Racconto d'amore gay : "SOLO UN RAGAZZO"

Solitudine, emarginazione, discriminazione, omofobia...
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barbara
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Racconto d'amore gay : "SOLO UN RAGAZZO"

Messaggio da barbara » martedì 2 novembre 2010, 22:31

Questo è un pezzo del libro che sto scrivendo e che ho adattato a racconto per poterlo postare qui a puntate .Ho sempre pensato che i racconti non sono di chi li scrive, ma di coloro che li ispirano. Anche se poi il personaggio prende il sopravvento e alla fine è lui che decide cosa raccontare.
il legittimo proprietario di questo racconto è qualcuno a cui sono molto affezionata e so che sarebbe d'accordo con me nel dedicarlo a tutti coloro che potranno in un modo o nell'altro riconoscersi in questa storia.


MOTTA FROCIO. L’hanno vista tutti. E’ rossa . L’hanno scritta con un pennarello di traverso sul banco. La classe é in attesa, ansiosa di assistere alla sua reazione. Oggi Diego Motta è arrivato con qualche minuto di ritardo, una cosa insolita per un tipo come lui, il secchione della classe.
Nel varcare la soglia ha esitato, come se l’istinto gli avesse suggerito di tornare indietro. Ma poi l’insegnante lo ha ripreso: -Motta, chiudi la porta che è tardi.-
Lui ignora chi lo spia , chi lo osserva spavaldo, chi sgomita , chi soffoca una risata. Col suo passo magro tira dritto fino a suo posto, si siede ed estrae dallo zaino tutti i libri, allineandoli l’uno accanto all’altro come su una bancarella
Il ronzio dei compagni si fa più denso, finché l’insegnante inizia l’appello. Quando arriva alla lettera M e il Motta risponde “Presente” , la sua voce stride come un gesso sulla lavagna.
Sta facendo la punta a una matita, lentamente, con metodo. Il temperino forma un ricciolo che rimane appeso per qualche secondo, prima di staccarsi e cadere sul quaderno.
Lui lo raccoglie e lo depone su un foglio bianco. Quando finirà l’ora, si alzerà e lo getterà nel cestino accanto alla cattedra. Per nessuna ragione si azzarderebbe a buttarlo per terra.
Questo é il Motta. Viso color latte e occhi bruni dalle ciglia lunghissime, si veste come una donna che voglia sembrare un uomo. Solitamente muto e scostante, si rianima nelle interrogazioni, dove dà il meglio di sé.
Ma più di tutto è ostinato. Tiene stampata in faccia un’aria di superiorità che non dà soddisfazione.
Così le offese si moltiplicano e le scritte diventano sempre più grandi, al solo scopo di vederlo crollare. Marco, due banchi più in là, non può fare a meno di chiedersi: fino a che punto arriveranno?
In quattro anni ha avuto spesso l’impulso di parlargli, di dirgli quanto detesti quella situazione, ma si è fermato sempre , come sul ciglio di un precipizio. Tranne una volta.
Ricorda che c’era un caldo atroce nello spogliatoio e loro due erano stati gli ultimi a rivestirsi dopo la lezione di educazione fisica. Invece di raggiungere gli altri, era rimasto ad aspettarlo.
Il Motta, seduto sulla panca, si stava allacciando le scarpe. Era uno dei pochi che ancora lo faceva; gli altri si limitavano a infilare le stringhe da parte a parte. Marco aveva contemplato il lavorio delle mani intorno al nodo, l’attenzione con cui tendeva le asole, per poi appoggiarle perpendicolari al piede, come pensando che sarebbero rimaste immobili , anche se si fosse messo a correre.
Aveva aspettato in silenzio che finisse e poi gli aveva detto:- Diego , non te la prendere per quei quattro stronzi. Tu o un altro per loro non fa differenza. Non ce l’hanno con te, ma devono sempre esagerare-
Il Motta continuava a tenere gli occhi fissi sul pavimento. Marco si era sentito dire :-Hai finito?-
Poi lo aveva visto sollevare lo zaino, raggiungere la porta e sparire su per le scale.
Lui era rimasto lì, nello spogliatoio ormai deserto, a considerare quante volte non lo avesse difeso, quanto in fondo gli avesse fatto comodo che il frocio di turno fosse un altro. Proprio così: il Motta assorbiva in sé tutti i gay potenziali e clandestini della loro classe e di altre ancora. Avrebbero dovuto fargli un monumento. Era stato il loro parafulmine e avrebbe continuato ad esserlo. All’improvviso l’odore di sudore e gomma dello spogliatoio gli sembrò ancora più repellente.
Gli entrò nella bocca dello stomaco. Non riuscì a fare un passo, un conato lo piegò in due.
Non ho mangiato niente, si ripeteva, cercando di controllare gli spasmi.
Quelli dell’altra classe lo trovarono così, inginocchiato sul pavimento, come se stesse pregando qualcuno di risparmiarlo. Da allora non ci aveva più riprovato.
Adesso riesce a malapena a guardarlo, temendo che da momento all’altro possa esplodere. E invece.
La prof sta chiedendo: - Chi mi sa dire dove siamo arrivati in storia?-
Tutti guardano ovunque tranne che in direzione della donna seduta sulla cattedra. Oggi, invece del golfino scuro, si è messa una camicia bordò e a vederla così sembra ancora più tracagnotta.
Dal banco del Motta, si alza la sua voce incolore:- Alla rivoluzione industriale, prof. -.


