Un caro saluto a Milos.
Beh sì ho molto da dire. Vediamo di trovare un punto su cui iniziare...anche se alla fine sarebbe una presentazione di me stesso che nel topic di Ccarr è fuori luogo.
Il mio percorso di accettazione è diventato pubblico, o forse sarebbe meglio dire politico-pubblico, nel momento in cui, da studente magistrale in Geografia, nel gennaio 2011, mi iscrissi al primo laboratorio universitario italiano con tematica lo studio dell'omosessualità decantata secondo le varie discipline del mondo del sapere. Laboratorio approvato dal Senato accademico dell'Università degli Studi di Milano (detta Statale), ma curato in autogestione da Gaystatale, sotto la supervisione della Professoressa Antonella Besussi di Scienze Politiche.
Qui di seguito l'iniziativa, gli incontri e i podcast delle lezioni.
http://podstudy.spolitiche.unimi.it/groups/labautomo/
Il titolo era piuttosto accattivante: "Omosessualità: un mondo nel mondo".
L'iniziativa venne denigrata per un mese dal quotidiano Libero, denunciando che le lezioni erano volte alla formazione di persone omosessuali...per poi zittirsi, capendo che invece aveva un fondamento scientifico multidisciplinare di lungo corso in ambito internazionale.
Il laboratorio nacque a seguido di un atto di omofobia compiuto da un tecnico che operava in Statale che si era messo a stracciare nelle bacheche, dei volantini della riunione settimanale del collettivo GayStatale. L'operaio, colto sul fatto da un componenete di GayStatale, ebbe una discussione concitata e omofoba con lo studente, al punto che l'atto venne denunciato in Rettorato come caso di omofobia e si chiese all'Università di prendere provvedimenti adeguati...il tutto si risolse con una iniziativa di promozione e conoscenza della realtà omosessuale non solo verso agli studenti, ma anche all'intero pubblico milanese.
Il laboratorio consisteva in 11 incontri, con cadenza settimanale, da fine gennaio a maggio. Il laboratorio permetteva di acquisire 3CFU validi come superamento di un laboratorio obbligatorio universitario.
Gli 11 incontri erano tenuti da esperti universitari o da esponenti nazionali che si occupavano al momento di tematiche LGBT.
Non era un solo da ascoltare: per avere i 3 CFU dovevi superare due prove: a metà delle lezioni c'era da elaborare in autonomia un breve paper su un argomento LGBT delle lezioni che ti aveva particolarmente colpito, mentre al termine a maggio c'era una prova a crocette sui temi trattati nell'intero corso.
L'omosessualità è stata decantata secondo la sociologia, la filosofia, l'antropologia, la psicologia, la medicina, la giurisprudenza, la storia, la politica, i diritti, la discriminazione, l'uguaglianza e la differenza.
Mi accorsi subito, mentre frequentavo la prima parte delle lezioni interessantissime, che da studente in Geografia, mancava il punto di vista della Scienza Geografica, e la cosa mi colpì molto: la ritenni una grave mancanza del mondo accademico.
Breve flash-back.
Nel dicembre 2010, casualità ha voluto, che facendo un giro con un amico gay alla libreria Hoepli in centro città, ci fosse un libro intitolato "Geografia di genere" a 16 euro. Lo acquistai senza nemmeno pensarci troppo...curioso di capire che risvolti geografici trattasse. Era il primo libro in assoluto di un editore commerciale dedicato a questa tematica (tempo dopo conobbi l'autrice delle parti LGBT, oggi mia carissima amica e collega).
L'insieme delle tre cose: il laboratorio multidisciplinare, il libro di Geografia di genere, e il paper da elaborare, mi stuzzicarono molto l'idea di non scrivere cose già ripetute a lezione, ma di scrivere delle questioni omosessuali secondo lo spettro della Geografia. Il tutto mi aprì un mondo nuovo ed entusiasmante.
A distanza di tempo venni a sapere da quelli che poi diventarono miei amici del collettivo GayStatale, che il mio paper fu, tra i 200 visionati, tra i primi più interessanti e innovativi che avessero letto.
Le lezioni mi aprirono alla cultura omosessuale in maniera molto scientifica e colta, aiutandomi anche a livello interiore a cercare un mio senso di esistenza nel mondo.
Lì si butto in me il seme delle unioni civili e del matrimonio gay, e i primordi delle adozioni omogenitoriali, ma non ancora della GPA, arrivata dopo nel dibattito nazionale.
Feci il test a crocette completamente giusto, zero errori.
Molta bibliografia iniziai a conoscerla grazie a questo laboratorio.
Molti amici, successivamente, non convalidarono l'esame nel libretto, per paura di una stigmatizzazione, io invece volli compiere un'azione politica facendomelo riconoscere. Per me era un laboratorio supplementare fuori piano, perché avevo già svolto tutti i laboratori che mi si richiedeva normalmente da superare. Il Geografo più alto in grado del dipartimento di Geografia, Guglielmo Scaramellini, mi disse senza batter ciglio che la Facoltà di Lettere e Filosofia lo riconosceva e che il Consiglio del Dipartimento di Geografia, essendo sotto tale Facoltà, non si sarebbe certamente tirato indietro, quindi di mandare avanti la pratica necessaria al riconoscimento. Venni poi a sapere dell'approvazione dal Prof. Dino Gavinelli, allora ricercatore, oggi ordinario di Geografia alla Statale, nonché mio relatore magistrale in Geografia (una persona che ritengo mio mentore geografico assieme al Prof. Giuseppe Rocca di Genova, data anche la stessa età del mio papà).
