LEZIONI DI VECCHIAIA GAY - ESAME DI UN SOLO CASO

La vera vita dei gay anziani, Gay e problemi della terza età, Gay anziani e ricordi di vita.
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LEZIONI DI VECCHIAIA GAY - ESAME DI UN SOLO CASO

Messaggio da progettogayforum » giovedì 2 luglio 2020, 0:53

Non so che cosa intendano le persone giovani quando parlano di vecchiaia gay. Io sono un vecchio gay, non ho nessuna pretesa di essere il paradigma del vecchio gay, ma sono il vecchio gay che conosco meglio. Raccoglierò in questi post alcuni brani che illustrano come vivo la mia vecchiaia gay. Ovviamente è tutto parziale e relativo ma può dare un'immagine della realtà, almeno della mia.

POMERIGGIO ESTIVO DI UN VECCHIO GAY

Sono giornate calde d’estate, ci sono le limitazioni dovute al covid, ma qui sono piuttosto blande, e poi, covid o non covid, uscirei comunque pochissimo di casa, perché fuori sentirei la fatica, dentro casa invece c’è ombra, la temperatura è più bassa e si sta abbastanza bene, tra un po’ di musica, il bucato, la spesa e le pulizie, gran parte della giornata se ne va tranquillamente. C’è internet, per un minimo di posta e di socialità, e poi c’è lo spazio tipico dei vecchi, quel dolce far niente che aumenta la distensione. È una vita da vecchio, ma non è la classica vita da vecchio, nessuna preoccupazione per figli e nipoti, nessun conflitto, ovviamente nessun supporto o quasi quando se ne presenterà la necessità, che prima o poi si presenterà per forza. Che c’è rimasto di gay? La risposta è articolata: qualche ricordo, certo, qualche amicizia che non si è perduta e che comunque rimanda al passato. Il presente è molto elementare, senza proiezioni e sostanzialmente senza desideri, permeato di ordinarietà e di quotidianità senza alcuna progettualità. Prima c’era il forum, la posta, i blog, il manuale, il blog Inglese, le traduzioni ecc. ecc., adesso c’è il relax fisico, l’assenza di fretta derivante dall’assenza di progettualità. Le rare volte che esco di casa mi trattano come un vecchio, con rispetto, se vogliamo, ma con un enorme distacco e questo rafforza il mio proposito di mettermi da parte. Non ho nulla da costruire, devo solo andare avanti come sarà possibile e finché sarà possibile. Attualmente le cose vanno ancora abbastanza bene, ma i terremoti e i tornado che distruggono tutto arrivano senza preavviso e bisogna essere preparati. Sistemando le mie carte vecchie e le vecchie fotografie ne ho trovate parecchie di più di 50 anni fa. Adesso guardo quelle foto come qualcosa che non è più sostanzialmente mio. Le foto di quando avevo vent’anni, di quando ne avevo trenta, di quando avevo progetti per la mente, sogni, desideri, di quando c’erano cose che potevano farmi stare psicologicamente male appartengono a un passato irrecuperabile, oggi ho solo paura della sofferenza fisica, della malattia, delle limitazioni che produce nel corpo e nella mente, ma