Resisti. Sei arrivato, si ripete Diego , salendo le scale. Quando apre la porta, per una frazione di secondo sa di poter annusare l’odore di casa sua. Un odore diverso da tutti gli altri: la traccia lasciata dalle loro abitudini . Odore dei libri che erano di suo padre, del the al gelsomino che beve sua madre, del dopobarba di suo fratello e infine l’odore delle proprie lacrime.
Si costringe a sedersi al tavolo, davanti al pranzo che sua madre gli ha preparato. Si lascia abbracciare da lei, la sola donna che potrà mai amare.
-C’è qualcosa che non va?-
-Sono un po’ stanco. Stanotte non ho dormito-
-Sei rimasto ancora sveglio a studiare? -
Lui annuisce, consapevole di mentire. Vede un cenno di rimprovero attraversarle gli occhi grigi, ma sulle sue labbra c’è il solito sorriso. Vederla orgogliosa di lui gli scalda il cuore.
-Allora vado, sono già in ritardo. Ciao, tesoro-
Lui si alza e chiude la porta, lasciando la chiave nella toppa. Attraversa l’appartamento deserto fino alla propria camera, si getta sul letto e si arrende al richiamo del cuscino, l’unico amico che conosce la misura del suo dolore.
Ha deciso così. Non per viltà o per menzogna, ma per amore. Guarda sua madre e vede i primi capelli bianchi, sente l’età velarle la voce, indebolirne il carattere. Ha immaginato di dirle la verità, liberarsi tutto in una volta del macigno che lo opprime, riversare su di lei la crudeltà di questi anni, contagiarla con l’ansia che gli stringe il petto. Perché mai dovrebbe farle questo?
Conoscere l’enormità di ciò che le ha risparmiato lo fa sentire bene. Si aggrappa a questo pensiero per darsi la forza che non ha.
Poco dopo si alza dal letto. Trascina il suo corpo spossato dal pianto sino alla scrivania. Prende carta e penna e inizia a scrivere.

Ancora una volta mi avete dilaniato
fate a brandelli questo me
che non volete conoscere.

Ancora una volta ho chiuso la porta in faccia
ai vostri cani, assetati
del mio sangue sconfitto.

Dovrete aspettare per avermi
aspettare e pregare
di trovarmi impreparato.

Verso il sale dell’orgoglio
sulle mie ferite
e stringo i denti.

La sera conto le cicatrici
e conto i giorni
che mancano alla fine.

