OMOSESSUALITA’ DI ALESSANDRO MAGNO

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OMOSESSUALITA’ DI ALESSANDRO MAGNO

Messaggio da progettogayforum » lunedì 28 luglio 2014, 18:43

Ben poco sappiamo della omosessualità vissuta in età antica dai ceti popolari e da quelli intermedi, qualche notizia in più possediamo sulla omosessualità dei re e dei grandi personaggi. Tra i grandissimi della storia a proposito dei quali si parla di omosessualità, c’è Alessandro magno.

La questione degli amanti (uomini e donne) di Alessandro è stata molto dibattuta, tanto che sul tema è stato scritto un libro specifico molto serio e documentato “Alexander’s lovers” di Andrew Michael Chugg.

Veniamo ora allo specifico.

Mary Renault ha scritto nel 1972 un bel romanzo storico “The Persian Boy”, pubblicato in Italia nel 1994 col titolo “il ragazzo persiano”. La storia raccontata dalla Renault è per alcuni aspetti terribile: un ragazzo persiano di circa 10 anni vede la sua famiglia, di nobili origini, assalita e sterminata dai nemici del padre, lui è il solo sopravvissuto ma viene catturato e castrato, costretto a lavorare in un harem e avviato non ancora tredicenne alla prostituzione. In una situazione del genere un ragazzo deve aguzzare l’ingegno e farsi forte delle debolezze altrui, se vuole sopravvivere. All’età di 13 anni viene venduto a Dario III, ultimo re achemenide, che aveva conosciuto suo padre. Dario si innamora del ragazzo ne fa il suo eromenos, e in questo lo distingue dagli altri numerosi eunuchi presenti alla sua corte, che pure rivestivano non di rado cariche importanti, lo tratta anche con rispetto e gli consente una buona condizione di vita come preferito del re. La situazione di Bagoas sembrerebbe ormai dignitosa e addirittura prestigiosa, ma nel 334 a.C. Alessandro entra in Persia.

Nel 333, Dario è sconfitto nella battaglia di Isso, in cui, secondo Plutarco, muoiono circa 110.000 persiani (Plutarco, Vita di Alessandro, 20,10). Dario fugge a cavallo abbandonando la battaglia. La famiglia di Dario e il tesoro cadono nelle mani di Alessandro. Dario offre ad Alessandro un ingente riscatto per riavere la sua famiglia ma Alessandro non ne vuole sapere, Dario si riorganizza e il primo ottobre del 331, in Iraq, si scontra nuovamente con Alessandro nella battaglia di Gaugamela ma, dopo lunghe incertezze la sorte è di nuovo favorevole ad Alessandro. Dario è nuovamente costretto a fuggire per continuare la lotta.

Entra qui in scena un altro personaggio, Nabarzane, che nella battaglia di Isso aveva comandato la cavalleria, 20.000 frombolieri e gli arcieri dell’ala destra dell’esercito persiano. È probabile che Nabarzane avesse avuto una posizione di primo piano anche nella battaglia di Gaugamela, fugge comunque insieme con Dario, alla fine della battaglia. Ormai Dario è nella mani di Nabarzane e del satrapo di Battriana, Besso, che ufficialmente sono suoi alti dignitari ma in realtà lo tengono prigioniero. Nel giugno del 330 Dario III viene ucciso da Besso, che spera con questo gesto di ingraziarsi l’amicizia di Alessandro.

Dopo l’uccisione di Dario III, Bagoas finisce nelle mani di Nabarzane. La situazione di Bagoas sembra di nuovo precipitare verso l’abisso.

Nabarzane, che era stato nella prima fase della guerra uno dei nemici più temibili di Alessandro, deve farsi perdonare l’uccisione di Dario III e l’amicizia con Besso, cose entrambe non gradite ad Alessandro, ma Nabarzane sa che ad Alessandro piacciono molto i ragazzi e pensa di offrire Bagoas ad Alessandro come dono di riconciliazione. Chiede quindi a Bagoas di accompagnarlo presso Alessandro e di aiutarlo ad ottenere il perdono del re. Bagoas accetta la proposta di Nabarzane, che d’altra parte non ha alternative.