Potremmo dire che il racconto finisce qui, ma non finì qui.
I ragazzi di GayStatale mi chiesero di partecipare alle riunioni del gruppo, ma mi sentii solo di dare un mio appoggio esterno, partecipando alle iniziative agli incontri e al Gay Pride milanese. Ho riflettuto molto all'epoca, capedo già da allora che la mia missione era di portare le tematiche LGBT all'interno della Geografia, anche a costo di essere accantonato dal mainstream dell'Accademia.
Laureatomi in magistrale, su altri temi, chiesi ai miei Professori come si potesse diventare ricercatore in Geografia, un mondo allora a me sconosciuto. La strada era dura faticosa e lunga.
L'accesso per concorso al ruolo di dottorando non era semplice, e adesso ancora meno, a causa della riduzione dei posti a disposizione.
Provai a concorrere a Padova, una città a me all'epoca sconosciuta e terrorizzante.
L'Università degli Studi di Padova è la terza Università più antica del mondo (fondata nel 1222 d.C.), e vanta la prima cattedra universitaria di Geografia in Italia, tenuta dal Prof. Giuseppe Dalla Vedova (1872).
E il Dottorato esistente era denominato in Studi Storici, Geografici e Antropologici, curriculum "Geografia Umana e Fisica".
Insomma un luogo e un ruolo prestigiosissimo per un Geografo, opportunità che esigeva la massima serietà e rispetto.
Feci le pratiche, feci il concorso...nel frattempo mi preparai anche per il primo concorso di TFA. Il 1 agosto mi comunicarono che avevo tempo 24 ore per accettare un posto senza borsa da dottorando.
Ero al mare in Sardegna...ci misi 1 giorno a mandare fax e prima rata via bonifico...con la paura matta di non farcela a fare in tempo.
Mandai quindi in malora la prosecuzione del concorso in TFA.
Mi domanderete che tema scelsi di studiare. Non la Geografia LGBT, anche se in cuor mio lo volevo con tutte le mie forze. Avevo paura che i Professori di Padova, che non erano nemmeno i miei di Milano che mi conoscevano, non mi capissero e trovassero il tema fuori luogo e non adeguato. Dopo difficoltà a monte nel reperire certi dati della ricerca che avevo scelto, blindati dalla Società Italiana degli Editori, anche dopo lettera ufficiale con tanto di carta intestata, firma del docente e bollo del Dipartimento, ma anche da altre piccole problematiche del tema, nettamente più didattico e pedagogico, e meno puro-geografico, nonché da offerte di lavoro più interessanti della mia tutor in altra Università fuori Padova, pensai di cambiare tema...aumentando le insistenze alla mia docente di riferimento chiedendole di poter trovare altra strada di ricerca. I Docenti padovani mi dissero che se avessi presentato una bibliografia corposa, autorevole e adeguata al tema, un progetto di ricerca scritto bene e adeguato e soprattutto una docente di Geografia che mi tutorasse, la mia proposta sarebbe stata attentamente vagliata. La vicenda da qui in avanti ha dell'incredibile. Feci una rapida ricerca e venni a sapere la colei che poi sarebbe diventata la mia tutor, una docente di Milano, della Università degli Studi di Milano-Bicocca, una docente che ebbi l'onore di avere come insegnante assieme ai suoi due colleghi, per l'esame di Geografia del Turismo anni prima, era diventata Responsabile Nazionale del Gruppo Geografia e Genere dell'ente Scientifico più importante d'Italia di Geografia, l'AGeI, Associazione dei Geografi Italiani, l'associazione a cui fanno parte solo i docenti universitari di Geografia, l'ente in assoluto Re di tutta la Geografia Nazionale. Era agosto, in una notte scrissi una lunga email. La Prof. mi scrisse immediatamente di venire a ricevimento a settembre e di spiegare a Lei la cosa di persona. Mi recai lì e spiegai tutto. E le dissi che ero anche omosessuale. La mia scelta fu un atto di onestà intellettuale e politica. Marcella mi disse che mi appoggiava solo se fossi arrivato fino in fondo in modo serio e deciso, e da lì assieme al mio vice-tutor, nacque un rapporto di stima reciproca anche personale che mi ha portato a diventare Dottore di Ricerca. Il tema specifico fu a lungo meditato e la ricerca compiuta fu difficile, faticosa, impegnativa, come una ricerca di Dottorato deve essere, ma anche molto interessante, ho passato tutti i giorni moltissime ore al giorno a documentarmi a leggere di Geografia LGBTIA, Queer, di Genere in documenti non italiani e a lavorare sul campo: ancora adesso proseguo con interesse e passione questa pratica.
La mia ricerca è senza dubbio tra le prime in Italia che si occupa di Geografia LGBTIA, e la prima in assoluto a Milano. La ricerca non è finita certamente con la tesi di Dottorato, è in continuo ridefinirsi, migliorarsi, approfondirsi, abbellirsi.
Tirando le somme del discorso, perché dire tutto questo? Perché tutto è partito dal laboratorio del collettivo GayStatale, il laboratorio multidisciplinare sull'omosessualità del 2011.
Per questo motivo sono stato perentorio sul chiarire meglio il giudizio negativo di collettivo universitario omosessuale, circoscrivendo bene l'accusa denigrante. Un collettivo universitario omosessuale non è un covo di escort che organizza orge nelle aule universitarie, è tutt'altro, gli studenti che vi partecipano si fanno carico, oltre agli impegni universitari di ogni laureando, anche di bisogni e istanze del mondo politico e civile.
Grazie dell'attenzione e scusate la prolissità.
A presto
Pugsley