tutto il resto mi è divinamente (la parola è ironica) indifferente. Io penso che per spiegare che cos’è la vecchiaia sia sufficiente la parola distacco. I doveri morali esistono comunque ma gli entusiasmi non esistono più, le proiezioni non esistono più e si comincia a guardare il mondo dal di fuori, con distacco, appunto, e piano piano lo si capisce meglio perché si è messa da parte la lente deformante di chi guarda sperando qualcosa. L’assenza di speranza non è disperazione ma serenità e distacco. Il calore intensissimo delle prime ore del pomeriggio va scemando, c’è tanta luce ma non più il sole abbagliante. Arriva quel po’ di sopore del dopo pranzo ed è bello potersi concedere un po’ di riposo perché non ci sono cose da pensare o da fare, non ci sono doversi impellenti, non c’è nulla che non possa essere rinviato almeno di un giorno. La solitudine non crea sempre disagio, talvolta rilassa, ci scioglie dai doveri e ci riconsegna a noi stessi, spero di poterne godere ancora a lungo! Osservo talvolta i miei coetanei e vedo la loro vita lontanissima dalla mia. Loro devono rincorrere le generazioni successive, hanno l’illusione di perpetuarsi nei figli e nei nipoti, l’illusione di contribuire al procedere del mondo, ma i rapporti coi figli e coi nipoti sono spesso così enfatizzati, la loro dimensione “naturale e biologica” è così sottolineata e data per scontata, che sorge il sospetto che si debba incoronare un insieme di obblighi sociali, dando loro il colore dei rapporti affettivi. Il gioco funziona quando i figli e i nipoti sono piccoli, ma quando cominciano a crescere e ad avere una loro personalità, arrivano i conflitti, le incomprensioni e i distacchi. Per me non ci sono conflitti generazionali perché con me nessuno ha obblighi scontati “naturali e biologici” da rispettare, e nemmeno di altro genere, quello che c’è va bene finché c’è, poi tramonta come ogni altra cosa del mondo, nel senso che i distacchi non sono mai tradimenti ma sono una possibilità, e aggiungerei, una certezza, implicita nella condizione stessa di libertà e gratuità dei rapporti affettivi. In campo affettivo, l’effimero non è una degradazione dell’eterno, ma è l’unica condizione possibile per i rapporti autentici. L’instabilità non è un difetto perché libera dalle trappole dei doveri subiti perché accettati al buio, senza che se ne comprenda la portata. Vedo tanti miei coetanei che parlano molto, io preferisco stare zitto e ascoltare, non perché penso che il silenzio sia più prezioso, ma semplicemente perché non ho nulla da dire. Non tutti gli interessi sono svaniti, a certi contatti umani do ancora molto peso, con certe persone (poche) ho piacere di parlare, non so neanche io perché, ma ancora succede, segno che da vecchi non si perde del tutto l’umanità. Piano piano è arrivata la notte, intorno è tutto silenzio, è ora di prendere le ultime medicine e di riposare. Domani è un altro giorno.

