ma tanto non lo sente nessuno. Quindi ora mi sto convincendo di una cosa: dovrei essere più permissivo con me stesso. Forse lasciare che mi accontenti su un desiderio grande mi farebbe relativizzare il tutto e capire quanto sia stupido non concedermi tutte le altre cose più piccole.

Ora però vengo al punto del topic, organizzarsi. Se è vero che devo partire dai desideri più grandi, è anche vero che sono i più difficili. Ma mi rendo conto che proprio non riesco ad accontentare i voleri minori, non so nemmeno quali sono. So che si potrebbero collettivamente chiamare agire in libertà, spontaneamente, ma non ho la mente chiara per farlo. E allora forse bisogna puntare in alto, distruggere il mostro grande e gli altri se ne scapperanno. Organizzarsi. Vorrei tanto evitare. Per esempio: un grande desiderio è fare un viaggio lungo, che mi metta alla prova, in cui possa davvero provare a capire ciò che mi piace di questa vita. Un altro è abbracciare un ragazzo e sapere di non dovermi preoccupare di alcuna reazione negativa, da parte di nessuno, né io né lui né altri. Sto riuscendo a mettere via il gelato! E' rimasto solo un angolino ridicolo!! Mangio gelato alla velocità di 1 kg all'ora e potrei andare avanti indefinitamente, che roba! Ma per ora sono soddisfatto. Il punto è, se mi butto e perseguo quello che desidero, rischio di scottarmi. Se improvvisamente dico a un ragazzo appena conosciuto che vorrei abbracciarlo, rischio di prendermi una risata di commiserazione bella e buona, nell'ipotesi migliore. E anziché farmi del bene mi infliggo una punizione da solo, finirei per pensare che è quello che mi merito. Se inizio un viaggio in questo stato mentale, probabilmente non me lo godrei e magari il girovagare mi sbatterebbe in faccia ancora più violentemente i miei pensieri tristi e inconcludenti.

Non sono più abituato a prendermi le cose poco a poco. Non più. Torno troppo facilmente all'apatia di base. Questa agognata tranquillità, arriva da sola? Io credo di no. Bisogna cercarsela direi. Meglio buttarsi e rischiare un po'? A far le cose con calma c'è bisogno di tanta, tanta forza di volontà. Che ora proprio mi manca. Affrontando un po' di rischio, forse si trova il coraggio di insistere e farsi capitare una situazione buona, che farebbe crollare tutte le altre censure su una vita che deve essere vissuta nella più totale e naturale pienezza. E farebbe tornare la voglia di crederci.

Come ci si organizza, se si vuole vivere la propria vita e non quella altrui? Se si vogliono affrontare le situazioni di vita con tutta l'energia che si ha e non lasciando le cose al caso e alla disperazione/disillusione? E' giusto abbattere le censure auto-imposte più grandi per prime? Dar spazio ai desideri più vivi come prima cosa, anche se si tratta dei più difficili da affrontare? Rischiare pur di arrivarci? O creare pian piano? Non so cos'è, ma mi sembra che creando pian piano mi stancherei a metà strada e non me la godrei. Non si tratterebbe dello spaccare con sana decisione le inutili paure, mi sembrerebbe di agire a piccoli timidi passettini perché sempre in preda alla paura. O forse non me la godrei se fosse il frutto del puro caso (sto pensando al dichiararsi a un ragazzo appena conosciuto, per fare un esempio). Che casino, ma perché non si può godere delle cose e basta? In fondo, però, riconosco quanto possa essere costruttivo e nutriente organizzare le cose poco a poco, capendole, volendole una ad una.

Help! Cosa ne pensate??

