Fase di ricaduta psicologica? o fase di stallo?

Solitudine, emarginazione, discriminazione, omofobia...
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Gio92
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Fase di ricaduta psicologica? o fase di stallo?

Messaggio da Gio92 » domenica 15 maggio 2016, 21:41

Buonasera,

Scrivo un topic che descriverà questo periodo che sto attraversando.
Molti di voi hanno seguito molte mie vicende che ho raccontato quì sul forum da almeno 4 anni a questa parte e hanno visto come ho affrontato una serie di difficoltà.
Ebbene, io ora mi sento di nuovo perso.

Comincio col dire che ho stoppato la psicoterapia perchè mi ero rotto le scatole dopo 6 anni e ho avuto alcune incomprensioni col mio terapeuta.
Non voglio scendere nei dettagli ma ultimamente non mi sentivo più capito. Quando gli ho raccontato il mio sospetto riguardo due miei problemi dermatologici (che poi ho avuto conferma dal dermatologo) mi sminuiva dicendo che secondo lui mi stavo fissando. Poi dopo che ho avuto conferma dal mio dermatologo sono andato in terapia a dirglielo e lui sembra pure contento ma io mi incazzo quando succedono ste cose; se io ti dico di avere un problema a te (psicologo) non voglio che tu me lo risolva ma che tu mi aiutassi sul piano psicologico a risolverlo; ero piuttosto allarmato e tu non puoi dirmi che sto bene, stai giocando con la mia salute!

Per anni sono stato in sovrappeso a causa di quei maledetti psicofarmaci che mi aumentavano l'appetito e misi quasi 30 kg. Ero quasi 100 kg e ora sono 74, anche se voglio scendere ancora un po'.
Quando ero in sovrappeso il mio terapeuta diceva che ero bello lo stesso e non si è reso conto che così facendo mi ha fatto solo innervosire.

Per queste due cose non mi ha aiutato, anzi, mi ha solo messo in difficoltà, soprattutto sui problemi dermatologici. E inoltre, come ho detto sopra, mi ero totalmente scocciato di andare lì e non sentirmi più capito.

Gran parte del benessere psicofisico l'ho raggiunto ma sto attraversando un periodo in cui sento che, anche se ho risolto e sto risolvendo alcune cose, mi sento in una fase di ricaduta/stallo.
Sono stressato perchè sto facendo mille cose, ma fin quì tutto ok; il problema è che è come se stessi attendendo una felicità che probabilmente non avrò mai.

A volte vengo preso dai pensieri negativi e non riesco ad uscirne sempre, e con questi pensieri ci sto convivendo perchè non posso fermare le mie attività.
Allora pensavo di riprendere la psicoterapia ma ho pensato un'altra cosa ovvero "NO! ce la devo fare da solo, questa volta. E' la volta buona".

Sto resistendo ai pensieri negativi, sono in fase di costruzione della mia vita e quindi continuo il lavoro che sto facendo senza farmi abbattere. Sto mettendo in pratica molte tecniche che il mio psicologo mi ha insegnato, anche se lo ho "rifinite" a modo mio, visto che anche io sono una testa pensante.

La terapia farmacologica invece la sto continuando e ho deciso di tenere un contatto più frequente col mio psichiatra, che in questi anni si è sempre lamentato del fatto che non mi facevo vedere per molti mesi, ma purtroppo già lo psicologo mi richiedeva una seduta a settimana.
Provo una sorta di odio/affetto/nostalgia verso il mio terapeuta che in questi ultimi mesi mi ha solo peggiorato le mie preoccupazioni verso i problemi di salute che ora sto curando e mi sento più tranquillo.

Tra l'altro ho detto queste cose al mio psichiatra che invece mi ha detto che sto facendo cose che vanno fatte, che i problemi di salute non devo vederli come degli "intralci" ma come cose che probabilmente avevo anche prima e che non ci facevo caso , come anche il sovrappeso che ho curato con dieta e palestra. Mi sto volendo bene e volersi bene significa anche fare "sacrifici" verso se stessi.
La sua risposta mi ha "salvato", come se avesse detto "stai facendo bene e preoccuparsi per la propria salute è indice di autostima". Infatti quando sono uscito dal suo studio ero tutto contento perchè mi sono sentito capito.