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Re: LEZIONI DI VECCHIAIA GAY - ESAME DI UN SOLO CASO

Messaggio da progettogayforum » lunedì 6 luglio 2020, 1:38

L’INDOMANI

Sono le 7.00, apro la finestra e fuori fa fresco, è una bella sensazione. Mi siedo al computer, c’è una spia rossa accesa sul modem e ci sono altre spie spente, per capire di che spie si tratta ho bisogno della lente d’ingrandimento perché non vedo bene da vicino. La spia rossa è “infoled”, accendo comunque il PC ma è impossibile accedere a internet. Si comincia bene! Che fare? Chiamare il 187? Intanto provo la vecchia ricetta: spegnere e riaccendere il modem, aspetto qualche minuto ma è tutto esattamente come prima. Dovrei chiamare il 187, ma è ancora presto, aspetterò le 8.00, nel frattempo mi preparo un po’ di coazione. La sera devo mangiare pochissimo. E adesso che faccio fino alle 8.00? Avrei da leggere una mail di ieri notte ma non posso accedere, quindi niente! È una brutta sensazione essere fuori dal mondo per problemi tecnici. Ovviamente non funziona nemmeno il telefono fisso, dovrei chiamare il 187 da telefonino, cosa che con il nuovo telefonino “intelligente” non ho mai fatto. Gli smart saranno pure eccezionali e miracolosi ma sono diavolerie che fanno diventare nevrotiche anche le persone più tranquille. Pensiamo alla colazione! Il microonde ha suonato e la bustina di tè è nell’acqua, pochi minuti ancora, poi dovrei preparare le fette col burro e la marmellata, che si mangiano in 10 secondi ma si preparano in 10 minuti. Forza e coraggio! Intanto si son fatte le 8.00, provo a telefonare al 187. Il risponditore automatico mi dice che nella mia zona c’è un disservizio che potrebbe riguardare la mia linea e che i tecnici ci stanno lavorando, il che significa che il servizio potrebbe essere ripristinato tra stasera e domani sera. In genere si prendono 48 ore per ristabilire la situazione e il problema esisteva già da ieri notte. Prevedo due giorni di astinenza forzata da Internet. Intanto il tè si è adeguatamente raffreddato, niente burro e niente marmellata e niente fette biscottate, solo tè con poco zucchero. Ieri sera ho mangiato troppo e un po’ di sana limitazione oggi è indispensabile. Oggi patate e carote lesse e petto di pollo e basta, per pranzo, e per cena due mele di tipo diverso. Mi viene la tentazione di bagnare due biscotti nel tè ma la scaccio. Sono le 8.13, guardo il mio modem e, miracolosamente, le spie sono tutte verdi. Provo ad accedere a internet e funziona! Ho dubitato della Tim, ma hanno rimesso tutto in funzione in tempi brevissimi. Per la colazione ci ripenso. Tè, fette biscottate integrali, non più di quattro, burro e marmellata, serve anche a passare il tempo. Ecco qua, colazione fatta, cosa importante: devo lavarmi i denti! Vado! Ecco fatto! I doveri del mattino sono compiuti, e adesso che si fa? Vediamo la posta. Ovviamente non c’è posta salvo la mail rimasta indietro ieri, che però è solo di due righe di convenevoli. Che posso fare? La coperta che avevo lavato ieri è quasi asciutta e anche la mia palandrana invernale (come quella di Paperon de’ Paperoni) è quasi asciutta, e dovrei pensare soprattutto a dove mettere la coperta che è molto voluminosa. Per un po’ posso mettermi al PC a guardare annunci immobiliari, è un’attività che mi è sempre piaciuta anche se non devo certo comprare casa né qui né altrove. Apro una mail che non apro quasi mai, qui una mail c’è. Mh … è una mail di sei mesi fa che mi pare di aver già letto da qualche parte. Vado a cercare tra le mail che uso di più e ne trovo una identica alla stessa data, evidentemente la mail mi è stata mandata due volte ad indirizzi diversi. Comunque a questa mail avevo già risposto a suo tempo, meglio così: non è successo niente! Mi lamentavo di non sapere come passare il tempo ma ho ricevuto due lunghissime telefonate, tutto sommato piuttosto gradevoli, e ho passato la mattina così, in fondo qualche amico ce l’ho anche se sono vecchio e mi faccio paura quando mi guardo allo specchio, Adesso posso ancora stare solo e in fondo solo sto bene ma chissà quanto durerà. Per me è meglio non pensare al futuro, eppure il tempo se ne sta scappando via velocissimo. Ieri ho beccato due delusioni brutte ma bisogna resistere. Quelle delusioni le sento, non posso eliminarle, devo solo abituarmi a conviverci, non le devo svalutare, le devo solo accettare per quello che sono, cioè come delusioni e per accettarle le devo leggere con una logica diversa dalla mia, perché con ogni probabilità le persone che mi hanno dato quelle delusioni neppure se ne sono accorte. Giro la pagina della mia agenda.

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Re: LEZIONI DI VECCHIAIA GAY - ESAME DI UN SOLO CASO

Messaggio da agis » martedì 7 luglio 2020, 9:41

Eeeeh vabbè sempre il solito esagerato. Se ti devi lavare i denti significa che almeno quelli ce li hai ancora eh, suvvìa! ^ _ ^ E, come dice il vecchio proverbio:

Chi ha pane non ha denti e
chi ha denti ha fette biscottate

Tua sempre devota

Marie Antoinette 8-)

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Re: LEZIONI DI VECCHIAIA GAY - ESAME DI UN SOLO CASO