Tra l'altro, come scrivo... strano! E poi, solito mio messaggio chilometrico... abbiate pazienza!
"E non vi è niente di più bello dell'istante che precede il viaggio, l'istante nel quale l'orizzonte del domani viene a renderci visita e a sussurrarci le sue promesse." (Milan Kundera, traduzione mia)

barbara
Utenti Storici
Messaggi: 2864
Iscritto il: mercoledì 14 aprile 2010, 9:22

Re: organizzarsi

Messaggio da barbara » martedì 19 febbraio 2013, 8:38

Ciao orachefaccio, per risponderti comincio dal gelato.Mi pare anche una buona metafora sui desideri e su come ci rapportiamo alla vita.
Quando ci sentiamo vuoti , affamati agognamo nel vero senso della parola un po' di cibo, come se non ci fosse nient'altro all'infuor di quello. Quando poi l'abbiamo davanti cosa facciamo? Se ne ingoiamo grandi quantità alla velocità della luce abbiamo la momemtanea sensazione di appagare la fame,ma che ne è del nostro piacere? Abbiamo perso il gusto di quell'esperienza e potremmo avere un bel mal di pancia che ci toglie il sonno.
Nella vita viviamo spesso così. Ingoiando le cose, senza conoscerle veramente, senza apprezzarle, senza godere appieno del loro dono.
La bellezza delle cose, degli attimi ci ancora al presente e ci dà la pienezza della serenità. Ma poichè siamo disabituati a farlo, possiamo solo esercitarci e provare ancora e ancora a fermarci su ciò che stiamo vivendo. E' davvero una cosa importante ritrovare il nostro stupore per la vita di ogni giorno E' ,credo, la ricetta più importante per la nostra serenità.

Avatar utente
Yoseph
Membro dello Staff
Messaggi: 369
Iscritto il: giovedì 23 agosto 2012, 22:49

Re: organizzarsi

Messaggio da Yoseph » martedì 19 febbraio 2013, 14:53

Nel mio caso ho scoperto che l'apatia in parte era causata dall'insicurezza, dalla paura di affrontare le cose e dal disprezzo per me stesso, tutti aspetti causati da un'educazione repressiva. Paradossalmente la consapevolezza di essere apatico e non scattante, pronto a tutto, efficiente come tanti, ha scatenato ancora più odio per me stesso, all'inizio, come a dire:- Non hai neanche la voglia di fare niente, non vali proprio niente!-
Tutto è iniziato a cambiare quando anzi che disprezzarmi per essere apatico ho capito che l'apatia non potevo scacciarla, ma vederla come il sintomo di un malessere, quindi dovevo andare a curare quel malessere. Mi sono reso conto che ero bloccato dalla paura perché in tanti anni avevo subito un lavaggio del cervello, genitori e amici mi dicevano che i gay sono dei malati depravati, se sei gay tutti ti prendono per il culo, guai a farsi scappare discorsi o comportamenti non adeguati ad un maschio! Risultato? Non ho più fatto, detto o scelto cose che realmente mi piacessero per paura di essere etichettato come gay, in pratica ho come smesso di vivere, mi sono fermato, bloccato. Non so nel tuo caso, ma nel mio la ragione del blocco, dello stare fermi l'ho trovata proprio in questo. Quando ho iniziato a dire no a tutte le cose imposte, quando ho iniziato ad immaginarmi di mandare a quel paese tutti quelli che mi avevano ferito ed ho iniziato a costruire una mia strada personale (c'è voluto tanto tempo e tanta terapia), amando me stesso ma soprattutto quello che facevo e dicevo, piano piano le paure hanno iniziato a svanire ed anche l'apatia. Quando c'è qualcosa che ci piace e desideriamo non stiamo fermi a guardarla ma vogliamo correre ed andare a prendercela, se siamo apatici e ci lasciamo scivolare la realtà addosso è perché in quel momento non ci dà emozioni o stimoli, forse è qualcosa che non abbiamo scelto noi ma ci è stata imposta, allora forse è il caso di cambiare le carte in tavola!

Avatar utente
candido
Messaggi: 241
Iscritto il: mercoledì 6 febbraio 2013, 17:10