Il fatto è che avrei voluto chiarirmi col mio terapeuta su questo ma il solo pensiero di ritornare in quello studio mi fa star male e quando penso a lui mi innervosisco perchè su alcune cose non mi ha mai capito del tutto, e inoltre sono stanco di andare in terapia.

Sto bene e forse se sono così nervoso è perchè sto maturando queste consapevolezze.
Ho capito che non bisogna adagiarsi sugli allori e che probabilmente la "spensieratezza" che cerco non l'avrò più perchè fa parte solo delle prime tappe della vita, ovvero infanzia e adolescenza che ho perso soffrendo.
Mi ritrovo adulto avendo bruciato le tappe e quindi ora devo fare ancora un po' di ordine.

Riguardo la mia omosessualità mi sono accettato ed in questi ultimi mesi forse è la parte di me che non mi da nessun problema. Mi piacciono gli uomini e sto bene con me stesso.

E niente, ho scritto questo topic per sapere dei vostri pareri, se sto andando bene così.

Vi ringrazio
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Alyosha
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Re: Fase di ricaduta psicologica? o fase di stallo?

Messaggio da Alyosha » domenica 15 maggio 2016, 22:16

Caro Gio92 sinceramente rifletterei molto sui motivi che ti hanno portato ad interrompere la terapia, non che non si possa fare, anzi, come giustamente dici tu dopo sei anni sarebbe pure ora, ma sarebbe più corretto farlo nel modo giusto, magari concordando una data ed un percorso di separazione salutare.
Che tu ti senta disorientato dopo aver interrotto la terapia e per altro così bruscamente mi pare cosa del tutto ovvia, però ti consiglio vivamente di ritornarci e porre in discussione esattamente quello che hai scritto qui da noi.
Certi suoi approcci lì per lì possono anche darti fastidio, ma non credo che abbiate fatto un cattivo lavoro. Magari litigare è un modo più facile di interromper e un rapporto, una relazione duratura e stabile che dura ormai da sei anni. Si tratta per altro degli anni di un adolescente che sono incalcolabilmente più lunghi di quelli di un'adulto. Facile non deve essere interrompere la terapia, anche io sono in chiusura e mi rendo conto, che quando ci avvicineremo alla conclusione sarà dura riabituarsi a fare tutto da solo. Cerca di chiudere però nel modo giusto questa esperienza, ma più per una questione di rispetto verso te stesso, prima che verso di lui. Concludere è un momento importante, prezioso tanto quanto tutto il percorso che ti ha portato sin qui

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Gio92
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Re: Fase di ricaduta psicologica? o fase di stallo?

Messaggio da Gio92 » lunedì 16 maggio 2016, 12:44

Ciao Alyosha,
in realtà ho pensato di andare un'ultima volta per chiarire questi punti e concludere "ufficialmente" il percorso. Già gli ho anticipato queste cose su whatsapp ma non mi sembra corretto, soprattutto verso un professionista, anche se tra di noi c'è molta confidenza.

Inoltre la cadenza di riduzione delle terapie è 1 volta a settimana/1 volta ogni 15 gg/1 volta ogni 3 settimane/1 volta al mese/1 ogni 2 mesi/1 ogni 3 mesi/solo su richiesta. Questo mi è stato detto dal supervisore.

Io sono arrivato a una volta ogni 3 settimane e ho smesso. Il mio terapeuta mi ha spiegato che la psicoterapia si puo' interrompere di botto se si sta bene e quindi io ho deciso di farlo. Nelle ultime sedute andavo lì e avevo poche cose da dire e le sedute erano vuote e sentivo che non si stava lavorando su niente.
Tutto il lavoro fatto in questi anni si sta amalgamando e quindi anche inconsciamente metto in pratica ciò che ho imparato.
Su alcune cose però non mi è piaciuto il suo approccio ma credo sia anche normale durante un percorso avere delle incomprensioni.
Più che altro io credo che sui problemi di natura medica non ci siano dei punti di vista soggettivi ma oggettivi. Il sovrappeso era la conseguenza del mio malessere psicologico che mi portava a mangiare molto e influiva sulla mia autostima e quindi mi riportava a mangiare etc etc. Era un circolo vizioso che ho spezzato, finalmente.

