Quando amare mette di fronte a se stessi

L'accettazione dell'identità gay, capire di essere gay
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e^ip+1=0
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Quando amare mette di fronte a se stessi

Messaggio da e^ip+1=0 » giovedì 11 aprile 2013, 21:01

Ciao a tutti! Ho 22 anni e vorrei parlarvi un po’della mia storia, nella speranza che mi aiutiate a raccapezzarmi. Tre anni fa mi trasferii, per via degli studi universitari, in una città del nord Italia. Lì conobbi una ragazza meravigliosa, che è tuttora fidanzata con me. Fino ad allora la mia vita sentimentale era stata piuttosto solitaria: c'era stato un grande amore non ricambiato, durato quasi sei anni, verso una ragazza; avevo avuto una storia di qualche mese con una mia compagna del liceo e poi qualche "due di picche", sempre da parte di qualche ragazza. Ciò che nella mia adolescenza non ho mai voluto ammettere, è che, oltre che verso le ragazze, mi sentivo attratto anche verso i ragazzi della mia stessa età; si trattava di un' attrazione fisica: il corpo maschile mi piaceva, sollecitava i miei sensi, ma, nonostante ciò, non riuscivo a provare un sentimento più profondo verso alcuna persona del mio stesso sesso. Credevo che non sarei mai riuscito ad innamorarmi di un ragazzo, proprio lo credevo impossibile. Con le ragazze, invece, potevo costruire una relazione amorosa, sebbene (e questo lo ammetto solo ora) l'aspetto fisico di un ragazzo mi attraesse di più. In ogni caso, quello che ora scrivo con chiarezza (spero) allora non mi era chiaro affatto, intravedevo la verità ma la nascondevo, non la accettavo. Alla fine del quinto anno di liceo, ebbi una breve esperienza sessuale con un ragazzo che conoscevo fin dall'infanzia: ebbi paura di me stesso in quell'occasione, ebbi paura del fatto che, per quanto breve, avevo provato piacere fisico, temetti di scoprire un lato di me che non volevo conoscere. Cercai di chiudere quell'esperienza nel dimenticatoio, per sempre.
Quasi tre anni fa, dunque, appena andato via dalla mia città natale, conobbi una ragazza e, in poco tempo ci fidanzammo. Io amavo il suo essere aperta, sorridente, generosa. Abbiamo passato un primo anno insieme davvero da sogno. Poi con il secondo sono venute un po' su certe sue insicurezze, ma le abbiamo risolte insieme. Con lei stavo bene, la nostra vita sessuale procedeva bene; solo che, talvolta, mi rendevo conto che avevo un'irrefrenabile curiosità verso i ragazzi: mi sentivo ancora attratto fisicamente da essi. cercavo di far finta di non vedere, anche perché, è bene dirlo, avevo paura di questa cosa. Per rassicurarmi a volte mi dicevo: "non posso essere gay, per essere gay non basta l'attrazione fisica, si deve essere capaci di amare una persona dello stesso proprio sesso, ed io non lo sarò mai". In ogni caso continuavo ad amare la mia ragazza, e il termine che uso non è esagerato. Tutto è proceduto così, con questa polvere sotto il tappeto, fino a quest'estate (2012). Complici certi esami andati non al meglio, complice la malattia di una mia adoratissima nonna, complice, infine, un periodo non proprio buono per l'umore della mia ragazza, ero abbastanza a terra. Fu in quel radioso giugno del 2012 che, in occasione di un ritrovo di amici nella mia città di origine, conobbi un ragazzo che mi folgorò. Non saprei dire come accadde, né saprei raccontare per filo e per segno ciò che provai la prima volta che lo vidi: so solo che cominciai a pensare a lui, in ogni istante della mia giornata, dal mattino fino alla sera. Vedevo il suo sorriso nei monumenti delle città, i suoi occhi nel cielo stellato che contemplavo la notte; la sua voce, immaginata, era per me un canto che accompagnava le mie giornate, così poco belle