Messaggio
da IsabellaCucciola » giovedì 17 settembre 2015, 10:45
Sono entrata in una delle case.
Da una finestra entra la fioca luce dei lampioni. I mie piedi incominciano a muoversi verso l’interno della casa.
Tutte le pareti sono formate da piastrelle bianche sporche, mi sembra di stare in un mattatotio.
L’aria che respiro è piena di angoscia.
Continuo a camminare e niente cambia, solo mattonelle bianche sporche.
A un certo punto sulla mia sinistra vedo uno specchio sporco.
Mi ci avvicino. Vedo il mio riflesso nello specchio, mi passo una mano sul viso, e dove le mie dita sono passate, vedo che al mio riflesso si è aperto un taglio che incomincia a sanguinare. Sconvolta guardo la mia mano e non vedo nulla, ma quando guardo il mio riflesso vedo che dalle sue dita cola del sangue.
Decido di farlo ancora per vedere cosa succede, e ogni volta che le mie dita sfiorano la mia pelle al mio riflesso si aprono ferite.
Sento dentro di me crescere un piacere, voglio continuare.
Alla fine mi metto a ridere a guardare la mia faccia riflessa nello specchio, un viso dilaniato dai tagli, mi metto a ridere perché sono felice di aver iniziato questo emorragico gioco. Poi decido di ferirmi sul serio, prendo un rasoio che ho in tasca, e me lo passo sulla guancia, e dove prima la immagine riflessa aveva un taglio questo scompare, la ferita si rimargina. Guardo il rasoio, da cui gocciola il sangue e me lo incomincio a passare su tutto il viso, e a ogni squarcio che mi faccio, il taglio del mio riflesso scompare.
Quando ho finito lo specchio riflette il mio viso pulito, senza neanche l’ombra di un ferita, e in quel momento le pareti, il pavimento e il soffitto diventano degli specchi che riflettono il mio volto martoriato dalle ferite.
Vedo il mio viso dilaniato dai tagli moltiplicato, e in quel momento vorrei morire.
Adoro la notte. Andare in giro quando non c’è nessuno, camminare e non fermarsi più. Giorgio e io ci siamo incontrati alle nove al solito posto (un bar vicino a casa mia) e siamo andati a fare un giro, voleva prendere la sua macchina, ma gli ho detto che non mi andava, preferivo camminare.
“Dove andiamo?”
“Prendiamo l’auto e poi decidiamo dove andare, l’ho parcheggiata qui vicino.”
“No, andiamo a piedi.”
“Vuoi andare a piedi?”
“Sì,” e lo abbraccio.
“Che succede?”
“Niente, volevo abbracciarti.”
“È un po’ di tempo che ti vedo... strana...”
“Non sono strana!”
“Voglio dire che è un periodo che... mi sembri triste.”
“Non sono triste.”
Vorrei chiedergli se mi vuole bene, ma non riesco a pronunciare quelle parole. Vorrei dirgli che gli voglio bene, che mi sento fortunata di averlo conosciuto, vorrei dargli tanti baci, ma non riesco a fare nessuna di queste cose, perché sento dentro di me strisciare qualcosa di brutto, e poi sono così confusa da quello che sento.
Camminiamo senza parlare, senza una meta.
Io cerco di non pensare a nulla di brutto, però la mia mente continua ad andare a quella stronza che ho incontrato, e che ha deciso ancora una volta di farmi soffrire, e poi ho anche altri pensieri, su persone che invece di starmi vicino, si sono limitate a darmi risposte preconfezionate al mio dolore, le classiche persone che non riescono a capire quello che passano gli altri, le classiche persone che banalizzano i problemi altrui.
Cerco di scacciare questi pensieri che mi stanno facendo venire il malumore, e poi sono con Giorgio, non voglio pensare alle cose brutte, e all’improvviso penso a quanto mi piacerebbe abbracciare Giorgio, lo sento proprio fisicamente.
Abbracciarlo, e avvicinare il mio viso al suo, le mie labbra alle sue, e unirle in un bacio. Porca miseria, come avrei voglia di baciarlo... Chissà se mi puzza l’alito... porca miseria ma perché non mi porto mai dietro delle mentine o qualcosa per l’alito?
Sono talmente immersa in questi pensieri, che non mi accorgo che Giorgio mi sta parlando.
“Cosa... cosa stavi dicendo?”
Giorgio mi guarda un po’ sconvolto.
“Tutto bene Alice?”
“Sì... sì tutto bene,” gli dico lentamente. Sono ancora immersa nella fantasia. Terra chiama Alice, SVEGLIA!!!
“Sei sicura di stare bene?”
“Sto benissimo, ero solo immersa nei miei pensieri, e non ti stavo ascoltando.”
Mi sembra perplesso, ma non posso certo dirgli che stavo fantasticando sul fatto che vorrei baciarlo. O forse no?