Avrebbe dovuto incitarmi a dimagrire magari con tecniche specifiche, invece non mi ha aiutato. Mio padre è medico ed essere figli di medici ti porta a vedere queste cose con una visione più schematica.
Non è una questione di "scelte". Le cose nella vita vanno risolte, punto. Io non posso scegliere di dimagrire o meno, posso scegliere che taglio di capelli portare, quello sì. Ma di fronte a delle patologie fisiche, perchè il sovrappeso a lungo andare crea dei danni seri all'organismo e quindi lo è, dovevo essere aiutato, non so come, questo doveva saperlo lui, non io.

Sta di fatto che quando andrò lì gliene parlerò, ma dovrò essere lucido mentalmente, e in questo periodo non lo sono, visto che sto preparando anche alcuni esami per Giugno.
Ho deciso che andrò dopo le vacanze estive a mente fresca e riposata.

Per me non è facile adesso ricominciare a riprendere molte cose in sospeso con me stesso dopo alcuni anni e sono nervoso per questo. E' come se in questi anni fossi stato in coma e mi fossi risvegliato ora. Probabilmente i pensieri che ho in testa, secondo me, potrebbero essere delle piccole ricadute nel disturbo ma ci vivo bene lo stesso perchè sto molto meglio e riesco a vivere una vita normale.

In tutto ciò sono felice lo stesso perchè ho ripreso le redini della mia vita in mano e non sono più dipendente dal mio terapeuta e da un lato mi sento finalmente libero.
Non è forte chi non cade, ma chi cade ed ha la forza per rialzarsi!

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Re: Fase di ricaduta psicologica? o fase di stallo?

Messaggio da Geografo » lunedì 16 maggio 2016, 13:48

Gio, la terapia fa bene finché appunto rimane una terapia. Se diventa una cosa che si protrae di fatto non è una terapia ma si tratta di una dipendenza. È anche vero che dipende molto dai traumi subiti, ma a meno che non si è stati vittime di abusi gravissimi, sei anni di terapia mi pare un po' eccessivo. Ti conosco, ma ovviamente non so la tua storia quindi non mi permetto di fare giudizi, ma comunque sono del pensiero che il troppo stroppia. Considera che dopo tanto tempo, a meno che lo psicologo sia molto professionale, si rischia che il rapporto tra psicologo e paziente diventi un rapporto di amicizia più o meno esplicito, il che non va bene. Io sono andato per diverso tempo da una psicologa, e devo dire che per certi versi mi ha aiutato, per altri insomma. Ci sono certi comportamenti da parte sua che tuttora trovo assolutamente sbagliati, come andare a vedere il mio profilo di Facebook in mia presenza se preferivo non riferirle determinate cose, il tutto davanti a me, o addirittura mandarmi (a un anno di distanza) la richiesta di amicizia sempre su Facebook (chiaramente l'ho rifiutata!).
Il fatto è che lo psicologo alla fine è un essere umano, certo è che ci sono persone più professionali o meno professionali. Starsi tanto ad arrabbiare non ha senso, probabilmente ci sarà anche stato un transfert negativo con il tuo psicologo ultimamente, certo è che secondo me andare a riparlarci metterebbe lui in una situazione di imbarazzo che penso che si possa anche evitare e soprattutto, fossi in te, cercherei ora di vivermi la vita senza andare appresso a terapie infinite da cui non si esce più.

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Illuminist
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Re: Fase di ricaduta psicologica? o fase di stallo?