Messaggio da progettogayforum » martedì 7 luglio 2020, 11:58

POCHI GIORNI DOPO

Non funziona di nuovo la linea internet, solita risposta sul risponditore automatico. È lunedì, sono le 23 in punto sono qui a riflettere sul mio futuro, l’argomento al quale meno vorrei pensare. Forse ho evitato alcune brutte complicazioni, almeno sembrerebbe così, ma i problemi restano comunque e sono molto seri. Giorni fa parlavo di delusioni, ho cercato di rifletterci, in effetti non sono proprio delusioni e forse sono anche cose positive, non per me, certo, per me sono sostanzialmente neutre. Perché dovrei parlare di delusioni? La delusione postula una precedente illusione, che però di fatto non c’è mai stata. C’è un tempo per tutte le cose ma piano piano, per i vecchi, c’è sempre meno tempo. Il primo comandamento per il futuro: NON PENSARE AL FUTURO! Che arriverà comunque a tempo suo. Non pensare nemmeno al passato, a quello che avrebbe puto essere e non è stato. Ci resta solo il presente ma anche lì le incertezze sono tante. Dovrei imparare a staccarmi da me stesso, a guardare con lo sguardo di altre persone, dovrei dedicare il tempo che mi resta ad altre persone, ma a persone anonime, ad un generico prossimo impersonale, verso in quale si possono avere doveri ma non aspettative. Sono capace di fare una cosa simile? Qualcuno mi direbbe che la volontà può fare grandi cose, ma non sono mai stato capace di fare grandi cose: tanta mediocrità e finisce tutto lì. La paura del futuro mi lega alle cose del mondo perché mi pare che potrebbero servirmi a combattere la mia battaglia, in effetti non ho nessuna battaglia da vincere perché certe battaglie non si possono vincere, si devono però combattere comunque ed è per questo che servono le armi, o ci si illude che servano. Ecco che non sto più osservando il comandamento che mi sono dato poche righe fa. Il futuro incombe. Incombe anche perché il presente è sostanzialmente vuoto, sia di fatto che, per quanto possibile, per scelta. Potrei fare tante cose ma non le faccio. E poi, di che cosa si può riempire il tempo se non di attese? Ma anche quelle vengono meno e si arriva ad un punto in cui è meglio astenersi dall’attendere, o almeno provarci, perché l’oggetto dell’attesa non è più sperato ma temuto. Internet ha una grande funzione per un vecchio: aiuta a non pensare, distrae, riempie il tempo e crea, tutto sommato, poche illusioni. È l’elogio di Internet, il cui valore si riscopre quando internet non funziona e il mondo torna per qualche ora quello di alcuni decenni fa. Allora ero capace di riempire il vuoto e guardavo il futuro senza paura. Oggi sono più debole, mi è molto più difficile uscire da me stesso, ho sempre pensato che la capacità di uscire da se stessi fosse la chiave della felicità, mi accorgo solo adesso di quanto sia difficile e di quanto le mie chiacchiere siano inconcludenti. Mi faccio maestro di principi che non applico, predico agli altri ma non a me stesso, più che cercare di capire, cerco di non capire, cerco di sbagliarmi, di illudermi, di pensare come prima, ma le prospettive sono cambiate. A che serve il passato? Solo a vedere accorciarsi il futuro. Come diceva Pasolini vivere e amare si coniugano solo al presente, usati al passato diventano il veicolo della disillusione e della malinconia, usati al futuro spalancano le porte alle illusioni e agli autoinganni. Ciò che ci spinge a pensare non è il bisogno di verità o di giustificazioni, ma è solo la necessità di fare i conti con la realtà, perché l’obbiettività fisica si impone con il suo criterio ineluttabile di oggettività. Sono i fatti e i problemi fisici che accendono il pensiero e talvolta lo rendono ossessivo, quando riflettere non serve a risolvere ma solo ad accettare, cosa umanissima, figlia della nostra dimensione effimera. Allora si comincia ad usare il cervello in modo serio, non proiettivo, non illusorio, ma comunque completamente inutile. Si intende usare il cervello al massimo finché è possibile, perché anche quello deperisce. Ci vorrebbe uno specchio del cervello per rendersi conto del decadimento del cervello come ci si rende conto del decadimento del corpo. È ora di prendere le medicine! Ecco fatto! È mezzanotte. Comincia un nuovo giorno. Da un rapido conto so di avere vissuto più o meno 25.000 giorni, decisamente tanti! E per fare che cosa? Tante chiacchiere, tante cose inutili, per porsi tanti problemi inutili. La vita è questo, ormai l’ho capito da un pezzo! Non ho figli, il mio mondo finirà con me, che alla fine, al di là delle illusioni, è l’unica certezza per tutti quelli che vedono la luce di questo mondo. Più che chiedersi quale sia il senso di tutto questo, domanda priva di senso, bisognerebbe cercare di dare un senso a tutto questo, ma per farlo bisognerebbe uscire dalla dimensione egoistica ed è difficilissimo. È ora di chiudere il PC e di andare a dormire, sperando di dormire bene.