in quel periodo. Egli entrò a far parte, per pura coincidenza, senza che io lo avessi deciso, della mia compagnia teatrale: cominciammo a vederci come minimo una volta a settimana. Io facevo finta di niente, volevo non vedere ciò che mi stava accadendo, volevo far finta di non stare provando nulla, ma non vi riuscivo. Ad ogni prova volevo andare in scena con lui, volevo stargli accanto, lo difendevo da tutte le critiche, lo riaccompagnavo a casa; lui ricambiava, con gentilezza, e credo senza nulla sospettare, almeno a questo punto delle cose. Nel frattempo mi sentivo un cane, mi dicevo che ciò che facevo era una cattiveria senza limiti nei confronti della mia ragazza, e cercavo di stornare dalla mia mente il suo pensiero, con il solo risultato di infiammare ancora di più il mio sentimento verso di lui. R., la mia ragazza, era in un periodo nero e io cercavo di aiutarla: lei si attaccava a me, diceva di amarmi, che mi avrebbe voluto accanto tutta la vita. Io la aiutavo come potevo, ed in verità sono anche riuscito a tirarla su abbastanza, in quel periodo, ma nulla le dicevo di questa inaspettata novità che mi era piombata tra capo e collo. Credevo che dicendoglielo la avrei buttata ancora più giù, ancora più in depressione. Inoltre, e questo è forse il motivo principale del mio tacere, non osavo confessare neppure a me stesso ciò che stavo provando. Il tempo passava: Luglio. L., il ragazzo di cui vi parlavo, era sempre più al centro dei miei pensieri: mi trovavo a studiare funzioni e formule matematiche e, nel bel mezzo dei calcoli, il pensiero di lui mi assaliva, la sua immagine si proiettava dalla mia mente sui fogli, e io scoppiavo a piangere. Ogni tramonto estivo che vedevo, guardando l’orizzonte e repirando l’odore dei gelsomini che crescevano sul terrazzo della casa dei miei genitori, lo dedicavo a lui. Avrei voluto abbracciarlo, stringerlo a me e confessargli tutto il mio Amore, giacché in altro modo non so descrivere il sentimento che provavo per lui. Ogni volta che, dopo una prova della nostra compagnia, lo riaccompagnavo a casa, avrei voluto trovare una scusa per allungare il percorso, ma non la trovavo. E mi sentivo in colpa, profondamente, terribilmente in colpa verso R. E stavo male. E non avevo il coraggio neanche di essere sincero con me stesso. A fine luglio volevo solo partire: pensavo che con una bella vacanza tutto sarebbe passato, se ci ripenso ora posso solo darmi dello stupido. Partii per una mèta lontana, all’avventura, con due amici che conoscevano benissimo L., e continuai a pensare a lui, a dedicare a lui ogni meraviglia che vedevo nel mio viaggio. Avrei voluto parlarne con i miei amici, ma non osavo. Tornai verso il 25 agosto e fino al 6 settembre non riuscii a vederlo per via del fatto che lui non era tornato dalle vacanze: in quei giorni il suo pensiero si fece più forte che mai. A metà settembre la mia compagnia aveva in programma uno spettacolo, perciò io e L. avemmo modo di vederci molte volte. Furono dei giorni che ricordo come splendidi. Poter riaccompagnare L. alla porta di casa, essere in scena con lui, poterci parlare, e tutto per cinque giorni di seguito! In genere, per via del fatto che la mia compagnia si riuniva una volta a settimana e che io vivevo in un’altra città, ci vedevamo solo un giorno a settimana. Non dovete pensare che io avessi provato ad uscire da solo con lui: sono molto timido ed impacciato e, poi, ero a metà tra il sentirmi un bastardo nei confronti della mia ragazza e il non accettare ancora il mio sentimento verso L. Da certi comportamenti di L., in quei giorni di settembre, pensavo che lui aspettasse solo che io gli parlassi di questa cosa. Lì si aprì il baratro. Se lui si era accorto del mio Amore (che badavo sempre a non manifestare, essendo simile ad un vulcano apparentemente spento) che dovevo fare? Fu lì che infine accettai il mio sentimento: “lo amo”, mi dissi. Lo dissi tra me e me: sentivo il mio petto squarciarsi e la mia anima venir meno. “Come posso fare ciò verso R., la mia ragazza!”, mi dicevo, “sto sbagliando, sono un vile, mi odio!”