Dopo che ha scritto l’ultima parola, come sempre, si sente meglio. A volte ha l’impressione che le sue giornate siano scandite da questo momento. Lo assapora come un vino pregiato, lo tiene stretto a sé per prolungarlo. Dalla custodia che c’è sulla mensola prende un cd.

http://www.youtube.com/watch?v=ngDA9eSo84s
La sua mente, depurata dalla rabbia, ne accoglie le prime note.
A occhi chiusi cammina per la casa vuota, quasi danzando, le braccia tese verso l’alto. La musica prende possesso di lui, lo invade con la sua anima lucente, gli tesse intorno una corazza di bellezza, pura ed eroica, finché il sublime lo strappa via dal suolo, dalle bassezze della meschinità e lo porta con sé .
Sono passate due ore. Preferirebbe non farlo, ma sa che non deve perdere l’abitudine di uscire.
Cedere alla tentazione di chiudersi in casa è fin troppo facile. Ci è già passato e sa cosa significa. La tua camera diventa un rifugio antiatomico e tutto ciò che è al di fuori ti terrorizza. Ha vissuto così un anno intero, finché sua madre non si è messa in testa di portarlo da uno psicologo e quella minaccia è bastata a farlo rinsavire.
Farsi due passi a piedi da solo di pomeriggio può essere deprimente, ma è comunque sopportabile. Oggi s’incammina verso la stazione, dalla parte opposta rispetto a dove è andato ieri. Ogni giorno cambia tragitto. Inganna se stesso dicendosi che lo fa per combattere la noia, ma sa che il motivo è un altro.
Da quando sono aumentate le aggressioni a quelli come lui gli è presa la fissa che qualcuno potrebbe appostarsi per fargli qualche brutta sorpresa. Non gli pare prudente essere troppo abitudinario.
I marciapiedi a quest’ora sono pieni di gente: gli uffici hanno appena chiuso, riversando gli impiegati sulla strada. Camminano svelti e lo sorpassano, come ansiosi di arrivare in qualche posto. Gli sembra di essere l’unico a non avere una meta, se non quella di tornare a casa incolume , dopo essere stato fuori un tempo sufficiente per poter dire a se stesso: oggi sono uscito.
Un gruppo di ragazzi sta avanzando verso di lui sullo stesso lato della strada. Due di loro hanno le teste rasate e portano giubbini neri e borchiati. Sa che non vuol dir nulla, ma l’istinto è quello di attraversare la strada. Eppure non lo fa: potrebbero notarlo.
Invece si infila in un negozio. Chiede un’informazione di cui non ha alcun bisogno e si trattiene il tempo necessario perché la strada sia di nuovo libera e apparentemente più sicura.
La sensazione continua di essere braccato gli ha acuito i sensi. Ma non saprebbe dire se le insidie che vede esistano veramente o piuttosto siano frutto della sua immaginazione.
Proprio lui, che in famiglia ha ricevuto solo abbracci, è diventato come uno di quei bambini cresciuti a furia di botte, che temono uno schiaffo anche quando sta per arrivare una carezza.
(continua)
Ultima modifica di barbara il mercoledì 12 febbraio 2014, 20:40, modificato 4 volte in totale.

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bluray61
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Re: SOLO UN RAGAZZO

Messaggio da bluray61 » martedì 2 novembre 2010, 22:38

Aspetto con impazienza il secondo capitolo Barbara.
ciao
"Ci si risveglia ancora in questo corpo attuale
dopo aver viaggiato dentro il sonno.
L'inconscio ci comunica coi sogni
frammenti di verità sepolte"
F.Battiato

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Re: SOLO UN RAGAZZO

Messaggio da progettogayforum » martedì 2 novembre 2010, 23:08

Bello! Tratta di una realtà gay che esiste eccome ed è quella che non arriva a Progetto Gay, si ferma prima. In effetti è proprio a questo livello che si creano i problemi più grossi. Un racconto come quello di Barbara può essere importantissimo per tantissimi ragazzi. GRAZIE Barbara! Hai fatto una cosa grande!

