Perché il Pride dà più fastidio ai repressi che agli etero?

La difficoltà di uscire allo scoperto
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Pugsley
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Perché il Pride dà più fastidio ai repressi che agli etero?

Messaggio da Pugsley » giovedì 16 giugno 2016, 17:38

Si avvicina la commemorazione dei Moti di Stonewall (notte tra il 27 e il 28 giugno 1969 https://it.wikipedia.org/wiki/Moti_di_Stonewall ).
Vi pubblico un articolo di un blog, molto interessante, che può essere uno spunto di riflessione per tutti coloro che sono omosessuali (G e L), bisessuali, transgender, transessuali, asessuali, e non approvano il Gay Pride.
Buona lettura!

Pugsley

Questo è il link della fonte
https://alwayslevelup.wordpress.com/201 ... gli-etero/

Perché il Pride dà più fastidio ai repressi che non agli etero
Pubblicato il 7 giugno 2013 di Always Level Up!

*il presente articolo presenta riflessioni puramente personali, non è e non vuole essere una posizione ufficiale delle associazioni che organizzano il Sardegna Pride 2013*

Una comunità LGBTQI può definirsi tale quando raggiunge un livello di organizzazione che permette l’istituzione di collettivi, movimenti e associazioni culturali.

Ci si riunisce in in gruppi che propongono azioni e piattaforme politiche perché si riconosce che la situazione sociale in cui si vive e si lavora presenta degli ostacoli da abbattere, primo tra tutti la discriminazione di matrice omofobica.

L’omofobia è definita per la prima volta da Weinberg (1972) come la “paura degli eterosessuali di trovarsi a stretto contatto con gli omosessuali”, un sentimento di repulsione che una persona prova nei confronti di una manifestazione di affetto che non rientra nel paradigma eterosessuale; benché camuffato come semplice “posizione personale” l’omofobia può evolvere in comportamenti sistematici finalizzati ad estromettere una persona non-eterosessuale dall’ambiente scolastico, lavorativo e familiare causando gravi disagi e, sfortunatamente, violenze di tipo psicologico e fisico.

Capire cosa è l’omofobia è necessario per capire come combatterla, ma spesso ci si dimentica del punto principale della questione: perché ci si mobilità contro la discriminazione e l’ostracismo?

Ognuno di noi ha un conoscente, amico o parente che dice le fatidiche parole “non ho niente contro i gay, ma” e a volte ci perdiamo in discussioni estenuanti che si risolvono con un penoso senso di sconfitta e di delusione.
La delusione è cocente poi se quelle parole sono pronunciate da gay, lesbiche, bisessuali, trans*, intersessuali che non riescono a riconoscere la propria omofobia interiorizzata.

Coleman (1982) sostiene che se la società in cui si cresce è caratterizzata da un clima di avversione nei confronti dell’omosessualità, il bambino assorbe e fa propri dei valori sociali che entrano in contrasto con quelli che si ricavano dal lungo processo di accettazione di sé come persona LGBTQI; questo porta ad uno sdoppiamento tra coscienza di sé e immagine pubblica, che porta l’individuo ad uno scompenso cronico tra ciò che si è e ciò che (secondo dei canoni eterosessisti) dovrebbe essere.

Questo articolo è una guida di sopravvivenza dedicata a tutte le persone gay, lesbiche, bi e trans* che si sentono a disagio ogni qualvolta ci si imbarca nella guerra di quartiere pre-Pride.

1 Il Pride “in giacca e cravatta” Stormtroopers_march

Immancabile strategia spacciata per strumento di integrazione definitivo tra gay ed omofobi. La proposta vincente sarebbe questa: se gli eterosessuali omofobi discriminano i gay perché troppo gay e il Pride è un’occasione per far sfilare solo drag queens, allora travestirci da impiegati in giacca e cravatta come novelli Stormtrooper di Guerre Stellari farà sì che ci percepiranno come “normali” e ci accetteranno di buon grado consegnandoci le chiavi del regno.

Ottima mossa! Hai appena buttato nel cesso cinquant’anni di lotte per l’autodeterminazione rinforzando la logica repressiva patriarcale del “vero uomo che fa cose da uomo, altrimenti è una checca e non può giocare a pallone con noi”.