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Re: LEZIONI DI VECCHIAIA GAY - ESAME DI UN SOLO CASO

Messaggio da agis » martedì 7 luglio 2020, 18:34

Pfffft eh quante storie ^ _ ^ Io, da brava talpa, ritengo lo spazio una categoria di molto più interessante del tempo - al quale tu tanto fai riferimento -non foss'altro per la minore univocità mentale costruttiva che si rileva facilmente all'interno di linguaggi umani pur tra loro strettamente imparentati come potrebbero essere quelli della koiné linguistica indoeuropea. Ma il tuo problema è ovviamente sempre il solito: considerare spazio e tempo come entità oggettive quando già Kant, 300 anni fa, s'era perfettamente reso conto che così non era. Poi è ovvio che a lui si potrebbe rimproverare, ex-post, il persistente residuo dualista di considerarle, in quanto "forme a priori della ragion pura" (?) delle "categorie speciali" (?) quando non si vede una 'particolare necessità di considerarle tali ^ _ ^. Che differenza dovrebbe esserci tra il tempo e l'amore? Tra lo spazio e l'eguaglianza ? Tra l'affetto e la differenza? 8-)

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Re: LEZIONI DI VECCHIAIA GAY - ESAME DI UN SOLO CASO

Messaggio da progettogayforum » giovedì 9 luglio 2020, 16:37

SPERSONALIZZARE

C’è un concetto, nella tradizione cristiana, che mi ha sempre colpito, ed è il concetto di prossimo, è un concetto sul quale è utile riflettere. Il prossimo è un concetto estremamente generale e onnicomprensivo che supera e travolge la sua stessa etimologia. Il prossimo non è il vicino contrapposto al lontano o l’amico contrapposto al nemico. Il concetto di prossimo non è divisivo e si fonda sull’idea di una prossimità fra tutti gli essere umani. L’idea di prossimità risulterebbe quindi basata sulla condivisione della natura umana, Tuttavia la prossimità si potrebbe estendere anche agli animali e a tutti gli esseri viventi con i quali condividiamo comunque una natura vitale, anche se molto meno specifica. Ma per il momento mi fermo alla prossimità umana che postula la condivisione di una natura umana, resta però indefinito il concetto di natura umana che chiaramente deve trascendere le differenze culturali e deve avere una base antropologica comune. Si potrebbe a questo punto richiamare il concetto biologico di specie umana che ha almeno il vantaggio di superare le differenze di etnia e di fondare un concetto antropologico di prossimo che abbia un fondamento genetico oggettivo, ma forse i concetti di umanità e di specie umana sono solo due diverse declinazioni dello stesso concetto, la prima sotto il profilo antropologico e la seconda sotto il profilo biologico.
Il concetto di prossimo però sembra racchiudere in sé e probabilmente racchiude effettivamente in sé una caratteristica unica, che lo rende prezioso sotto molti punti di vista, parlo della spersonalizzazione. Noi siamo abituati a dare il nostro affetto o il nostro tempo alla tale o alla talaltra persona, non al nostro prossimo astrattamente inteso, cioè noi orientiamo le nostre scelte affettive e relazionali in modo fortemente personalizzato. Ci si innamora di una o più persone determinate ed è ovvio che non ci si innamora di una donna o di un uomo, ma di quella donna o di quell’uomo, se queste sono forme d’amore non hanno certamente nulla a che vedere con l’amore del prossimo. L’amore del prossimo è oggetto di un comandamento, anzi del maggiore tra tutti i comandamenti, segno che si presume che amare il prossimo non sia un comportamento spontaneo. In effetti i comportamenti spontanei salvo rarissime eccezioni non sono gratuiti ma derivano da una valutazione