Curzio Rufo, uno storico romano del tempo di Claudio, nella sua “Storia di Alessandro” così ci presenta Bagoas, che non era originariamente un nome proprio ma una trascrizione greca di un termine persiano che vuole dire eunuco.

“Frattanto erano arrivati alla città dell’Ircania dove era stato costruito il palazzo di Dario; lì Nabarzane, avendo ricevuto un salvacondotto, incontrò Alessandro, avendo portato grandi doni, fra questi c’era Bagoas, un eunuco di notevole bellezza e nel fiore dell’adolescenza [aveva probabilmente 15 anni], che era stato amato da Dario e sarebbe stato poi amato dallo stesso Alessandro e fu soprattutto per le suppliche del ragazzo che Alessandro fu indotto a perdonare Nabarzane.”[1]

Bagoas passa così dalle mani di Nabarzane a quelle di Alessandro. Dopo i primi tempi difficili al seguito dei Macedoni, di cui Bagoas non conosce né la lingua né le abitudini, il ragazzo comincia ad apprezzare Alessandro e Alessandro non lo tratta come un prostituto o come uno schiavo ma come un amante e manifesta pubblicamente comportamenti affettuosi verso di lui. Il rapporto di Alessandro con Bagoas non viene meno neppure dopo il matrimonio tra Alessandro e Rossane.

Plutarco (46-48 d.C. - 125-127 d.C.) nella Vita di Alessandro 67.8 così scrive: “si dice che Alessandro, quando era ubriaco [in Carmania nell’anno 325, quando Bagoas doveva avere circa 20 anni] stava assistendo ad una gara di danza. Il suo amato Bagoas vinse la gara e fu premiato, attraversò il teatro ed andò a sedersi accanto ad Alessandro. Vedendo ciò i Macedoni applaudirono e gridarono “dagli un bacio!” finché Alessandro non lo abbracciò e bacio appassionatamente”.

In un brano dei Deipnosophistai, Ateneo di Naucrati (Athen. 603 a-b), morto dopo il 192 d.C., dice che Alessandro era follemente attratto dai ragazzi e continua così: “Comunque, Dicearco [discepolo di Aristotele come lo stesso Alessandro], nel Sacrificio presso Troia, dice che egli [Alessandro] era dominato dall’eunuco Bagoas, tanto che davanti a tutto il teatro si chinò e lo baciò appassionatamente e poiché gli spettatori applaudivano e gridavano lui non disobbedì loro ma si chinò e lo baciò un’altra volta.” Ateneo non parla di ubriachezza di Alessandro, come fa Plutarco, ma riferisce la notizia come derivata da Dicearco da Messina (350 a.C.-290 a.C.) cioè da una fonte contemporanea di Alessandro e quindi attendibile. (N.G.L. Hammond – Sources for Alexander the Great. Cambridge classical studies p. 125-126)

Tuttavia non bisogna farsi sviare da racconti di questo genere, il rapporto tra Alessandro e Bagoas non ha nulla in comune con i rapporti omosessuali di oggi tra persone libere e di condizione sociale più o meno simile. Bagoas, cresciuto in ambienti di inusitata violenza non era certo uno sprovveduto e un episodio riferito da Curzio Rufo ce lo presenta spietato verso chi gli manca di rispetto e lo offende imputandogli la sua condizione di castrato come se fosse una colpa.

“Si giunse dunque a Pasargade: è una gente persiana il cui satrapo era Orsines, eminente fra tutti i barbari per nobiltà e ricchezze, la sua stirpe risaliva a Ciro, un tempo re dei Persiani, aveva ricchezze ereditate dai suoi antenati e ne aveva accumulate molte egli stesso attraverso un lungo esercizio del potere.