Piccola lezione di storia: il Pride è un reenactment di un evento storico realmente accaduto: nel 1969 a NewYork la rivolta delle drag queen e degli avventori dello Stonewall Inn contro l’ennesima retata violenta della polizia segnò l’inizio della lotta per i diritti degli omosessuali.
Era infatti proibito servire alcol alle persone omosessuali e questo era il piede di porco legale che lo Stato utilizzava per reprimere l’aggregazione delle persone GLBT.
Nessuno ti proibirà di partecipare a Giugno alla manifestazione del Pride in giacca e cravatta (buona fortuna!), per lo stesso motivo dovresti capire perché nessuno dovrebbe proibire alle drag queen di partecipare: sono stati gli uomini travestiti a mandare in fuga i poliziotti con i manganelli per il bene di tutta la comunità GLBTQ sono stati loro i più esposti e i più coraggiosi.

E’ questa è la storia, questi sono i fatti. Shame on you.

2 Il ghetto gay

Altro argomento di spicco è quello del “perché non possiamo essere normali e dobbiamo sempre rinchiuderci nel ghetto gay?”

In quanto persona omosessuale starei attento a parlare a sproposito di argomenti quali la persecuzione nazi-fascista ai danni delle persone omosessuali, colpevoli di aver attentato alla vitalità della razza ariana/italiana rifiutandosi di procreare e così produrre forza lavoro utile al sostentamento della Nazione.

Il ghetto è un’area nella quale persone considerate di un determinato retroterra etnico o unite da una determinata cultura, subcultura o religione, vivono in gruppo in regime di reclusione più o meno stretto. In realtà il termine nasce per indicare il quartiere della città in cui gli ebrei erano anticamente confinati ad abitare, e completamente rinchiusi durante la notte.

Posso capire che, per una persona possa essere limitante frequentare solo alcuni tipi di locali, gruppi sociali, situazioni ed eventi, ma non c’è nessuna differenza rispetto a quello che fanno le persone che “provano paura nel trovarsi a stretto contatto con gli omosessuali”.
Nel 99% dei casi in un ghetto ci si viene rinchiusi con la forza e la cultura maschilista eterosessista cis-sessuale in cui viviamo non ha fatto altro che creare un enorme ghetto per omofobi che abbiamo imparato a considerare “normale” solo perché è così esteso che non ne scorgiamo i limiti.

Quando un etero non va in un locale frequentato da gay perché “si sente in pericolo” o quando due ragazze non possono baciarsi in un locale frequentato da etero senza diventare oggetto sessuale dei maschi si sbatte violentemente il muso contro le pareti di un ghetto enorme.
La differenza sostanziale sta nel fatto che gli abitanti del ghetto etero non sono coscienti di essere prigionieri e credono di aver conquistato il mondo quando c’è un sistema solare che hanno paura di esplorare.

3 I gay non si meritano i diritti finché continuano ad essere promiscui

Questo argomento è molto molto complesso e unisce la percezione del sesso come azione da reprimere perchè immorale e la cultura omofoba che “pulisce” il sesso se finalizzato alla procreazione.
Il sesso ricreativo è un vizio e se il vizio ti piace dimostri che sei un pericolo per la società, se sei gay sei automaticamente vizioso e per essere accettato devi nascondere ciò che ti rende gay agli occhi di tutti: sessualità, azioni e modi di essere che sono ricollegabili alla non-eterosessualità.

Il maschio effemminato, la femmina mascolina (per non parlare dei/lle trans!) fanno paura a chi non ha ancora preso piena coscienza della propria sessualità e della propria immagine sociale: se non sai spiegare al prossimo chi sei e cosa vuoi accetti automaticamente di essere definito dagli altri.

Se cerchi l’approvazione di chi ti considera già un’anomalia, errore, un niente senza senso finisci per odiare chi ha superato il bisogno di essere definito da una classe sociale percepita come superiore.

4 Il Pride è un’orgia a cielo aperto, un carnevale senza senso

That’s SO Freud

Ed eccoci alla summa delle precedenti posizioni di omofobia interiorizzata che abbiamo analizzato: il Pride è un’inutile manifestazione di devianza sessuale che ci toglie la possibilità di essere approvati dal padrone e per questo motivo la gente ci odierà sempre.

Wow.

Freud si masturberebbe ferocemente leggendo questo tipo di commenti sui social network!

Il Pride è sicuramente una manifestazione che assume ANCHE connotazioni goliardico-sessuali, lo ammetto, ma com’è possibile che su 6000 persone solamente a cinque drag queen venga data importanza?

Sarà un caso che le lamentele contro le drag queen provengano quasi totalmente da maschi? Possibile che la crisi del maschio finisca sempre per rubare la scena ai temi della discriminazione sul lavoro, della prevaricazione sul genere femminile anche trans*, sul razzismo, sulla discriminazione contro la disabilità e sul tema importantissimo dell’autodeterminazione personale e in famiglia?