. Verso inizio ottobre, ormai spossato, anche fisicamente (non dormivo più) da questi pensieri, mi confidai con alcuni amici che furono tutti sinceramente pronti ad aiutarmi. Mi convinsero a parlare ad L. Una sera presi coraggio e, dopo le prove, riaccompagnandolo a casa, gli confessai tutto, con molto impaccio ed in una maniera spaventosamente contorta. Lui mi disse di essersi accorto delle mie attenzioni, ma che era etero, e pertanto avremmo dovuto rimanere solo amici. Credetti di aver fatto un passo avanti, invece fu una terribile batosta. Ma andai avanti, senza smettere di sperare che un giorno avrebbe potuto funzionare. Alla metà del mese presi coraggio e ne parlai a R. Ella parve a tutta prima prenderla con molta naturalezza, dicendomi che le mie paure erano state stupide, che non dovevo pensare di farle del male dicendole le cose come stavano. Mi chiese inoltre se ancora la amavo. “Sì”, risposi io, ed era vero. Ma non osavo ammettere che un amore come quello che ancora provavo per L., era molto ma molto più intenso del sentimento che provavo ancora verso di lei. L. era per me qualcosa di sublime, accostare la sua immagine a qualsiasi volgarità sarebbe stato per me il peggiore dei delitti. In ogni caso ero confuso e stanco. R., in realtà, ebbe un grave contraccolpo da tutta questa vicenda ma, parlandone insieme e confrontandoci, entrambi metabolizzammo la cosa. Metabolizzare vuol dire accettare, la faccenda non era terminata. Continuavo ad amare sempre più L., avevo preso a scrivere poesie su di lui, nelle quali esaltavo tutto l’Amore che provavo. Cercavo, come sempre, di entrare in scena con lui, cercavo di parlarci in tutti i modi. Ma non avevo speranze.
Tutto il mio Amore verso L., così e forte e non ricambiato, tutta la mia disperazione trovarono sfogo in una reazione fisica: ebbi un problema agli occhi, tipicamente psicosomatico secondo tutti i medici, che da novembre è durato fino a metà marzo di quest’anno. E ora, che è successo in tutti questi mesi, vi direte? Dopo un percorso lungo e doloroso, ho infine accettato l’impossibilità che L. possa amarmi (tra l’altro si è pure fidanzato con una ragazza) e riesco, più o meno, a vederlo solo come un amico. Ho accettato la cosa, l’ho metabolizzata. E sono riuscito a farlo anche perché ho capito che posso innamorarmi di un ragazzo, e che probabilmente, se fossi stato più sincero verso me stesso, avrei evitato diversi dolori. Però cosa sono: sono etero? Gay? Non lo so bene. Continuo a stare con R., con cui parliamo quotidianamente di questi problemi, e che mi dice di sentirmi libero, di non mentirle. Io non so che rispondere, non sono mai veloce nelle mie scelte e sono un po’ in confusione. Vedo quanto lei ancora mi ama, sono sempre al centro del suo cuore. Io le voglio un bene infinito, per lei farei tutto. Però a volte mi dico che la amo, a volte invece penso che proprio non sia così, che sia semplicemente affetto, o tenerezza. In ogni caso, nulla a che vedere con ciò che ho provato per L. E ho paura ancora di farle del male, anche se ormai ho messo tutte le carte in tavola. E ho paura di agire da bastardo verso di lei. Insomma: che diamine dovrei fare? Che strada prendere? Confessare apertamente di essere gay (ma ne sono sicuro al 100%?) o rimanere in questo limbo, perdendo tempo ed illudendo R? Scusate, il messaggio è lunghissimo, me ne rendo conto. Spero non mi giudichiate male, sono una persona molto indecisa.