Egli andò dunque incontro al re con doni di ogni genere, non solo per il re ma anche per tutti i suoi amici. Intere mandrie di cavalli domati lo seguivano e carri adornati d’oro e di argento, suppellettili preziose e nobili gemme, vasi d’oro di gran peso, vesti di porpora e 3000 talenti di monete d’argento.

Tanta benignità fu comunque la ragione della morte di questo barbaro. Infatti, dopo avere compiaciuto tutti gli amici del re con doni ben al di sopra delle loro aspettative, non rese alcun onore all’eunuco Bagoas che aveva legato a sé Alessandro attraverso la prostituzione; avvisato poi da qualcuno che Bagoas stava a cuore ad Alessandro, rispose che stava onorando gli amici del re e non le puttane del re e che non era abitudine dei Persiani accompagnarsi con maschi che si erano resi femmine tramite la prostituzione.

Udite queste parole l’eunuco esercitò contro quell'uomo eminente e senza colpa il potere che egli aveva guadagnato con la vergogna e col disonore. Istruì segretamente i tipi meno raccomandabili di quella popolazione a sostenere false accuse, avvisandoli di non rendere pubblico nulla fino a quando egli stesso non avesse dato loro il segnale. Frattanto, ogni volta che non c’erano testimoni presenti, riempiva le credule orecchie del re dissimulando la causa della sua ira, al fine di fornire maggiore credibilità alle accuse.

Orsines, anche se ancora non era sospettato era comunque molto meno stimato, dato che era incriminato in segreto, senza essere consapevole del pericolo nascosto. E quello svergognato prostituto, che non si dimenticava dei suoi imbrogli nemmeno nello stupro e nel dovere sopportare la vergogna, ogni volta che riusciva ad accendere l’amore del re nei suoi confronti, accusava Orsines, qualche volta di avarizia e qualche volta addirittura di tradimento.

Le menzogne erano ormai mature per la disgrazia dell’innocente e il fato, che è inevitabile, si avvicinava. Per caso Alessandro diede ordine che fosse aperto il sepolcro di Ciro, dove era custodito il suo corpo, al quale voleva dare esequie solenni, e aveva creduto che fosse un nascondiglio pieno di oro e di argento perché i Persiani avevano lasciato credere che fosse così, ma oltre il suo scudo molto rovinato, due archi scitici e una scimitarra non trovò nulla.

Comunque, dopo avere posto una corona d’oro sul sepolcro, dove giaceva il corpo, lo coprì con il mantello che lui stesso era solito indossare, meravigliandosi che un re di così grande nome e tanto ricco non fosse stato sepolto in modo più solenne di un plebeo.

L’eunuco gli stava al fianco e guardando il re gli disse: “Non c’è da meravigliarsi che le tombe dei re siano vuote quando le case dei loro satrapi non possono contenere l’oro che essi ne hanno portato via! Quanto a me non avevo mai visto la tomba prima, ma avevo saputo da Dario che 3000 talenti d’oro erano stati seppelliti con Ciro. Ecco da dove viene quella generosità verso di te! Donando quello che non poteva tenersi impunemente, Orsines avrebbe comunque conquistato i tuoi favori.”

Aveva ormai già spinto il re alla collera quando arrivarono quelli con coi quali Bagoas si era messo d’accordo. E così lo stesso Bagoas e quelli che lui aveva istruito riempirono le orecchie del re con false accuse. Prima che Orsines potesse sospettare di essere accusato, fu messo in catene.