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serpentera
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Re: SOLO UN RAGAZZO

Messaggio da serpentera » martedì 2 novembre 2010, 23:37

Innanzitutto bentornata dalle vacanze barby!! ;)
Per quanto riguarda il racconto devo dire che promette bene.
Adesso,però,sono ansioso di sapere come continua...

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Re: SOLO UN RAGAZZO

Messaggio da naufrago18 » mercoledì 3 novembre 2010, 17:01

mamma questa barbara!!complimenti davvero sei bravissima!!!
Panta rei. Sarà, ma io mi sento sempre lo stesso.

barbara
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Re: SOLO UN RAGAZZO

Messaggio da barbara » sabato 6 novembre 2010, 7:52

(Continua dalla prima puntata...)

Oggi: verifica di matematica. In classe il malcontento rasenta la disperazione.
Visi tirati , voci sommesse, quaderni inutilmente aperti sugli esercizi rimasti insoluti.
-Ma la C a te è venuta? E come hai fatto?- sta chiedendo Alessio a Martina.
Più che chiedere, sta implorando. In due mesi ha infilato un’insufficienza dietro l’altra e da alcuni giorni va dicendo: - Se la prossima volta non prendo almeno sei , chi lo sente mio padre?-
La prossima volta è oggi, pensa Diego. Dio, fà che si becchi un quattro! Meglio sarebbe un bel due.
Quest’anno col debito non si passa e senza Alessio sarebbe un’altra vita.
Lo capisce ogni volta che il suo banco resta vuoto. Ad ogni assenza è come se la tenaglia che lo stringe allentasse la presa.
Senza di lui, nell’aula che pare assopita, l’ostilità si stempera in antipatia. Quella la regge. Anzi, si può dire che faccia al caso suo.
-Oh! Non fare scherzi. Stavolta me la passi la soluzione , eh?-
-Se riesco … Quella non mi toglie gli occhi di dosso!.-
-Si ma se non lo fai , sono rovinato, lo capisci o no? -
Martina sputa un frammento di plastica che ha staccato dalla biro a furia di rosicchiarla e poi sussurra: - Va bene-.
Patetico. Patetico lui e patetica te, che preferisci farti invalidare il compito piuttosto che dirgli di no.
-Ragazzi. Libri e quaderni nelle cartelle. Voglio vedere i banchi VUOTI. Mi sono spiegata?-
Un mormorio rabbioso attraversa la classe, ma tutti obbediscono.
L’insegnante, non contenta, si fa strada fra gli studenti. Un sorriso ghiotto sulle labbra sottili, brandisce la stilografica che tiene in mano come se fosse un metaldetector.
-Berra, che ti succede? Ti vedo spento. Su, un po’ di energia! La depressione tienila per quando ti restituisco il compito.-
Una risata incerta serpeggia fra i banchi . Alessio , se accusa il colpo non lo dà a vedere: -Non dica così prof , che ce la sto mettendo tutta.- dice con tono suadente.
-Ah! Ti conviene, come pure a te, Sanna. E togli quel cellulare da sotto il banco.-
Le equazioni sono cinque . Due in particolare sono assai bastarde, osserva Diego.
Ne lascia perdere una e si concentra sull’altra. Per risolverla bisogna conoscere una regola che avranno applicato si e no due volte.
Lei non può non saperlo, dunque l’ha fatto apposta, pensa, mentre fa l’ennesimo tentativo. Apposta per fregarci.
Alza lo sguardo sui compagni: sono tutti chini sul compito, in concentrato silenzio.
Vede Alessio giocherellare con la biro, scrivere qualcosa e poi cancellarlo furiosamente. Ora sta cercando invano di attirare l’attenzione di Martina. Deve essere terribilmente frustrante non capire nulla di ciò che hai davanti. Un po’ come camminare nel buio.
A Diego è successo poche volte con lo studio; ma gli capita da sempre con tutto il resto.
Alessio ha smesso di scrivere e adesso si tiene una mano sulla fronte, come per impedire che cada sul banco. Gli fa pena, ma non lo aiuterebbe neanche se ne avesse l’occasione.
Quattro anni di soprusi hanno scavato una trincea cattiva e profonda fra di loro, e non c’è ragione al mondo per cui dovrebbe attraversarla.
Sembra che sia passato un secolo da quando si era preso una cotta per lui, in prima superiore.
Incredibile a dirsi, come accade a certi ostaggi quando vengono sequestrati, si era innamorato del proprio aguzzino. In quei due anni , tanto era durata, era arrivato al punto di preferire i giorni in cui veniva provocato rispetto a quelli in cui veniva ignorato.
- Ragazzi, mancano dieci minuti alla fine- In piedi davanti alla cattedra, l’insegnante socchiude gli occhi per perlustrare meglio. Ha dei capelli biondo sbiadito che restano sempre immobili sulla sua testa, come se fossero finti.
Diego scuote la testa e torna all’equazione numero cinque, quella che sta facendo dannare l’intera classe.