Re: organizzarsi

Messaggio da candido » martedì 19 febbraio 2013, 17:05

Si parla di blocchi e di come si possa organizzare la propria vita, ed ecco che ritorno! In più apprezzo sempre le riflessioni di Orachefaccio e Yoseph,a cui mi sento molto vicino. E gli interventi di Barbara (che leggo nei vari post) comunicano sempre una piacevole sensazione tranquillizzante,rasserenante.
In questo caso mi sembra di percepire fame, molta fame. E quando hai fame, non vuoi gustarti ogni singolo boccone, né pensi a programmare e cucinare chissà quale pietanza e di mangiarla dopo..semplicemente prendi la prima cosa che ti passa per le mani e la addenti,col rischio che sia pure indigesta e che ti faccia male. Orachefaccio, sarò schietto e forse rude, ma a questa tua fame mi pare che tu risponda o continuando a digiunare e pensando nel frattempo a chissà quale raffinato cibo vorresti o buttandoti sulla prima cosa che ti capita, senza neppure pensare di cosa tu abbia fame e voglia. Quindi ti chiedo, di cosa realmente ha fame e ne senti il bisogno? A mio parere,correggimi se sbaglio, non è tanto un viaggio o chissà quale grande progetto, ma piuttosto il bisogno di avere una persona speciale al tuo fianco e qualche amico sincero con cui condividere qualcosa, con cui fare qualcosa e passare del tempo,e sulle quali poter fare affidamento. Ti dico questo perché fondamentalmente questa “fame” la sentiamo tutti,chi più chi meno.
Hai un lavoro,quindi da questo punto di vista puoi star “tranquillo”, ma la sfera affettiva e sentimentale dove la metti, che importanza le dai? Parli di azioni essenziali per sopravvivere( lavoro,mangiare,movimento,dormire) ma i sentimenti non sono a mio parere secondari a questo. Di sicuro son più difficili da gestire,da controllare, e prevedono un esporsi in prima persona ma son quelli che fondamentalmente ti danno “tranquillità”. E per tranquillità non intendo un qualcosa di statico e fermo, ma un intreccio di relazioni in cui noi stessi ci ridefiniamo di continuo, e lo facciamo nel rapporto con gli altri, e non solamente “meditando” su noi stessi.
Ma come si fa a far questo? Se pensi di farlo come se dovessi consegnare un progetto di lavoro non ne esci più. Non ci sono scadenze, non c’è una scaletta, non c’è un manuale di istruzioni….ti butti e basta,vivi il momento, non pensi né a come vuoi essere,né a come stai andando, semplicemente ti fondi nello scorrere del tempo e negli altri, in qualche modo annulli quella vocina che normalmente ti tiene costantemente aggiornato di tutto quello che non va come vorresti.
In conclusione, a mio parere, no progetti o programmi con chissà quali aspettative e a lungo termine, perché ti abbattono due volte: sia con l’ansia che ne consegue che con il rischio che poi le cose non siano mai come le vorresti, e conseguente frustrazione. Pensare molto meno,e agire molto di più, e anche in maniera un po’ avventata,se può servire a sconfiggere delle resistenze o paure interne. Pensi di dichiararti a un ragazzo che ti piace(e presumo che sia gay anche lui)? Fallo, male che vada dirà che non gli interessi. Vuoi conoscere qualcuno? Inizia a frequentare qualche posto,qualche associazione, qualche luogo in cui tu possa essere te stesso. Male che vada, non troverai il tuo amico del cuore ma avrai conosciuto tanta gente, imparato dagli errori e saprai relazionarti meglio con gli altri.
La sfera affettiva non so perché ma è quella che viene sempre più trascurata. Io l’ho fatto, e noto quanto mi faccia star male, più di un’insoddisfazione nello studio,nel lavoro o in altro. Sarà che spesso la famiglia ci assorbe, che essere gay ritarda e complica un po’ le cose, sarà che si crede di dovercela sempre fare da soli e di non voler dipendere dagli altri, perché ci hanno sempre detto che l’equlibrio e la serenità sono un qualcosa di interiore e avulso dagli altri.
Se ho invece frainteso, dimmi di cosa senti di avere “fame” e quali credi possano essere i rischi che si corrono nel vivere senza a tutti costi voler progettare.