Pensateci bene due, tre, cento volte: l’impianto su cui poggia la costruzione anti-Pride risiede sul pericolo di mettere in crisi il ruolo sociale del maschio.

Il Pride è la storia di una lotta contro il potere: quel potere che si rafforza quando ti vergogni e rinunci ad essere ciò che sei.

Il Pride è l’occasione per fare una volta per tutte coming out: per stabilire il confine tra le tue sicurezze, tra la tua storia personale e quella di migliaia di persone diverse da te.

Ma se per qualunque motivo non si volesse partecipare al Sardegna Pride, l’Associazione Culturale ARC ha creato la Queeresima: una programma serissimo fatto di presentazioni di libri, proiezioni di film e documentari, seminari specialistici con crediti formativi e manifestazioni politiche che dura 40 giorni ed è stato anche incluso nel calendario ILGA Europe

Seminario per professionist* della mediazione familiare, con crediti formativi universitari

40 giorni per prepararci insieme a comprendere perché è importante fare gruppo e promuovere una cultura di rispetto, ascolto e comprensione delle istanze di tutti e tutte.
Invece di imbastire polemiche sterili sul Pride partecipa almeno ad uno degli eventi Queeresima: conoscici, parla con noi, esponi le tue idee e ascolta quello che gli altri hanno da dire.

Se in quaranta giorni non ti fai vedere nemmeno una volta, immagino che l’argomento non ti interessi :D

fine

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agis
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Re: Perché il Pride dà più fastidio ai repressi che agli ete

Messaggio da agis » venerdì 17 giugno 2016, 8:21

Certamente questo post può dare molti spunti di riflessione.
Preliminarmente però mi viene da fare una considerazione Pugsley.
Visto che qui -salvo che l'autore di quel blog non sia tu in persona- riporti considerazioni che credo altrui senza commenti, se ne deve dedurre che tu le abbia fatte interamente tue o ti sentiresti tu per primo di fare qualche obiezione?
No, perché sai, altrimenti tanto varrebbe andare a commentare direttamente sul suo blog se possibile :)

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Re: Perché il Pride dà più fastidio ai repressi che agli ete

Messaggio da Pugsley » venerdì 17 giugno 2016, 14:15

Non l'ho scritto io, però sposo il fautore del post.

Invito tutto coloro che sono contrari, di partecipare ad un Pride, prima di commentare delle idee sbagliate. In questo modo convinsi il mio migliore amico, che aveva una opinione errata. :D

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Re: Perché il Pride dà più fastidio ai repressi che agli ete

Messaggio da agis » venerdì 17 giugno 2016, 15:48

Pugsley ha scritto:Non l'ho scritto io, però sposo il fautore del post.

Invito tutto coloro che sono contrari, di partecipare ad un Pride, prima di commentare delle idee sbagliate. In questo modo convinsi il mio migliore amico, che aveva una opinione errata. :D

Ma tu guarda questo... ed il tuo miglior amico cosa ne pensa del fatto che ti sposi quello lì? :mrgreen:
Scherzi a parte Pugsley su molte cose del post mi sentirei di convenire. A mio avviso però si glissa su due possibili punti. In primo luogo nulla vieta che vecchi gay come me non abbiano mai partecipato ad un Pride ma non per questo siano ad esso contrari o ne siano infastiditi. Ma qui si potrebbe facilmente rispondere: fatti tuoi, allora il post non è per te.
In secondo luogo, però, "quello lì" non fa alcuna menzione del fatto che, oltre a non esserne disturbati, ci sono ormai anche molti etero che partecipano ai Pride e con questi come la mettiamo? :)

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Re: Perché il Pride dà più fastidio ai repressi che agli ete

Messaggio da Pugsley » venerdì 17 giugno 2016, 20:06

I gay anziani che non sono mai andati ad un Pride e che lo giudicano negativo, sono la metà del pubblico a cui si rivolge questo post.
L'altra metà sono i gay giovani che non sono mai andati e ne parlano male "per sentito dire" dai mass media omofobi.

Invece gli etero che vanno al Pride e sono a favore delle tematiche LGBT, sono persone che stimo molto perché, se non hanno persone LGBT vicine "da proteggere", sono persone molto progressiste e sensibili. Per queste persone il post non ha senso perché sanno già tutto e sono iper-informate più dei gay che parlano male (a sproposito) del Pride.