di dare e avere che si traduce nella opportunità o nella convenienza di condividere qualcosa con un’altra persona al fine di realizzare una finalità comune. L’altro è il partner, il collaboratore, il cooperatore nella realizzazione di un disegno comune, non conta di per sé ma in quanto strumento per la realizzazione di uno scopo comune. L’amore del prossimo non è solo spersonalizzato, ma è gratuito, cioè non implica alcuna finalità comune. Si potrebbe concludere che al di là dell’ottemperanza ad un comandamento ed anzi al più importante dei comandamenti, l’amore del prossimo è in realtà un sacrificio cioè una riduzione delle proprie potenzialità alla quale si può riconnettere una ricompensa ultraterrena in una dimensione che va oltre la morte. Ma questa visione appare troppo mistica, troppo slegata dalla realtà che è l’oggetto di studio dell’antropologo. Mi chiedo dove sia la gratificazione, tutta umana e terrena, dell’amore del prossimo inteso come sacrificio. La risposta viene dal concetto stesso di prossimo come realtà spersonalizzata. Fare del bene “al prossimo” e non a Tizio o a Caio, crea un contatto con una realtà astratta che proprio per questa sua caratteristica non delude mai, perché non si vede, un po’ come il concetto di Dio, che possiamo creare a nostra immagine e somiglianza. Tizio o Caio possono deludere, il prossimo non delude mai. Il silenzio di un amico irrita, mentre al silenzio di Dio diamo automaticamente il valore di una risposta. Un investimento fatto a fini di lucro suscita aspettative, una donazione gratuita per il prossimo, inteso nel senso spersonalizzato del termine, non crea nessuna aspettativa, almeno in questo mondo, non saprei dire se ne crea nell’altro, e comunque è ovvio che anche le proiezioni metafisiche hanno effetti psicologici tutt’altro che trascurabili nella psicologia individuale.
Il discorso generalissimo che si è fatto sul prossimo può essere riportato anche in un ambito di appartenenza molto più ristretto della dimensione umana, penso in concreto alla dimensione gay. Seguendo il modello del prossimo, tutti i gay condividono una gaiezza comune e per questo, proprio in ragione della condivisione di una natura comune ogni gay dovrebbe amare e rispettare tutti gli altri gay come se stesso, ma come è possibile fare una cosa del genere? La risposta è la stessa che si dà nel caso dell’amore del prossimo, il gay spersonalizzato, elevato a categoria, non delude mai. Tizio o Caio deludono ma combattere per la Santa Causa Gay non espone mai a delusioni.
La spersonalizzazione dei rapporti, cioè il sostituire ai rapporti con esseri umani in carne e ossa astrazioni e categorie, ci fa sentire vivi e attivi, senza esporci alla delusione, perché il gioco tra il soggetto e il suo corrispondente astratto e spersonalizzato è tutto interno alla mente del soggetto e può essere caricato di qualunque significato a seconda delle necessità e dei bisogni.

Spersonalizzazione e vecchiaia

Da giovani ci si innamora di altre persone concrete, si è più disposti ad accettare l’indifferenza e il rifiuto e si è meno condizionati dal passare del tempo, poi gli anni passano, le disillusioni si accumulano l’interesse a “provare” per l’ennesima volta pian piano viene meno ed è proprio allora che si fanno largo i concetti astratti, le appartenenze di principio e le sante cause, è lì che l’essere gay diventa una questione ideologica astrattamente identitaria, sostitutiva di rapporti reali per i quali ormai il tempo è passato. Le astrazioni sono in sostanza l’antidepressivo che mira a ricostruire un sé tutto autonomo, quando il sé relazionale è di fatto venuto meno.