Avatar utente
Blackout
Messaggi: 268
Iscritto il: mercoledì 26 dicembre 2012, 13:38

Re: organizzarsi

Messaggio da Blackout » mercoledì 20 febbraio 2013, 18:55

Ciao orachefaccio
vediamo se riesco a rendermi utile, anche solo poco poco...
Levati subito di testa questa idea che ti sei fatto di organizzarsi (la vita, la mente, le emozioni..) per poter stare bene!! Scusami se te lo dico così ma a me pare una cosa assai impossibile...
Mi sembra di rivivere certi periodacci in cui sono passato rileggendo il tuo post (e anche oggi sono un po giù) e forse è per questo che ti parlo un po duro però i blocchi di cui si capta la presenza mi sembrano dettati da alcune paure. Ad esempio parli di voler abbracciare un ragazzo ma di temere la sua reazione e una conseguente figuraccia...mettiti dentro quella testolina che queste cose non le possiamo evitare!!
Sono rimasto giorni, settimane, chiuso in casa (uscivo solo per il lavoro e stop) perchè ho lasciato che quelle piccole paure s'ingigantissero: dalla paura del 2 di picche son passato alla paura di anche solo parlare con chi mi interessava e per scivolare poi nella paura di qualsiasi confronto con tutti gli altri...
Non esiste un antidoto ai pensieri tristi e brutti, anzi questi potremmo anche portarceli dietro tutta la vita e non sparire mai, ma possiamo gestirli, imparare a riconoscerli e capire cosa li scatena, per poterli poi relegare in un posto non troppo invadente.
Anche io avevo pensato di partire, di isolarmi, di fare anche una fuga disperata senza mezzi per mettermi alla prova, ma quando stai così male non potresti mai durare a tutte le situazioni che una roba del genere ti presenta.
La ricerca dell'equilibrio e quindi di una forma di felicità, la dobbiamo cercare insieme e in mezzo agli altri, da soli non si potrà mai stare bene...quindi armati di pazienza, quella serve sul serio, ma con te non con le varie situazione, per quelle se vuoi puoi anche osare ma l'importante è che lo faccia nel rispetto dei tuoi desideri e delle tue capacità.
Un abbraccio e scusa se posso esser sembrato duretto :)
Il vero Io è quello che tu sei, non quello che hanno fatto di te. (P. Coelho)

Avatar utente
orachefaccio
Messaggi: 81
Iscritto il: lunedì 4 febbraio 2013, 3:13

Re: organizzarsi

Messaggio da orachefaccio » martedì 26 febbraio 2013, 2:20

Blackout non devi scusarti di niente, se è a fin di bene fai pure il duro quanto vuoi! Non sai quanto mi serve =)

Allora.. grazie a tutti dei commenti! Li ho letti e riletti e alla fine c'è una cosa fondamentale che ho notato: io ho chiesto se è meglio 1) costruire poco a poco o 2) osare per ottenere qualcosa e voi, giustamente, non vi avete risposto mai direttamente, spostando piuttosto il punto centrale della discussione su altro: apprezzarsi, apprezzare lo stare con gli altri e far sparire paure e insicurezze, tutte queste cose prima di tutte le altre. Credo lo abbiate più o meno esplicitamente fatto tutti, Barbara suggerendo di apprezzare quello che già si ha, Yoseph indicando che è necessario un percorso per far questo e che se quello che si ha non soddisfa bisogna cambiare le carte in tavola, Blackout dice di avere pazienza e di includere gli altri nella ricerca della tranquillità. E Candido ha semplicemente riassunto il mio quesito con un ottimo:
candido900 ha scritto:a questa tua fame mi pare che tu risponda o continuando a digiunare e pensando nel frattempo a chissà quale raffinato cibo vorresti o buttandoti sulla prima cosa che ti capita
..che si riferisce direttamente ai miei punti 1) e 2)... mi spiego:

...effettivamente entrambe le due cose 1) costruire poco a poco e allo stesso tempo 2) osare per ottenere qualcosa sono positive e necessarie, ma io alla prima sostituisco l'apatia ossia il digiunare (l'opposto del costruire razionalmente) e all'osare sostituisco l'agire in maniera avventata ossia buttarsi sulla prima cosa che capita senza soffermarmi su cosa voglia veramente (l'opposto dell'osare in maniera sana e volitiva per migliorare la propria condizione). Quindi ero partito dal mio dubbio su 1 o 2, senza rendermi conto che sono entrambi punti positivi, 1 e 2 (costruire e osare anche un po'), e che io in realtà non perseguo né l'uno né l'altro, ma sono bloccato alle loro versioni fallaci (apatia e azzardo scriteriato).