:D

Pugsley

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Re: Perché il Pride dà più fastidio ai repressi che agli ete

Messaggio da agis » venerdì 17 giugno 2016, 20:46

:shock: :shock: Sono d'accordo Pugsley!!! :mrgreen:

ma... ma... ma... come mai allora si continua a voler fare una comunità LGBTQI? Ci vorrebbe una comunità LGBTQIE non foss'altro per questa componente di eterosessuali "illuminati" ^_^

Alyosha
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Re: Perché il Pride dà più fastidio ai repressi che agli ete

Messaggio da Alyosha » venerdì 17 giugno 2016, 21:54

Ho letto velocemente l'articolo, trovo alcuni ragionamenti molto semplificati. Le tematiche messe in campo sono molto complesse e le prospettive da cui guardare gli eventi molto diverse tra loro. Faccio solo notare che è comparso l'ennesimo inglesismo ed è scomparso il riferimento al mondo omosessuale dal "Pride". Diventa così la festa dell'orgoglio di essere e apparire ciò che si vuole. Questo come spesso succede per un verso universalizza il concetto e lo rende fruibile a tutti, compreso agli etero, per altro verso ne riduce l'impatto rivoluzionario eliminando l'elemento di diversità. Universalizzando si elimina infatti il particolare e questo è per tanti versi un processo inevitabile. Cos'è il Pride adesso? Intendo adesso che il tema è ampiamente riconosciuto, accettato e condiviso, almeno dalla cosiddetta opinione pubblica? Diventa senza dubbio un giorno commemorativo, una ricorrenza, una festa e mentre esso viene sempre più celebrato come tale, viene privato dei suoi elementi pungenti, virulenti fastidiosi. Pensiamo al primo Maggio ormai ridotto ad un concerto a Roma o alla festa delle donne. Si va al Pride giusto per fare qualcosa di diverso, se si è a favore dei diritti gay o perlomeno non si è contro.
Penso che in tutta sincerità il fenomeno gay si stia ampiamente normalizzando, con tutti i pro e i contro, con meccanismi di dislocamento del pregiudizio del tutto simili a quelli già in essere per le minoranze etniche o le donne. Frasi del tipo: "Non ho nulla contro i gay, ma..." sono ormai l'incipit di qualsiasi discorso discriminatorio e indicano un pregiudizio che deve essere ormai necessariamente dissimulato, perché si sa non essere più accettato dal sentire comune. Come dire non ho un pregiudizio in sé contro i gay, ma sto portando argomentazioni oggettive contro il matrimonio omosessuale per dire, o le adozioni; un po' come quando si dice non ho nulla contro gli immigrati, ma ci rubano il lavoro per dire. Se ci pensate bene prima non c'era neanche bisogno di portare argomentazioni contro, i gay erano semplicemente non accettati, ritenuti deviati e da curare.
Il pride ormai è un evento della vita mondana, un target ben preciso, con un mercato dietro. E' un etichetta del popolo di sinistra che ha smarrito la sua strada, perso la capacità di difendere i diritti e che conserva per sé l'unico diritto che non costa nulla. Insomma a distanza di anni non vedo più nulla di osceno nel Pride, nulla che non sia già stato abbondantemente sdoganato. Ci si lamenta tanto degli uomini a torso nudo e non si guardano certi cartelli pubblicitari o certe trasmissioni televisive con la patonza sempre in primo piano.
I gay desiderano normalità e la buttano ormai sul sentimentale, sulla coppia sulla famiglia, non sul diritto di fare quel che cazzo gli pare senza dover rendere conto a nessuno dei loro comportamenti.
Infine c'è il tema del ballo, della danza, della musica, della parata, di quel frastuono inebriante che copre l'intera città che la stordisce senza più fargli capire di che si tratta, strappando un sorriso e convincendo che infondo il diverso piace, attrae, stupisce e a volte illude persino, visto che infondo è proprio nella diversità che siamo tutti uguali.
Quando vado trovo sempre meno motivi per stupirmi, sempre meno per sentirmi coinvolto. Non mi sento più gay da un pezzo, non mi sento più coinvolto da certe dinamiche da molto tempo. Non vedo discriminazione intorno a me, ma gente stupida e gente intelligente, gente sensibile e perfetti idioti, gente con cui ho un certo feeling sin da subito e gente con cui non avrò mai nulla a che spartire. Mi sento esattamente come tutti gli altri, nel senso che non percepisco neanche più la mia diversità. Anzi vedo, sopratutto tra gli etero che statisticamente sono di più, tanta gente instabile, che si accartoccia in amori illusori e ha rinunciato a capire veramente se stessa e adesso risulta questa l'unica vera differenza che faccio: tra chi conosce se stesso e ha trovato un proprio equilibrio e chi no.
Chi si accanisce contro il Pride semplicemente non ha un proprio equilibrio, come chi lo difende a spada tratta. Poi c'è chi va e chi decide di non andare semplicemente perché magari certe cose non fanno per lui. Credo che alla fine la questione sia tutta qui.