Messaggio da Illuminist » lunedì 16 maggio 2016, 16:08

Ciao Gio, noi non ci conosciamo essendo io da poco arrivato in questa piccola comunità, dunque non sarà mio compito darti giudizi anche perché da quello che scrivi posso dedurre ben poco di quella che è la tua storia, ma voglio provare lo stesso a darti un parere.
Anch'io ho fatto l'esperienza della terapia, che è durata circa tre anni, un po' per questioni legate al mio orientamento che nel periodo dell'adolescenza mi ha provocato non poco malessere, un po' per alcuni problemi di ansia e di autostima che avevo riscontrato fra scuola, amici, compagni eccetera. Devo riconoscere che una terapia può essere una vera ancora di salvezza per un ragazzo, ma devo ammettere anche che questo dipende anche dalla fortuna che si possa avere, in quanto ogni psicologo è diverso proprio perché si tratta sempre di persone. Da quello che tu racconti a proposito del tuo non ne ricavo un'immagine molto positiva, e questo arrivo a dirlo soprattutto dopo che hai scritto che, anche se eri in sovrappeso, lui ti dicesse che "eri bello lo stesso". No. Non si aiuta qualcuno assecondandolo, è la cosa più sbagliata da fare. L'obesità può rivelarsi sintomo di un disagio bello grosso e c'è ben poco per cui star tranquilli.
Io credo che spesso e volentieri l'unica terapia, l'unica medicina, sia parlare, ma parlare liberamente e serenamente senza temere il giudizio davanti a chi ha scelto di esercitare quella professione proprio per ascoltare allo stesso modo, e comunque sempre ricordando di essere su un piano ben diverso da quello del paziente (ma non superiore). Lo psicologo non è un amico, altrimenti i tuoi problemi glieli andresti a raccontare davanti a una birra. Il fatto poi che tu racconti di esser stato solito uscire dal suo studio incompreso la dice lunga. D'accordo, magari le prime volte un professionista può spingerti a guardare le cose sotto una diversa prospettiva inizialmente difficile, ma sei anni mi sembrano davvero troppi e, a parer mio, nonostante tutti i vantaggi che questa terapia può aver avuto su di te forse c'era un'incompatibilità, una falla di fondo. Perché non provi a cercare una guida diversa? Potrebbe essere utile anche solo per fare un confronto e per iniziare meglio il nuovo anno dopo le vacanze estive...
Sul fatto di poter avere delle ricadute posso capirti, perché anche a me alle volte prende ancora questa paura nonostante abbia concluso il mio percorso già da un bel po' di tempo. L'unica cosa che faccio è fare del mio meglio per farla giocare a mio vantaggio. Guarda, l'adolescenza è un periodo molto bastardo e si arriva a privarsi veramente di tante cose quando in realtà sono gli anni più belli, più spensierati, più innocenti. Se mi guardo indietro non sai quante cose farei e quante altre ne cambierei. Ecco perché io adesso i miei vent'anni me li voglio godere finché sono in tempo, mi impegno giorno per giorno a non commettere gli stessi errori e, soprattutto, a dare più significato al presente, all'attimo, alle cose belle che mi succedono in quel momento e lasciando fuori dalla porta tutto ciò che, a conti fatti, è completamente inutile.
Spero di poterti essere stato di un qualche piccolo aiuto.

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Gio92
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Re: Fase di ricaduta psicologica? o fase di stallo?

Messaggio da Gio92 » lunedì 16 maggio 2016, 19:00

Allora, vi ringrazio innanzitutto per i vostri commenti, Geografo e Illuminist, e più o meno avete detto le stesse cose.

Vorrei però chiarire che col mio terapeuta c'è stato sempre un patto che lui mi ha fatto capire dall'inizio ovvero: Io Terapeuta non sono Te Gio, quindi quello che dico io potrebbe esserti D'AIUTO ma alla fine quello che pensa sei tu. Spesso me l'ha proprio detto esplicitamente.

Diciamo che io ho commesso inconsapevolmente l'errore di idealizzarlo troppo perchè in un periodo in cui la famiglia non mi era d'aiuto e non avevo nessuno, lui è stato l'unico a tendermi la mano.

Non esiste un rapporto d'amicizia tra di noi, Geografo, scusa se te lo dico ma la tua psicologa non è per nulla professionale. Noi oltre whatsapp e telefonate non siamo mai andati.
Addirittura ho sentito di psicologi che uscivano insieme ai pazienti, cosa sbagliatissima! Per quanto resta un rapporto confidenziale ma comunque è un rapporto formale o semi-formale.

Il mio terapeuta era sempre dell'idea che si deve essere orgogliosi indipendentemente dalla pancia o meno, ma io non ragiono in questi termini e lui mi disse che ognuno ragiona in un modo. In poche parole mi diceva che spesso i problemi ce li creiamo noi.