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konigdernacht
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Re: Quando amare mette di fronte a se stessi

Messaggio da konigdernacht » venerdì 12 aprile 2013, 1:43

Domanda da un 100 milioni di euro, cara identità euleriana!
Ti rispondo velocemente con qualche veloce riflessione creato ad hoc per il momento:

- ognuno di noi sa in cuor suo veramente come stanno le cose. La grande difficoltà è accettarlo ed ammetterlo a se stessi, prima ancora che agli altri.
Infatti, spesso è più difficile fare coming out con se stessi che con gli altri.

- prima di rovinare la vita di una ragazza mentendole e mentendo a te stesso di non essere gay, pensaci bene: o si dice da fidanzati o si dice quando si hanno figli, a giochi fatti e con 20 anni di menzogne alle spalle!

- sii sempre semplice, onesto, diretto e cristallino con le persone che ami veramente, e metà del lavoro è fatto! (cosa peraltro che mi risulta per come descrivi il rapporto con la tua ragazza)

Tanti tanti auguri di prendere la decisione migliore per te e la tua vita, fregandotene per ora degli altri (ma sempre rispettandoli) e pensando a capire te stesso!
Zerchmettert, zernichtet ist unsere Macht
wir alle gestürzt in ewige Nacht

Alyosha
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Re: Quando amare mette di fronte a se stessi

Messaggio da Alyosha » venerdì 12 aprile 2013, 2:31

Diciamo che la sequenza delle cose che non andavano fatte le hai fatte tutte e adesso è arrivato il momento di rilassarti, perché puoi solo cominciare ad indovinare. Le cose da non fare in genere sono: parlare alla propria ragazza dei propri dubbi sull'omosessualità e parlarne con la persona che si ama (che ovviamente se si è gay non è la propria ragazzA), nella speranza di essere ricambiati.
Però adesso allontaniamoci un attimo dalla questione omosessualità, perché purtroppo temo che a prescindere la tua relazione con questa ragazza sia basata su una richiestsa di aiuto che ti fa e che infondo ci stai più per la preoccupazione di non abbandonarla, che per amore. C'è poi da considerare il fatto che tu stesso hai forti problemi di accettazione, che la tua cotta per questo ragazzo ti ha fatto stare male e che non si capisce bene se in effetti continuare questa storia non ti serva per "proteggerti" da questo ragazzo, che se ho capito bene continui a vedere. Insomma più che una coppia al momento mi pare una triangolazione. Mi chiedo soltanto se il ragazzo in questione fosse stato gay e innamorato di te, cosa ne sarebbe stato della tua storia d'amore con la ragazza. Mi ha molto incuriosito (in realtà per nulla se conoscessi la mia storia) che non hai mai usato la parola bisessuale, ti ritieni gay e tuttavia stai con una ragazza, insomma è facile capire che sei più intrappolato in questa storia che contento di starci. Non dico che non l'hai amata, però insomma desiderare il corpo dell'uomo e intanarsi in una relazione con una donna è un giochetto che funziona finché non inciampi e nel tuo caso l'inciampo è stato il ragazzo.
In questo momento non c'è nulla che ti potrei seriamente consigliare, hai veramente bisogno di fare silenzio dentro per un pò e capire come stanno le cose. Sono profondamente persuaso che il passo più importante sia stato iscriverti qua dentro. Una cosa è essere gay altra cosa è iscriversi in un forum gay, che significa poi accettare la propria omosessualità e cominciarla a socializzare. Il tempo ti suggerirà meglio cosa fare, al momento mi verrebbe da chiederti... solo ci sapresti stare? Senza lei, ne senza di lui... Non è affatto semplice abituarsi alla cosa, ne per te lo sarà staccarsi da questa storia...
Anche perché nel frattempo lei mica non l'ha capito che ami lui.... leggendoti è chiara come il sole la differenza tra quello che provi per lei e quello che provi per lui e mi chiedo perché mai accetti di continuare a stare con te.
Non o se ti sono stato d'aiuto, purtroppo certe scelte hanno bisogno di maturare ben benino dentro.
Per intanto benvenuto!