Tutte queste cose che dite (apprezzarsi, apprezzare gli altri, far sparire paure e insicurezze), che porterebbero naturalmente ai punti 1 e 2 (costruire e osare un po'), mi piacciono molto. Mi piace l'idea di tranquillizzarmi, capire cosa voglio armato di pazienza e cambiare le carte in tavola se dovesse rendersi necessario.

E' che tutto ciò non mi sembra affatto immediato da ottenere. In particolare Barbara, chi ha già tranquillità apprezza già naturalmente quello che ha, senza inutili ansie. Ma cosa suggeriresti a chi non ci riesce, come consiglio pratico? Yoseph, forse dovrei anch'io cercare aiuto da un esperto, ma ti chiedo: su cosa era basato il tuo percorso per arrivarci, a questo apprezzarti che ti ha permesso di far sparire l'apatia e correre per andare a prendere ciò che vuoi? Candido, hai ragione a dire che c'è bisogno di più azione, ma le mie azioni ora sono o avventate/velleitarie (e quindi a vuoto), oppure non ci sono proprio (apatia). Blackout hai ragione, ho bisogno di pazienza, sono incazzato con me stesso e con la mia attuale incapacità di smuovere le acque (prima mi funzionava tutto così facile, forse non sono abituato a darmi da fare): dovrei forse provare a fermarmi e capire cosa devo cambiare (già fatto, superficialmente forse, la mia conclusione è stata "è un casino..."). Questa calmata/ventata di pazienza proprio non mi riesce, su due piedi...

So che la mia risposta suona come una giustificazione, è mia abitudine e scusatemene, ma quando si è bloccati sembra tutto impossibile. Insomma: come si fa, in pratica? Ho bisogno di aiuto...

Un abbraccio a tutti! (a fin di bene, potete fare i duretti/e quanto volete!)
orachefaccio
"E non vi è niente di più bello dell'istante che precede il viaggio, l'istante nel quale l'orizzonte del domani viene a renderci visita e a sussurrarci le sue promesse." (Milan Kundera, traduzione mia)

Avatar utente
candido
Messaggi: 241
Iscritto il: mercoledì 6 febbraio 2013, 17:10

Re: organizzarsi

Messaggio da candido » martedì 26 febbraio 2013, 14:36

Ciao Orachefaccio :)
Dopo aver riletto tutti gli interventi finora fatti, sento sia necessario fare una premessa, che poi motiverò: la soluzione, se davvero esiste, è già spalmata nei commenti di Barbara,Yoseph e Blackout. Le mie precedenti parole, più che risponderti, si affiancano ai tuoi interrogativi, e per questo mi sento di "condividere" la tua richiesta di aiuto.

Parli di un oscillare tra apatia e azzardo scriteriato. Le 2 cose sono intimamente connesse, in quanto l'azzardo scriteriato nasce come risposta a un'apatia che non accettiamo più; ma essendo "scriteriato" non porta ad alcun risultato, il che ci deprime,ci scoraggia e ci fa ripiombare nell'apatia. Ma perchè "l'azione" non porta al risultato? (1) Perchè non c'è dietro un disegno di progettualità ed è quindi senza scopo, o (2) perchè in chi la compie (o nel caso dell'apatia,non la compie) c'è un "vizio di forma",un meccanismo alterato?
Al caso (1) abbiamo risposto tutti più o meno allo stesso modo, e Barbara esprime così la cura ad un'affannosa ricerca di futuro,progetti e senso delle cose
barbara ha scritto:La bellezza delle cose, degli attimi ci ancora al presente e ci dà la pienezza della serenità. Ma poichè siamo disabituati a farlo, possiamo solo esercitarci e provare ancora e ancora a fermarci su ciò che stiamo vivendo. E' davvero una cosa importante ritrovare il nostro stupore per la vita di ogni giorno
Nel caso (2) secondo me il "vizio di forma" è l'eccessiva ansia.
Un articolo, letto tempo fa, tratto da psicologi-italia.it definisce questo come:
"E’ come se fosse la rappresentazione del nostro non voler perdere la testa, del nostro voler metterci sempre al posto giusto nel momento giusto, del saper sempre cosa fare. L’ansia ci ricorda che tutto questo in un attimo viene spazzato via, sparisce. L’ansia è il simbolo di una vita che forse è sprecata, noi siamo ansiosi perché stiamo perdendo il senso della vita, perché non ci sentiamo utili, necessari, perché ci sembra di non servire a qualcuno o a qualcosa, perché non sappiamo dove stiamo andando, perché forse non c’è un senso nelle cose che facciamo. L’ansia è il fatto che stai credendo di essere quello che in fondo non sei."