Io non l'ho mai pensata così e gliel'ho detto pure ma c'è anche da dire che uno psicologo non è un medico. Infatti lo psichiatra mi diceva che dovevo dimagrire assolutamente. E l'ho fatto!
Il mio terapeuta parla di dimagrimento come una scelta , io invece la prendo come UN DOVERE AFFETTUOSO verso se stessi, oltre a dare molti punti in più all'estetica.
Ho dei bei lineamenti del viso e avere quella faccia gonfia faceva perdere tutto. Ora mi guardo allo specchio e mi sento più tranquillo.
Anzi, c'era un periodo della mia adolescenza in cui cominciai a prendermi cura di me e a cambiare ma poi mi venne una forte depressione e quindi ingrassai di nuovo. Ora sono tornato sulla mia vecchia scia e mi sento di nuovo me stesso.

Molto fa la visione che si ha di se stessi e io non lo faccio per l'accettazione sociale, come mi aveva detto lui. Diceva che chi si fissa troppo lo fa per essere accettato socialmente, io invece non la penso così, eppure se fosse? Viviamo in una società che ha delle mode, delle tendenze che ci sono sempre state e io le seguo. Sono diventato fissato e allora? Le vie di mezzo non si possono sempre scegliere. Oggi sono davvero me stesso ovvero:
Sono Giovanni, sono di tendenza omosessuale/bisessuale, sono musicista, sono un ragazzo forte che ha sofferto molto e MI SONO RIVELATO.
Non sono cambiato, mi sono rivelato e tornato ciò che ero.

Spesso mi capita di sentire nell'aria atmosfere particolari che sentivo quando ero più piccolo perchè in tutti questi anni ho sempre provato attimi di felicità durante la sofferenza.

Il 6 Giugno ho l'appuntamento col supervisore e vado a dirgli che ho concluso col terapeuta per mia scelta e gli dico anche perchè, poi tornerò dal terapeuta verso Settembre, lui sicuramente sarà (e ha detto che già lo è ora) contento del fatto che io mi sia staccato e che abbiamo lavorato proprio per questo.
Ma avrei preferito lasciarci in maniera più tranquilla, oppure continuare ancora un po'.

Voglio dire a Illuminist che un'altra guida non so dove trovarla, sicuramente io stesso sono diventato la mia guida. Voglio continuare da solo, voglio cadere da solo e rialzarmi ancora da solo perchè voglio continuare a crescere. Sono stato guidato abbastanza e ora devo lasciarmi andare da solo.

Sono indipendente e va bene così. Ora non mi resta altro che proiettare quello che sono diventato all'esterno e stringere rapporti con persone con mia uguale sensibilità, che ahimè non sono molti. Ma ce la voglio fare anche in questo campo e nel frattempo mi accontento delle piccole cose che la vita mi offre che allo stesso tempo sono le più grandi.

E poi ho i miei genitori, con cui mi sono riappacificato, che magari non mi guidano più e forse in certi momenti sono stato io il loro genitore ma comunque mi sostengono e li ringrazio sempre per quello che fanno per me, per sostenermi economicamente e per l'affetto che nutrono per me, indipendentemente dalla nostra storia passata e dalla mia depressione.
Ne sono uscito come meglio potevo e ci ho messo tempo.

Per questo ci ho messo 6 anni: non sapevo quanto tempo ci avrei messo ma l'ho fatto e basta. E per concludere voglio dire che il mio terapeuta è stato sempre una persona onesta e se ci ho messo tutto questo tempo non è stato lui a PROLUNGARE a modo suo per fare soldi.

Qualcuno ha detto ciò in chat e io lo ribadisco quì, perchè è vero che ero depresso ma non sono mai stato fesso e non lo sono oggi e credo che chi gioca sulla salute delle persone è un pezzo di merd@.
Non è forte chi non cade, ma chi cade ed ha la forza per rialzarsi!

Alyosha
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Re: Fase di ricaduta psicologica? o fase di stallo?