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agis
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Re: LEZIONI DI VECCHIAIA GAY - ESAME DI UN SOLO CASO

Messaggio da agis » venerdì 10 luglio 2020, 23:05

Vabbè dai, vedendo il bicchiere mezzo pieno, questa "spersonalizzazione" potrebbe sembrare vagamente promettente ma quale cazzo di etimologia dovrebbe travolgere questo povero "prossimo" che è concetto squisitamente categoriale? :lol: :lol: :lol:
C'è, ad esempio, un oggetto che dista da noi soltanto 4,104×10¹³ km, circa 270.000 volte la distanza che separa la terra dal sole e, ciò nondimeno, questo oggetto è una stella che è stata chiamata Proxima Centauri. Il tuo persistente errore dualista fa sì che tu non ti avveda del fatto che questo "prossimo", lungi dal perdere, ex-post, uno statuto oggettivo, contrariamente a Tizio o Caio, aveva natura categoriale sin dapprincipio ^ _ ^.

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Re: LEZIONI DI VECCHIAIA GAY - ESAME DI UN SOLO CASO

Messaggio da AlbusDumbledore » domenica 16 agosto 2020, 22:45

Delicato agis...
Ma in generale mi trovo abbastanza d'accordo con te, più nel tuo secondo commento, che mi sembra, nella sua particolare complicatezza, ben costruito e fondato.

Project, io leggo questo tuo diario (se così posso definirlo) con grande piacere. Mi sono chiesto molte volte in che modo tu stia vivendo la tua vita, in che modo stai usando l'esperienza dei tuoi anni e di ciò che hai tirato su (come questo sito e tutto quel che ne è conseguito) e ora posso leggere pezzi della tua vita quotidiana che apprezzo davvero molto.

Arrivo al MA.
Quello che mi turba è la monotonia del trascorrere del tuo tempo, il modo in cui le giornate si ripetono ugualmente, a ritmo verghiano, costanti, immutabili.
Il tempo è una risorsa limitata per tutti, non solo per i meno giovani. Tutti noi non sappiamo quanto tempo ci rimane perché non possiamo sapere cosa ci accadrà in futuro.
Ora, al di là dell'età e delle malattie che una persona può avere, un uomo giovane e sano non ha la certezza di vivere più a lungo degli altri, semplicemente non sa quanta sabbia ha nella clessidra e va avanti vivendo, non aspettando!
Ecco, è vero che "bisognerebbe sempre perdere del tempo quando non se ne ha abbastanza", ma non credo sia molto utile limitarsi ad attendere e a dare per scontato che la vita oltre una certa età sia già finita... non so se mi spiego...

Mio nono è morto a 95 anni, una persona che ha dato molto, che si è impegnato tanto a costruire una famiglia quanto più stabile possibile ma che, arrivato ai suoi 80 anni, ha iniziato a capire che il tempo a disposizione era molto poco, le malattie erano arrivate e faceva spesso discorsi riguardanti la sua morte.
Abbiam provato diverse volte a convincerlo a sfruttare questo tempo in qualcosa di costruttivo, ma lui diceva sempre che era inutile cominciare se poi non si fa tempo a finirlo. Da 80 a 95 sono 15 anni, mica un mese! Ma come poteva saperlo?
Ci sono persone che nonostante l'età si laureano, altri che governano un paese e pure sono vecchi, molto ma molto più di te (parlo di figure come la regina Elisabetta, Piero Angela, la Montalcini, ma anche persone meno comuni, come un 74enne laureato pochi giorni fa).

I tuoi racconti mi aiutano molto a onoscere come sarà la mia vita e posso garantirti che cercherò (se avrò la possibilità di arrivarci) di spendere tutto il tempo che ho a disposizione per conoscere di più, per avviare progetti, per godermi anche quella fase della vita che è unica, come tutte le altre fasi e se si vuole, è anche bella, nonostante i problemi di salute che possono avere anche persone molto giovani.

Ti scrivo questo perché, anche se ti conosco poco, sono molto affezionato a te e mi dispiacerebbe moltissimo vederti ancorato lì, aspettando che il veliero si faccia relitto quando potresti spiegare le vele e proseguire per andare avanti.