L'articolo prosegue e infine dà una sua "cura":
"La regola per combattere l’ansia parte da un’unica affermazione, che l’ansia non va combattuta. Non dobbiamo combattere, dobbiamo cedere. Dobbiamo imparare a non pretendere niente da noi stessi, dobbiamo fare le cose per come le sappiamo fare non per come dovrebbero essere fatte. L’idea di non migliorarci ci può regalare uno stato di pace, non dobbiamo avere alcuna aspettativa ma essere semplicemente presenti nelle azioni che facciamo. Bisogna che impariamo a non guidarci e a non dirci sempre “sei andato bene” o “non sei andato bene”. Spesso nella vita di tutti i giorni ci sforziamo di voler essere agli occhi degli altri un modello, un punto di riferimento, una persona sulla quale poter contare; cerchiamo sempre di fare la cosa giusta nel momento giusto, di accontentare tutte le richieste che ci vengono fatte dalle persone che amiamo. Ma quando tutto questo ci allontana dai nostri veri desideri, quando ci imponiamo di essere quel modello a tutti i costi, allora la nostra psiche si ribella a quell’Io troppo rigido che non ci permette più di esprimerci come dovremo. Dobbiamo accogliere l’ansia come un consiglio che ci viene dato dal nostro corpo che in qualche modo non vuole più sottostare a quella figura di perfezione che ogni giorno ci sforziamo di essere.

Imparare a divenire semplicemente noi stessi, con i nostri limiti e le nostre imperfezioni, ci darà quel senso di realtà, di pace interiore, di appartenenza alla vita. La qualità della vita cambia in modo radicale quando rinunciamo alla strenua difesa degli equilibri consolidati, sterili magari, ma rassicuranti. Di fatto la maggior parte di noi impiega notevoli energie nel mantenere la propria esistenza il più possibile conforme ai valori collettivi, in modo acritico e spersonalizzante. Fin da piccoli ci viene insegnato a dover essere “figli modello” adeguandoci a comportamenti stereotipati, abbiamo dovuto imparare a soddisfare i bisogni degli altri, in primis quelli dei genitori.

Crescendo, spesso continuiamo ad adottare quelle maschere e voler soddisfare sempre e comunque le richieste delle persone a noi vicine. E’ il caso del ragazzo che decide di intraprendere quegli studi universitari per esaudire i sogni dei genitori che vorrebbero vederlo avvocato o ingegnere. Ma quale sarebbe stata la sua vera vocazione se non avesse seguito i consigli dei genitori? La sua creatività, i suoi desideri verranno repressi fin quando non sarà lui stesso a decidere della sua vita, senza più condizionamenti esterni. Un altro esempio lo possiamo trovare nelle persone che hanno deciso di fare della propria vita una missione che ha come unico scopo quello di far carriera e di trovare le proprie soddisfazioni nell’accumulare ricchezze. Lo status sociale nella nostra cultura è sicuramente un elemento molto importante ma non dobbiamo permetterci di vivere solo per poter dimostrare di essere o di avere, dobbiamo dare il giusto peso soprattutto ai nostri bisogni interiori, arricchirci di quei valori che nella società poco contano ma che per noi sono linfa vitale. Abbandoniamo l’idea di dover apparire per poter essere, diamo più spazio ai nostri desideri, allontaniamoci dall’effimero, svestiamoci da quella maschera sociale che giorno dopo giorno diventa sempre più pesanti da indossare."

"Lo sforzo che ognuno di noi dovrebbe compiere consiste nel non arretrare dinanzi alla possibilità di vivere nuove esperienze."