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e^ip+1=0
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Re: Quando amare mette di fronte a se stessi

Messaggio da e^ip+1=0 » sabato 13 aprile 2013, 0:30

Beh, la situazione è molto strana, lo so: nella fattispecie il comportamento della mia ragazza appare paradossale. Lei sa tutto quel che è accaduto, anche perché gliene ho parlato fino in fondo (conosce benissimo anche L., con cui talvolta le è capitato di incontrarsi, assieme a me e ad altri amici, e con il quale parla con la massima tranquillità). Mi ha detto lei stessa di sentirmi libero. Ha affermato che se dovessi capire di essere gay dovrei dirglielo: la nostra storia finirebbe, io inizierei una nuova vita, in un certo senso, ma lei non porterebbe rancore. Io so però che lei mi ama ancora, immensamente, sebbene non me lo dica.
L., invece, non ha cambiato atteggiamento, è sempre amichevole: ora però, finalmente, mi sono fatto una ragione dell'impossibilità di costruire una storia con lui. Come vedete, il pregio di tutto questo paradosso è che la situazione è serena: con serena intendo adatta a farmi ragionare con lucidità su ciò che sto facendo. I presupposti per una scelta libera ed equilibrata ci sono tutti: e in cuor mio, se ragiono con me stesso, la decisione l'ho presa. Lo ammetto ora per la prima volta, e mi sento un po'stranito. Probabilmente più che della mia scelta, ho paura delle conseguenze che potrebbe avere su R.: è da lì che nasce l'indecisione sul da farsi, tutta la confusione. Ciò che non è sereno infatti, secondo me, è l'animo di R. So che, lasciandola ora, le farei male, anche se lei si finge più forte di quel che è. Ed è questo che ancora mi blocca. In generale la mia paura è sempre quella di far star male le persone.
In ogni caso, avete ragione: portare avanti le cose per inerzia è pessimo per entrambi, fa davvero più male quello che la verità. Devo trovare il coraggio di essere sincero con lei e dirle che non possiamo più stare insieme. Però quanto tengo a che questo passaggio non sia per lei un trauma! Mi sento un po'colpevole: in ogni caso, se ho illuso, è perché in primis ho illuso me stesso, e certo non l'ho fatto per piacere né con reale consapevolezza.
Se leggo la mia risposta, mi rendo conto che comunicare a qualcuno per iscritto aiuta a chiarire certe idee. Più che altro scrivere mi fa ragionare lentamente e vedo le cose come stanno (almeno spero).
Vi ringrazio molto, vi terrò aggiornati, in ogni caso. Purtroppo, per una serie di questioni che non dipendono da me, da qui al 10 maggio mi vedrò molto di sfuggita con R. Sarà forse un utile limbo ad ulteriori meditazioni.
Grazie ancora a tutti! :)

Alyosha
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Re: Quando amare mette di fronte a se stessi

Messaggio da Alyosha » sabato 13 aprile 2013, 7:15

Con me vai sul sicuro, io ho capito di essere gay 13 anni fa ma per 11 anni sono stato fidanzato con ragazze che sapevano che fossi gay, le donne sono strane o comunque le meno adatte in questo esatto tipo di circostanze. Il punto è che è innamorata e non capisce bene cosa sia l'omosessualità e non lo capisci bene neanche tu, però vedi al fondo della questione c'è che non la ami. Provi affetto, stima e un legame molto forte, ma non è amore e di questo puoi esserne certo proprio confrontando cosa è successo con L.. E' proprio la tipologia si trasporto diversa, un sentire con il corpo e con l'anima, una sensazione che per una donna non proverai mai. Lei non deve avere troppa stima di sé per "accontentarsi" di un gay e comunque sui sensi di colpa non si costruisco grosse relazioni...
La domanda per me resta, tu da solo ci sai stare? A lei penserà lei stessa, la vita degli altri non è un problema tuo, hai da fare tanta chiarezza e ti serve tutto il tempo di cui hai bisogno. Ti farà bene confrontarti qua dentro vedrai!