Se vorrai, io leggerò sempre con molto piacere queste giornate che condividerai con noi. È un modo anche per conoscerti meglio. :D
"La causa fondamentale dei problemi è che nel mondo moderno gli stupidi sono sicuri di sé, mentre gli intelligenti sono pieni di dubbi."

Bertrand Russell

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Re: LEZIONI DI VECCHIAIA GAY - ESAME DI UN SOLO CASO

Messaggio da progettogayforum » domenica 11 ottobre 2020, 23:29

SILENZIO

Quanto aiuta il silenzio a svuotare la mente, a creare pause, ad interrompere il flusso dei pensieri! Il valore del silenzio si riscopre nella vecchiaia. Da giovani si ha bisogno del rumore, della musica, delle parole, per riempire la solitudine, da vecchi si ha bisogno del silenzio per riconquistare se sessi e il proprio contatto con la lontananza. Il silenzio illude di poter sentire lontano, di avere un orecchio-radar capace di ascoltare cose lontanissime. Più profondo è il silenzio, più profondo è il riposo dello spirito, più radicale la dissoluzione del pensiero, più pervasivo il ritorno delle sensazioni elementari. Svuotare l’anima dall’eccesso di pensiero, dalle domande inutili, dalle abitudini mentali che occupano il cervello in esercizi vani. Il silenzio aiuta a ripulire la vita dalle vanità. Il silenzio aiuta a cancellare, a dimenticare, a svuotare, è educativo perché non illude. Il silenzio profondo, quello che non vuole manifestare nulla, ha sempre due facce, il silenzio altrui e quello proprio ma ha una caratteristica che sembra contraddire l’idea che il silenzio è un valore in sé: il silenzio profondo non è una categoria stabile dello spirito, non dura molto, altrimenti sarebbe una fuga, una forma di superbia o di stupidità, un modo di strillare comunque la propria presenza. Di silenzio non si vive. Le pause, le interruzioni del flusso dei pensieri sono appunto pause, interruzioni. Svuotare lo spirito riduce lo spazio del passato e dilata quello del presente, serve per distaccarsi dai propri vecchi pensieri giovanili per appropriarsi dei nuovi pensieri un po’ più senili. Svuotare la mente aiuta a riplasmarsi, a rimodellarsi adeguandosi ad una realtà che cambia sia dentro di noi che fuori di noi, con timing non sincronizzati. Il silenzio aiuta a risincronizzare il sé col mondo secondo rimi nuovi, a ridefinire il sé entro nuovi limiti, nei limiti in cui è possibile. Ecco perché i vecchi amano il silenzio, perché li aiuta a ritrovare la strada a trovare la misura di se stessi, a vedersi un po’ più dal di fuori, con un po’ più distacco.

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Re: LEZIONI DI VECCHIAIA GAY - ESAME DI UN SOLO CASO

Messaggio da progettogayforum » martedì 1 dicembre 2020, 3:28

ANSIA
Ci sono nottate in cui non riesco a prendere sonno, la stanchezza fisica si sente e il corpo chiede riposo, ma il cervello è vigile, vigile per l’ansia, per l’inquietudine di fondo. La mia paura più profonda è quella di fare danni, di provocare risultati opposti a quelli che vorrei, di sentirmi giustificato dalle buone intenzioni e di essere smentito dagli esiti, e allora vorrei eclissarmi, sparire per non fare del male magari inconsapevolmente ma pur sempre male. Ci sono momenti in cui l’orizzonte si annebbia, in cui non è chiaro quale sia la strada giusta, e la tentazione di farsi da parte e di chiudersi in se stessi si fa sentire, come se la cosa migliore da fare fosse il non fare nulla, perché quel nulla, almeno, non crea danno, o sembra non poterne creare. Oggi ho sentito una frase che mi ha colpito molto: “le persone che consideriamo le più forti sono quelle che vanno a letto mentre piangono.” Io non so più piangere e resto sveglio e in ansia, sono stanchissimo e confuso, certe volte penso che sia vero che non fare nulla sia l’unico modo per non fare del male. Devo scuotermi di dosso l’ignavia dello spirito. Vorrei addormentarmi e svegliarmi migliore, con le idee più chiare, senza ansia.

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