Confrontando le parole dell'articolo con i commenti degli altri vedo dei punti comuni, ad esempio:
Yoseph ha scritto:la consapevolezza di essere apatico e non scattante, pronto a tutto, efficiente come tanti, ha scatenato ancora più odio per me stesso, all'inizio, come a dire:- Non hai neanche la voglia di fare niente, non vali proprio niente!
Yoseph ha scritto:l'apatia non potevo scacciarla, ma vederla come il sintomo di un malessere
Yoseph ha scritto:Quando ho iniziato a dire no a tutte le cose imposte, quando ho iniziato ad immaginarmi di mandare a quel paese tutti quelli che mi avevano ferito ed ho iniziato a costruire una mia strada personale (c'è voluto tanto tempo e tanta terapia), amando me stesso ma soprattutto quello che facevo e dicevo, piano piano le paure hanno iniziato a svanire ed anche l'apatia.
E alla tua domanda:
orachefaccio ha scritto:quando si è bloccati sembra tutto impossibile. Insomma: come si fa, in pratica?
aggiungo la mia domanda/provocazione: e se per vincere questa "battaglia"(dell'organizzarsi,del progettare, della ricerca affannosa di un senso a ciò che si fa, del rimpianto del passato) fosse necessario non combatterla? se quando non hai voglia di far nulla, invece che pensare a tutto quello che potresti fare ma non riesci a fare, a tutte le occasioni che perdi,al fatto che questo debba essere sempre colpa tua, accettassi invece il fatto che avere momenti in cui non si ha voglia o non si riesce a far qualcosa sia anche questo parte di te stesso?Se il sentirti apatico non fosse più una colpa, alle quale rimediare con uno sfrenato e impulsivo desiderio di fare più cose possibili?

arrofus
Messaggi: 151
Iscritto il: mercoledì 29 settembre 2010, 1:06

Re: organizzarsi

Messaggio da arrofus » martedì 26 febbraio 2013, 18:16

Ciao,
hai detto: perché non si può godere delle cose e basta?
Vedi che è possibile, si tratta solo di convincersene.

Avatar utente
Yoseph
Membro dello Staff
Messaggi: 369
Iscritto il: giovedì 23 agosto 2012, 22:49

Re: organizzarsi

Messaggio da Yoseph » mercoledì 27 febbraio 2013, 0:12

Ogni percorso è molto personale, quando ho cominciato ad apprezzare me stesso ero già in terapia da tre anni. Il mio terapeuta me lo ripeteva già da tempo che dovevo imparare ad amare me stesso, ma io non capivo cosa volesse dire, credevo che ci si potesse innamorare solo degli altri, mai di se stessi. Ti faccio un esempio per farti capire che cosa è questo benedetto amore per se stessi: generalmente per dare un senso alla mia vita ero solito procurarmi delle emozioni forti, era come se non avessi la percezione del pericolo, non temevo di mettermi in pericolo perché non temevo a me stesso, perciò dovevo fare sempre qualcosa di originale per avere almeno la stima degli altri: mi piaceva correre con la macchina, se uscivo non stavo attento a bere e capitava che mi facessi diversi Km per tornare a casa con i riflessi annebbiati, se facevo un' escursione mi piaceva andare nei posti più impervi, avevo la fissa per il volontariato nei posti più a rischio, mi sono messo a girare in un quartiere ad alto rischio ina una metropoli del sud America dove avrebbe potuto accadermi di tutto. Mi sono accorto di essere cambiato quando ho iniziato a preoccuparmi per me stesso, ora come ora le cose che ti ho raccontato non le rifarei più perché voglio vivere, ed esporre me stesso a un pericolo la reputo una cosa bruttissima. Credo che questa sia una manifestazione dell'amore per la mia vita. Non che adesso non mi piaccia conoscere posti o viaggiare, ma ho scoperto una nuova virtù, la prudenza, che mi guida quando decido di fare qualcosa.
Per rispondere invece alla tua domanda con una soluzione concreta ti posso dire che per me è andata così: non ho seguito proprio alla lettera i consigli del mio terapeuta. C'era un punto in cui però ci siamo trovati in perfetto accordo: l'azione! Per vincere l'apatia bisogna muoversi nel vero senso della parola. Il mio terapeuta avrebbe voluto che mi buttassi a capofitto sullo studio perché diceva che i risultati avrebbero accresciuto la mia autostima, io invece non ce la facevo a fare solo quello perché non essendo stata la mia scelta universitaria azzeccata, mi accorgevo che dallo studio non traevo soddisfazione e non mi aiutava a migliorare, però costringevo me stesso ad alzarmi presto per farmi un'ora di viaggio per andare a lezione. E' stato un periodo duro in cui ricordo che l'apatia era piuttosto causata da un forte senso di vuoto, da angoscia e tristezza, che tentavo di combattere cercando di muovermi quanto più possibile. Ricordo che dovevo realizzare una serie di interviste a degli imprenditori per fare una tesina di sociologia economica, e pur con un filo di forza nel pomeriggio montavo in macchina e mi giravo le imprese facendo le domande che dovevo fare. Ho cercato di fare tanta attività fisica: corsa e nuoto. Mi hanno aiutato molto ma non sono state la soluzione finale: ricordo che un giorno ero in vasca e ad un certo punto mi sono mancate le forze per continuare a nuotare, non ero da molto in acqua, avevo pagato l'ingresso ma sono uscito subito perché non avevo proprio la forza di muovermi. Da quel momento passarono almeno due mesi bui, poi mi procurai un lavoro estivo, così, tanto per provare, e devo dire che quello mi ha aiutato molto ad uscire da quel blocco, giorno dopo giorno stavo meglio, non avevo risolto tutti i miei problemi, ma di certo avevo ritrovato il gusto di muovermi. Da allora non ho più avuto momenti tanto bui, ci sono stati altri momenti di sconforto, ma niente di paragonabile a quel periodo.
Con questo non voglio dire che devi fare quello che ho fatto io, ma semplicemente dimostrarti che un inizio può essere proprio non stare fermi a guardare il tempo che passa ma stringere i denti e muoversi, uscire per fare qualcosa, anche di sbagliato ma fare qualcosa, la retta via la si trova piano piano, provando diverse strade!