Messaggio da Alyosha » martedì 17 maggio 2016, 15:31

A volte semplicemente salutarsi è il modo giusto di interrompere le cose. E' una persona con la quale ti arrabbi, con la quale hai condiviso un'esperienza lunghissima vera intimità, che ti ha accompagnato in tutti questi anni. Separasi correttamente da lui fa bene innanzitutto a te. Se senti di aver concluso, di aver chiuso un percorso infondo si tratta di un passo importante e più che positivo, potete "festeggiarlo" assieme piuttosto che interrompere così di botto, con tutta questa rabbia nei suoi confronti. Ci si può allontanare anche senza litigare, ma semplicemente salutandosi, conservando bei ricordi e tanta stima reciproca.
Entri in contrasto con lui? Ok, vuol dire soltanto che adesso hai del "solido" contro cui lui avverte resistenze e se ci pensi bene anche questo è un lato positivo.
Finire un percorso è parte esso stesso del percorso, non è un momento accessorio per cui un modo di chiudere vale l'altro.

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Gio92
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Re: Fase di ricaduta psicologica? o fase di stallo?

Messaggio da Gio92 » mercoledì 18 maggio 2016, 16:30

Sono arrabbiato con lui ed è giusto che sia così.
Mi ha sempre sminuito il sovrappeso dicendo che secondo lui non era un problema. Mi ha rallentato il lavoro.
Su questo non ragiono come lui. Su certe cose sono molto schematico, ed è giusto. Quando ero in sovrappeso io mi odiavo e mi facevo schifo ma purtroppo non era colpa mia. Magari la sua era una strategia per cominciare a volermi bene e così io potessi cominciare a dimagrire ma non ha funzionato e io glielo facevo capire.

Questo momento in cui mi sono rivelato è stato e lo è ancora, molto importante.
Ma io sono io e ho dei miei schemi di pensiero. Che forse in passato erano troppo prevalenti e quindi dannosi, ma comunque in parte li ho conservati ed è giusto così.

E io penso che se un terapeuta deve far bene il suo lavoro, deve ascoltare i disagi del paziente, indipendentemente dalle strategie terapeutiche, ripeto, certe cose sono oggettive e vanno dette e fatte.
Avevo i valori del sangue sballati a causa del sovrappeso e lui mi diceva che non era poi così importante. Ma stiamo scherzando? Ok ora sono dimagrito etc etc ma io ho la tendenza, ahimè, a non dimenticare le parole dette e a non "sorvolare" su ciò che dicono gli altri.

Qui non si parla di che partito politico sei, o di che religione dove SECONDO TE le cose sono così e SECONDO ME le cose sono in un altro modo. Quì si trattava della salute che stavo perdendo, se uno è grasso deve dimagrire, è così e basta. Sarei dovuto arrivare a 50 anni con le arterie ostruite? E poi essere grassi non attira.
Io voglio attirare gli altri ragazzi e accoglierli nel mio mondo fatto anche dal mio corpo. E' così che vanno le cose. Contestatemi pure, a me non me ne frega. Non si puo' giocare con la salute.
Avevo/ho anche un problema ai capelli che stavo cominciando a perdere ma mi sto curando e sto cominciando a risolvere con la cura del dermatologo che mi ha dato molta fiducia e mi ha assicurato il recupero fronto-parietale. Complice anche lo stress di questi anni. Ero col panico che arrivava alla gola, a 23 anni la perdita di capelli è un dramma. E neanche lì mi ha capito.

Ditemi voi come mi debba sentire.
Sono stufo di pensare "ok ma ognuno la pensa come vuole". Ogni tanto bisogna rivendicare i propri pensieri e imporsi.
A breve gli andrò a dire queste cose e vi farò sapere come è andata.

Da un lato la rabbia è costruttiva, io forse ne ho troppa dentro ma me la tengo, dopo anni in cui ero passivo nella mia vita, ora sono attivo e ho tutto sottomano. Ed è una bellissima sensazione.
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Re: Fase di ricaduta psicologica? o fase di stallo?