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Re: Quando amare mette di fronte a se stessi

Messaggio da e^ip+1=0 » sabato 13 aprile 2013, 17:46

La risposta alla tua domanda è sì: da solo so stare, su questo sono sicuro. Certo sarei triste se non dovessi più rivedere R. Ma questo non accadrà: ho già sperimentato, e ben due volte, che le relazioni finite possono diventare splendide amicizie. C'è chi lo può trovare strano, ma ho sperimentato che può funzionare. :) E forse sarà bene per entrambi che così diventi.
Una cosa sola non mi è chiara: cosa intendi con il fatto che non capisco cosa sia l'omosessualità? Può darsi che sia così, ma vorrei approfondire ciò che tu intendi.
Sai,per quanto riguarda R., lei si è sempre molto appoggiata a me, e questo fa sì che quasi in automatico mi preoccupi della sua esistenza. Però il nostro rapporto non è fondato solo su questo, ti assicuro. Beh, in ogni caso ti ringrazio e attendo una tua risposta. ;)

Alyosha
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Re: Quando amare mette di fronte a se stessi

Messaggio da Alyosha » sabato 13 aprile 2013, 19:30

No no con me vai sul sicuro te l'ho detto... Una delle mie ex-ragazze e attualmente una delle mie migliori amiche. Però non ci siamo visti per 7 anni e ripreso i rapporti solo quando io avevo deciso di accettare e vivermi la mia omosessualità.
Hai tempi scrissi un post per cercare di spiegare il tutto. Ragionai molto sul perché pur sapendo di essere gay fossi corso dalle ragazze per tutti questi anni e del perché le ragazze accettassero di stare con un gay dichiarato (solo a loro ovviamente). Devo però dirti che a parte la mia prima storia che lo scoprì a lavori in corso (più o meno come sta succedendo a te adesso), le altre lo sapevano fin dall'inizio della storia. Era più un modo di presentarmi, per testarle... e insomma le riflessioni le trovi un pò qui.

viewtopic.php?f=24&t=1140

Boy-com sono sempre io o meglio il mio vecchio nick.
Per adesso posso dirti solo di concentrarti su te stesso e prendere atto in modo coerente del fatto che non la ami più. Le circostanze cambiano e cambiano anche i sentimenti. Non hai bisogno di essere gay per riconoscere che non ci vuoi più stare. Adesso dopo tre anni di percorso ti consiglierei di non centrare la questione sull'omosessualità rispetto a lei. Dal suo punto di vista non ha nessuna importanza che tu sia gay o marocchio o un marziano conta solo se tu vuoi stare o non stare con lei e dal suo punto di vista ha pure ragione. I dubbi sulla tua identità sessuale sono tuoi e te li devi risolvere da solo. Con lei ci vuoi stare o no? Ci stai bene o ti sneti monco di qualcosa? Questa è la questione fra te e lei. Non puoi usarla come amica e come ragazza nello stesso tempo. Non è una tua amica, ma una persona che ti ama e ti desidera sessualmente la doppia parte in commedia non la può fare. Quando le sarà passata e quando tu avrai le idee chiare si vedrà, se il rapporto è solido e mostrerete tanta pazienza (tanta) e di rispettare ciascuno i tempi dell'altro forse è anche possibile costruire un'amicizia, ma non adesso, non così, non prima di avere sperimentato una reale distanza ed essersi chiariti ciascuno le sue cose (anche lei deve chiarire le sue). Le relazioni di amore non sono relazioni di mutuo soccorso (mi dilungherei ore sull'errata formula "nella buona e nella cattiva sorte", ma lasciamo perdere), si iscrive ad un'associazione di volontariato se ha bisogno di aiuto o va da uno psicologo e lo stesso ovviamente vale per te. Frequenta forum e asssociazioni gay (esattamente come stai cominciando a fare) se hai bisogno di aiuto lei non può esserti di alcuna utilità in questo tuo percorso, semmai di ostacolo perché contribuisce a tenerti fermo e ancorato al passato. La stessa cosa vale anche al contrario ovviamente.