Avatar utente
Blackout
Messaggi: 268
Iscritto il: mercoledì 26 dicembre 2012, 13:38

Re: organizzarsi

Messaggio da Blackout » mercoledì 27 febbraio 2013, 22:59

Guarda, ti smonto subito: non c'è un balletto speciale, una mossa, una formula magica che dopo averla eseguita, ti fa uscire da un momento di blocco.
Tra l'altro ti dico che quando ero davvero in un momento di blocco, questo si esprimeva in un isolamento sia fisico ma sopratutto psicologico. Nonostante fossi uno straccio dentro, ricordo per esempio di aver continuato ad andare a nuoto, solo che non provavo nulla, diventava una cosa meccanica e che saltavo spesso per apatia, per poi sentirmi in colpa per non essere andato. Ricordo anche che uscivo con gli amici, solo che mi era venuta anche la fobia che potessi andare in crisi in qualunque momento perciò non andavo con altri ma portavo sempre l'auto da solo per poter scappare da qualsiasi posto all'istante (normale eh :D )
Ora faccio meno, meno attività fisica (corsettine isolate e poco altro) non esco come prima, ma quando faccio queste cose ora, le trovo belle. Se la tua capacità di pensiero si è squilibrata è inutile sparargli azioni forzate sopra sperando di stimolarlo (non sei in coma dove ogni stimolazione può essere un antidoto).
Onestamente posso solo dire che la terapia sia psicologica che farmacologica mi hanno aiutato davvero, in maniera forse più indiretta di quanto non si pensi ma sono state un gradino fondamentale per rialzarsi.
Il mio terapeuta me lo ripeteva già da tempo che dovevo imparare ad amare me stesso, ma io non capivo cosa volesse dire
Questo passo di Yoseph l'ho vissuto pesantemente anche io e mi scervellavo per accettarmi ma con una mentalità sbagliata.
Il resto l'ha fatto un cambiamento radicale del mio pensiero, per il quale ci son voluti mesi, e la capacità di apprezzare i miei piccoli gesti di miglioramento. Ho apprezzato molto di più essere riuscito a dire a un amico che sentivo dispiacere per come lo avevo messo da parte in certi periodi che non essermi buttato in mare da 15 metri cercando l'adrenalina per risollevarmi.
Il vero Io è quello che tu sei, non quello che hanno fatto di te. (P. Coelho)

Rispondi