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Re: Perché il Pride dà più fastidio ai repressi che agli ete

Messaggio da agis » venerdì 17 giugno 2016, 23:23

Molte molte cose che mi trovano d'accordo Alyosha :)
Questi diritti a costo zero di cui parli sono stati definiti in certi ambiti in modo ancora più sprezzante: diritti cosmetici.
Non senza un certo razionale purtroppo a mio avviso perché, secondo questo modo di vedere, non sarebbero solo a costo zero ma si presterebbero a nascondere, più che un fallimento, un sostanziale tradimento delle cosiddette sinistre in una delle loro principali prerogative che sarebbe lo smorzamento delle eccessive diseguaglianze sociali attraverso una lotta di classe che si è creduto di mettere alla porta ma non vorrei davvero veder rientrare dalla finestra in forme violente almeno finché mi toccherà ancora di campare :). Ciò detto, a queste forme eminentemente politicizzate, ritengo si debbano preferire considerazioni legate al nostro comune auspicio di una conoscenza di sé stessi. Tu hai scritto che non ti senti più gay ed a questo non bisogna necessariamente attaccare un valore negativo come non bisogna mai sottrarsi all'ascolto di od opporre un semplice silenzio ad un possibile "avversario ideologico" quando si ritiene sostenga argomentazioni interessanti come ad esempio qui:

https://www.youtube.com/watch?v=SAHvLAJ-5aQ

che ne pensi? :)

No, perché alla sinistra non si è tradizionalmente attribuita solo la prerogativa di uno smorzamento delle eccessive diseguaglianze sociali ma anche il difficile e gravoso compito di pensare l'innovazione di tentare sempre questa, quasi maitreica, "cavalcata del divenire".

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Re: Perché il Pride dà più fastidio ai repressi che agli ete

Messaggio da agis » sabato 18 giugno 2016, 13:30

Pugsley ha scritto:(...)[*]
Invece gli etero che vanno al Pride e sono a favore delle tematiche LGBT, sono persone che stimo molto perché, se non hanno persone LGBT vicine "da proteggere" (...)
Pugsley
e quand'anche ne avessero Pugsley? :)

O natura cortese,
Son questi i doni tuoi,
Questi i diletti sono
Che tu porgi ai mortali. Uscir di pena
E' diletto fra noi.
Pene tu spargi a larga mano; il duolo
Spontaneo sorge: e di piacer, quel tanto
Che per mostro e miracolo talvolta
Nasce d'affanno, è gran guadagno.
Umana
Prole cara agli eterni! assai felice
Se respirar ti lice
D'alcun dolor: beata
Se te d'ogni dolor morte risana.


La citazione è ovviamente da Leopardi. The bold is mine.

Ciao Brenda. Domina mea non sum dignus :)

http://www.usmagazine.com/celebrity-new ... ng-w210174

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Re: Perché il Pride dà più fastidio ai repressi che agli ete

Messaggio da Pugsley » sabato 18 giugno 2016, 16:28

Alyosha avresti ragione se ci trovassimo in Francia, in Spagna, in Canada, in UK o in USA, ma siamo in italia e abbiamo solo una misera legge sulle unioni civili (senza obbligo di fedeltà, perché la Chiesa deve sempre mettere il suo zampino), senza una legge anti-omofobia, senza una stepchild, senza adozioni o utero in affitto.

La legge sulle unioni civili l'abbiamo avuta solo perché negli ultimi anni abbiamo avuto l'Onda Pride sparsa in tutte le maggiori città italiane e soprattutto culminata la manifestazione "Svegliati Italia" del gennaio scorso. Piazza della Scala a Milano era gremita di gente ed è stata un po' l'ago della bilancia. E io ero in piazza.
Non erano ventenni quelli in piazza ma gente dai 30 in su, gente che ha bisogno di costruirsi un futuro e una famiglia. Non erano universitari di primo pelo che cercano avventure.

https://www.milanoweekend.it/wordpress/ ... nini-2.jpg

E purtroppo queste cose le ha sposate solo la sinistra, ma sono propriamente di destra. Normalizzare l'omosessualità come l'eterosessualità, inbrigliandola nelle strutture eterosessuali ed a volte eteronormative dovrebbe essere una prerogativa della destra. A sinistra invece si dovrebbe tendere ad evitare il matrimonio o a definirsi Queer più che LGBT.

Pugsley

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