Non contento della punizione di un innocente, l’eunuco stese la sua mano contro il condannato a morte. Orsines lo guardò e disse: “Avevo saputo che in Asia un tempo avevano regnato delle donne, ma è veramente una novità che a regnare sia un castrato!” Questa fu la fine di uno dei più nobili dei Persiani, non solo innocente ma di esimia generosità verso il re.”[2]

Tutto il racconto di Curzio Rufo tende a dipingere Bagoas come un individuo viscido che arriva ad imporre il suo potere, conquistato con la prostituzione, costringendo addirittura Alessandro a condannare a morte di un innocente.
Certo il quadro dipinto da Curzio Rufo è del tutto diverso da quello che emerge del romanzo di Mary Renault, che nella omosessualità vede un valore positivo.

Va tenuto presente che Bagoas è un personaggio poco conosciuto dal grande pubblico, che è abituato ad associare l’idea della possibile omosessualità di Alessandro ad un altro personaggio: Efestione, nobile Macedone, nato nello stesso anno di Alessandro e divenuto in pratica in numero due dell’impero di Alessandro.

Alessandro, che non aveva mai celato i suoi sentimenti verso Bagoas a maggior ragione non nascose quelli verso Efestione ma cercò di definirli in base al modello rappresentato da Achille e Patroclo, sottolineando le analogie.

Arriano così racconta: “Quando [Alessandro] arrivò a Troia, Menezio, il pilota, lo incoronò con una corona d’oro e dopo di lui Cares Ateniese, che veniva da Sigeum, così come alcuni altri, sia Greci che locali, fecero la stessa cosa. Alessandro allora decorò la tomba di Achille con una ghirlanda, e si dice che Efestione abbia decorato quella di Patroclo nello stesso modo.” (Arriano, Anabasi di Alessandro, 1, 12, 1)

Plutarco aggiunge anche che Alessandro corse nudo insieme ai compagni attorno alla tomba di Achille: “Inoltre unse di olio la pietra tombale di Achille e, secondo l’uso partecipò nudo a una gara di corsa lì accanto, e incoronò la tomba con delle ghirlande, dicendo che l’eroe [Achille] era stato fortunato nell'avere. in vita. un amico fedele [Patroclo] e, dopo morto, un grande araldo della sua fama [Omero].”(Alex. 15, 8).

Va sottolineato che la nudità nelle gare atletiche era la regola e non aveva alcuna valenza sessuale, neppure vagamente simbolica. Ricordo che la parola greca “ginnasio” (greco γυμνάσιον), che indicava qualcosa di simile alla nostra palestra, deriva da γυμνός «nudo» proprio perché i giovani nei ginnasi si cimentavano nudi nella gare atletiche.

Il rapporto tra Alessandro ed Efestione, modellato su quello di Achille e Patroclo, è lontanissimo dal rapporto tra Alessandro e Bagoas. La vera ragione della diversità non sta nel fatto che Bagoas fosse un eunuco mentre Efetsione era un militare di carriera dalla indiscussa virilità, la differenza sostanziale tra Efestione e Bagoas è la differenza di rango sociale. Con Bagoas si può scherzare anche in pubblico, mentre Efestione deve essere presentato come un modello.

Va detto che, comunque, la storiografia, in particolare quella romana, ha cercato di svalutare anche il ruolo militare e politico di Efestione. I tempi cambiano e con essi anche la storia viene rivisitata e reinterpretata. Una sola domanda sorge spontanea: che cosa hanno le storie cosiddette omosessuali di Alessandro in comune con la moderna omosessualità? La risposta è netta: in comune c’è ben poco. Bagoas non può che seguire la sua sorte e deve forzarsi ad accettare l’amore (ma è veramente tale?) di personaggi del calibro del re di Persia e di Alessandro magno. Lo stesso Efestione, pur colmo di onori, non è comunque un uomo libero perché l’uomo che lo onora, che lo celebra e forse lo ama è pur sempre il suo re e il suo padrone. Il mondo di oggi ha guadagnato almeno in parte la categoria della libertà e questo conta moltissimo anche nella vita affettiva e sessuale.
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[1] Iam ad urbem Hyrcaniaein qua regia Darei fuit ventum erat; ibi Nabarzanes, accepta fide occurrit, dona ingentia ferens. Inter quae Bagoas erat, soecie singulari spado, atque in ipso flore pueritiae, cui er Dareus assuerat et mox Alexander assuevit; eiusque maxime precibus motus Nabarzani ingnovit. (Curzio Rufo, Storia di Alessandro VI, 5, 22-23)