Messaggio da Alyosha » mercoledì 18 maggio 2016, 18:02

Hai un vissuto molto complesso e il disagio che hai dovuto affrontare si tocca con le mani. Mi chiedo solo perché tu stia tirando fuori tutte queste emozioni proprio adesso che in qualche modo ti guardi indietro come a cose passate, da cui in qualche modo ne sei venuto fuori e credo che per venirne fuori sul serio dovresti poter ripensare a queste cose con la dovuta serenità e che come ho provato a dirti anche questo è un passaggio importante. Il punto per come la vedo non è quello che succede a lui se interrompi con questi sentimenti così contrastanti, ma quello che fai a te, se non ti dai modo di capire da dove viene tutta questa rabbia e di scioglierla.
Infondo alla fine sei dimagrito e lungi dal voler difendere l'operato professionale di un perfetto sconosciuto, proprio non capisco perché sei così arrabbiato con lui proprio adesso che hai ottenuto questo risultato e che dovresti "godertelo".
Ad ogni modo non avevo affatto intenzione di interferire con le tue scelte, solo provare a farti ragionare sul fatto che concludere non è così semplice come sembra e che tanta rabbia potrebbe derivare proprio da questo. Litigare e tagliare di netto è un modo forse più semplice per concludere. Infondo questa persona la pensa così da sempre e su queste cose ti fa arrabbiare da sempre, se solo adesso metti in discussione la terapia, forse è solo perché pensi sia arrivato il momento di concludere, come per altro hai detto in modo chiaro. Allora a questo punto conviene mettere da parte la rabbia e concludere in un modo migliore, ma migliore nel senso che non maltratti te stesso e le cose che sei riuscito ad ottenere anche (ma non solo ovviamente) grazie alla terapia.
Non voglio però insistere ulteriormente su questa cosa, perché si tratta d valutazioni assolutamente tue ed è giusto che operi in autonomia.

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Re: Fase di ricaduta psicologica? o fase di stallo?

Messaggio da Gio92 » mercoledì 18 maggio 2016, 19:50

La mia rabbia deriva dal fatto che certi punti di vista suoi hanno rallentato il lavoro che facevo. Su altre cose mi ha aiutato tantissimo.
Avrei preferito che lui mi avesse "spronato" un po' in più sulla cura fisica invece mi assecondava.
Quando gliel'ho detto lui mi ha risposto che se mi avesse spronato sarebbe stato peggio. Forse è vero e non con tutti i pazienti funziona ma credo che con me avrebbe dovuto farlo. Lui invece mi dice sempre che io dovevo "pensare con la mia testa". Ma come facevo a pensare con la mia testa se non ci riuscivo?

Tutta questa rabbia viene fuori dal fatto che: è vero che gran parte dei problemi si è risolta, è vero che con la mia famiglia i rapporti sono migliorati e non poco, è vero che quando mi masturbo pensando a un ragazzo non mi dico più "sono uno sporco! faccio schifo!", ma io mi sono STANCATO, nel senso che nel fare tutto ciò sono sopravvissuto.
Ho combattuto una malattia e l'ho superata, come chi combatte contro il cancro. E' la stessa cosa. E' come se dopo tutti questi anni ho ritrovato il vero me stesso ma mi sento come se fossi ancora convalescente.

La mia rabbia deriva anche dal fatto che sono molto indietro con gli esami e che probabilmente ho incamerato stereotipi del tipo "sei bravo e devi stare al passo con l'uni" dove mia madre me l'ha detto fino allo scorso anno e solo adesso si è ricreduta e dove la mia insegnante di pianoforte mi ha solo messo pressione e vorrei essere capito di più in ambito universitario perchè ho sopportato fin troppo. Essere detto fino a pochi mesi fa da un genitore "non posso mantenerti fino a 30 anni" è una ferita da non poco. Mia madre ha visto che ero depresso, ha visto com'ero ridotto anche fisicamente. Poi si ricrede. Poi mi dice di nuovo quella frase. Poi si ricrede. E andiamo avanti così.

La mia rabbia deriva da questa frase "perchè è stato tutto così difficile e in parte lo è ancora oggi?". Per me il Disturbo Ossessivo Compulsivo non è stato una semplice predisposizione genetica che mi portava a strategie difensive come l'accelerazione del pensiero, per me è stata UNA MALATTIA.
Io ero malato. Ero depresso. E ho dovuto curare.

Non mi sento ancora di dire "che bello, sono guarito" dopo tutti questi anni. Non ce la faccio. Non posso ancora permettermelo. Quando fino ad alcuni mesi fa uscivo di casa e notavo che non avevo più paura della gente mi dicevo "ma è possibile? o sto vivendo un sogno?" Mi veniva da piangere. E anche adesso mi stanno scappando delle lacrime mentre scrivo queste cose.

Forse ho paura di stare bene perchè non sono ancora molto abituato.
Non è forte chi non cade, ma chi cade ed ha la forza per rialzarsi!

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