Perché invece di farmi domande stupide non pensi a baciarmi? Io lo vorrei tanto... vorrei dirgli con aria seduttiva, passandomi la lingua sulle labbra, e toccarlo...
“Dove vogliamo andare?” mi chiede.
“Sai che non è ho idea? Aspetta! Ti ricordi dove c’è quel bar... aspetta come si chiama... il Bar Pietro, ti ricordi?”
“Sì, una volta abbiamo mangiato lì a pranzo.”
“Ok, lì vicino c’è quel parco, possiamo andare lì, sederci su una panchina, no? Oltretutto è anche qui vicino, non dobbiamo neanche camminare tanto.”
“Sei già stanca?”
“Non sono stanca,” gli dico, stringendogli un braccio, “però ho voglia di sedermi. Quanto mi piace la notte.”
“L’ho notato che ti piace, ogni volta che usciamo non vuoi più tornare a casa.”
“Adoro la notte, perché c’è una pace, una quiete, non trovi in giro nessuno, c’è un silenzio meraviglioso.”
Arriviamo al parco e ci sediamo su una panchina. Incomincio a sentirmi meglio, più rilassata. Sarà il freddo, sarà la notte.
“Hai dei problemi in questo periodo Alice?” mi chiede Giorgio in modo diretto, e pur non stupendomi della domanda, la trovo comunque una cosa inaspettata.
“Te l’ho già detto, sono solo un po’ stanca, e poi se non rido tutti i giorni, non significa mica che sto male.”
“Sei sempre lì che scherzi, però molte volte mi chiedo se sei veramente felice o se usi la simpatia come una maschera.”
“Ma sei uno psicologo?”, cerco di buttarla sul ridere, ma Giorgio non ci casca.
“Vedi? È così che fai, ogni volta cerchi di distogliere l’attenzione dalle domande scomode che ti fanno.”
“Sono diventata brava, è un lavoro che richiede anni di esercizio. Ma l’esercizio non basta mai.”
Mi prende una mano, e mi chiede:
“Perché lo fai allora? Non è una fatica ogni volta?”
Perché nessuno mi potrebbe capire, perché le persone non riescono ad accettare certe cose, perché le persone sono egoiste, perché la mia vita è più complicata di quanto sembra, vorrei rispondergli.
In quel momento vorrei anche parlargli di lei, ma ho paura, ho paura che parlandogliene lui venga “infettato” da questa cosa, che anche lui incominci a pensarci. Lo so che a dirlo sembra una cosa assurda, però il solo pensare che
Giorgio possa riflettere su quanto gli dico, che ci pensi mi fa impazzire, io non voglio che lui pensi a certe cose, lui... lui certe cose non le deve sentire, le persone buone come lui non devono venire corrotte da certe cose, e poi mi immagino cosa penserebbe di me, mi guarderebbe sotto una luce diversa?
Forse no, forse cercherebbe di capirmi. Però questa è solo un’ipotesi. Il problema è che potrei perdere Giorgio, e questo non lo posso tollerare.
“Se non te la senti di parlarne a me va bene.”
Gli stringo la mano, e non so cosa dire. Ma perché la vita deve essere così complicata?
Vorrei parlargli, sfogarmi, ma Giorgio non capirebbe, solo chi ha visto la parte peggiore di sé può capire quello che ho provato, chi è stato faccia a faccia con la parte più oscura che ha dentro sa cosa significa lottare per non perdere il controllo, e io voglio che Giorgio non conosca mai quella parte.
Sento che sto per perdere il controllo.
Alice, fai la brava, mi dico, fai la brava, non stare a pensarci, anche se ti viene in mente pensa a qualcosa di bello, non fare si che l’angoscia ti faccia pensare a qualcosa di brutto, non pensare al ferirti, non pensare a quelle brutte cose. Non pensare al piacere che ti darebbe ferirti davanti a Giorgio.
Ti prego Alice cerca di essere forte, ti prego. Ce la puoi fare Alice!
Mi sto sentendo un po’ meglio. Tutto è stato così veloce, diciamo che anche per questa volta sono riuscita a controllarmi, ma ci sono delle volte in cui la battaglia è veramente dura, anche perché la mia “avversaria” è bella tosta.
“Giorgio...” Alice fai un bel respiro profondo e cerca di rilassarti, “senti che ne dici se ne parliamo un’altra volta? Questa sera voglio pensare solo a cose belle.”
Vedo nel suo sguardo che è preoccupato, e capisco che sta lottando anche lui perché da una parte vorrebbe insistere, sapere cosa mi fa stare così male, ma dall’altra sa che più mi si fanno pressioni e più mi infastidisco.
Ogni sera quando mi ferisco una parte di me si chiede cosa stia facendo, ma io non so cosa risponderle. Guardo il sangue colare dalla ferita, colare a terra, goccia dopo goccia, come una clessidra.