[2] Ventum est deinde Parsagada: Persica est gens, cuius satrapes Orsines erat, nobilitate ac divitiis inter omnes barbaros eminens. Genus ducebat a Cyro, quondam rege Persarum: opes et a maioribus traditas habebat et ipse longa imperii possessione cumulaverat. Is regi cum omnis generis donis, non ipsi modo ea, sed etiam amicis eius daturus, occurrit. Equorum domiti greges sequebantur currusque argento et auro adornati, pretiosa supellex et nobiles gemmae, aurei magni ponderis vasa vestesque purpureae et signati argenti talentum III milia. Ceterum tanta benignitas barbaro causa mortis fuit. Nam cum omnes amicos regis donis super ipsorum vota coluisset, Bagoae spadoni, qui Alexandrum obsequio corporis devinxerat sibi, nullum honorem habuit: admonitusque a quibusdam Bagoam Alexandro cordi esse, respondit, amicos regis, non scorta se colere nec moris esse Persis, mares ducere, qui stupro effeminarentur. His auditis spado potentiam flagitio et dedecore quaesitam in caput nobilissimi et insontis exercuit. Namque gentis eiusdem levissimos falsis criminibus adstruxit monitos, tum demum ea deferre, cum ipse iussisset. Interim quotiens sine arbitris erat, credulas regis aures inplebat dissimulans causam irae, quo gravior criminantis auctoritas esset. Nondum suspectus erat Orsines, iam tamen vilior. Reus enim in secreto agebatur, latentis periculi ignarus, et inportunissumum scortum ne in stupro quidem et dedecoris patientia fraudis oblitum, quotiens amorem regis in se accenderat, Orsinen modo avaritiae, interdum etiam defectionis arguebat. Iam matura erant in perniciem innocentis mendacia et fatum, cuius inevitabilis sors est, adpetebat. Forte enim sepulcrum Cyri Alexander iussit aperiri, in quo erat conditum eius corpus, cui dare volebat inferias. Auro argentoque repletum esse crediderat — quippe ita fama Persae vulgaverant — sed praeter clipeum eius putrem et arcus duos Scythicos et acinacem nihil repperit. Ceterum corona aurea imposita, amiculo cui adsueverat ipse, solium, in quo corpus iacebat, velavit, miratus tanti nominis regem tantis praeditum opibus haud pretiosius sepultum esse, quam si fuisset e plebe. Proximus erat lateri spado, qui regem intuens, 'Quid mirum,' inquit, 'est inania sepulcra esse regum, cum satraparum domus aurum inde egestum capere non possint? Quod ad me attinet, ipse hoc bustum antea non videram, sed ex Dareo ita accepi, III milia talentum condita esse cum Cyro. 35 Hinc illa benignitas in te, ut, quod impune habere non poterat Orsines, donando etiam gratiam iniret.' Concitaverat iam animum in iram, cum hi, quibus negotium idem dederat, superveniunt. Hinc Bagoas, hinc ab eo subornati falsis criminibus occupant aures. Antequam accusari se suspicaretur, Orsines in vincula est traditus. Non contentus supplicio insontis spado ipse morituro manum iniecit. Quem Orsines intuens, 'Audieram,' inquit, 'in Asia olim regnasse feminas, hoc vero novum est regnare castratum!' Hic fuit exitus nobilissimi Persarum nec insontis modo, sed eximiae quoque benignitatis in regem. (Curzio Rufo, Storia di Alessandro X, I, 22-38)

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