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Re: Quando amare mette di fronte a se stessi

Messaggio da e^ip+1=0 » lunedì 15 aprile 2013, 10:56

Sì, sì, ma infatti sono d'accordo con te: stare una persona non significa essere una crocerossina né un appoggio continuo. Il nostro rapporto, in ogni caso, non è nato così, quando eravamo all'inizio. Poi a momenti lo è diventato, specialmente alla fine dello scorso anno. In generale abbiamo condiviso moltissime cose: non vorrei far passare l'idea che stessimo insieme per fare l'uno l'infermiere dell'altro. :) Comunque, ragionando con me stesso, concordo: se va avanti ora diventa una farsa e fa male ad entrambi. E se esito a lasciarla, non è certo perché voglio la sua protezione, come dicevo sopra (anche perché agire così sarebbe molto scorretto). Non sarà possibile che non ci si veda più per un po' poiché R. è all'università insieme a me, ma questo per me non è un problema se tra noi due c'è sincerità e c'è la consapevolezza che la storia è finita e che può cominciare un nuovo rapporto d'amicizia. In ogni caso, ragionerò su me stesso per cercare di ordinare un po' ciò che provo dentro.
Ti ringrazio poi di avermi fatto vedere l'altro tuo post, apre molte riflessioni interessanti. Mi sono anche un po' stupito: non pensavo ci potessero essere tante ragazze che accettassero di stare con un gay. R., per esempio, non rientra tra queste. Da persona splendida quale è mi ha dato il tempo e la libertà di scegliere, ma se la scelta sarà l'omosessualità (e credo lo sarà) mi ha detto che non staremo più insieme (molto comprensibilmente). Ringrazio molto chi ha risposto a questo messaggio e tutti quanti, in vario modo, mi hanno ben accolto nel forum. ;)

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Blackout
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Re: Quando amare mette di fronte a se stessi

Messaggio da Blackout » lunedì 15 aprile 2013, 18:03

Ciao e^ip+1=0 il tuo post mi ha reso molto chiara la situazione in cui stai passando e devo dire che hai trovato una persona molto intelligente e sensibile con cui hai potuto vivere tutto ciò. Se dovessi, come lasci trasparire, scegliere di non stare più con R. ti auguro di conservare almeno l'amicizia con lei. Per il resto Alyosha è stato molto giusto nel darti consigli: non farti influenzare dalle conseguenza che le tue scelte avranno nell immediato, è chiaro che del dolore nasce sempre da una separazione ma la mortificazione di entrambi nel proseguire una strada di falso amore sarebbe molto peggio.
Mi rendo conto che deve essere stato sconvolgente vivere un cambiamento interno come il tuo ma devo farti i complimenti per aver avuto il coraggio di affrontarli e farsene carico, a suo tempo io preferii nascondere la testa sotto la sabbia e pagherò sempre il peso di quella vigliaccheria. Bravo!! E se non l ho ancora fatto, benvenuto!
Il vero Io è quello che tu sei, non quello che hanno fatto di te. (P. Coelho)

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Re: Quando amare mette di fronte a se stessi

Messaggio da e^ip+1=0 » lunedì 15 aprile 2013, 19:03

Grazie Blackout di quello che dici. Uno dei miei principali obiettivi sarà proprio quello di ricostruire con R., dopo che ci saremo lasciati, un solido rapporto d'amicizia. Quando ci saranno novità, e un po'di tempo ci vorrà per questioni puramente logistiche, come ho scritto in una risposta più sopra, vi dirò come saranno evolute le cose. Nel frattempo, in questo breve tempo, mi sto accorgendo che la mia scelta è fonte di serenità interiore. Magari è solo un'impressione, visto che sono da poco uscito dal gorgo della non accettazione di me stesso, però già mi sento sgravato da un peso psicologico che, più o meno manifestamente, gravava su di me da troppo tempo.

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