La fine del primo quadrimestre: ogni cosa ha fatto il suo corso e i voti sono lì, uno in fila all’altro . Fortuna che c’è la settimana bianca.
Nelle stanze dell’albergo il caldo è soffocante. Si dorme con la finestra aperta per non sudare sotto i piumini. Anche la cucina non è un gran che, ma in compenso le piste sono perfette. E’ febbraio: nel cielo gelido brilla un sole troppo stanco per rovinare la neve.
Diego ha infilato la nera e ora scende senza fretta, incurante dei compagni che lo sorpassano. Gli sfrecciano davanti, sollevando spruzzi di neve che lo colpiscono in faccia.
Sa che gli daranno del fifone, ma che importa? Gli piace sentire il proprio corpo controllare la velocità.
Da piccolo immaginava di essere un domatore e di avere la meglio sugli sci, vincendo la loro smania di correre.
Tanto li raggiungerà comunque, quando si fermeranno ai lati della pista in piccoli crocchi. Non sanno stare molto tempo senza parlare di cose inutili e senza ridere, altrettanto inutilmente.
Lo sci, in fondo, è uno sport rispettoso. Se non fosse così caro, lo praticherebbe tutto l’anno. Non ti obbliga a mescolarti con gli altri, come il calcio, e non ti impone gli spogliatoi , come il nuoto.
Stasera c’è l’uscita in discoteca: quello è un problema.
Già si immagina la scena: il locale sarà squallido e deprimente, la delusione rovinerà la festa, il fantasma della noia calerà su tutti quanti, finché qualcuno guarderà dalla sua parte e farà una battuta, e gli altri dietro.
Alle sei sono tutti sotto la doccia; lui è rientrato prima degli altri e scende per godersi la tranquillità del soggiorno. Ma giù ci sono le prof, che discutono animatamente, infagottate nei maglioni a collo alto .
-Ma se annulliamo la serata chi li sente quelli? Vien fuori una rivolta-
-Allora facciamo così: resto io e voi andate coi ragazzi-
-No no. Stai scherzando. Noi due da sole con tutti quanti? E se capita qualcosa, chi se l’assume la responsabilità?-
Avranno cinquant’anni a testa e non fanno che dire quella frase, quando non dicono l’altra : -Ragazzi, ormai siete grandi e dovete assumervi le vostre responsabilità-
-Magari con la tachipirina si sente meglio e può venire pure lui-
-Ma sei matta? Aveva quasi trentanove. E se peggiora ? Te la pigli tu la responsabilità?-
No. Non ci posso credere. La mia occasione. - Scusate … Non ho potuto fare a meno di sentire. Se qualcuno è malato posso restare io. In fondo sono maggiorenne.-
Adesso lo stanno squadrando, indecise sul da farsi.
-Sì, sei maggiorenne . Ma per fare le cose in regola dovremmo lasciare un insegnante con lui-
Magari un “grazie” ci sarebbe stato bene. Non mollare, Diego - Ma tanto , visto che è malato andrebbe a letto e quindi che ci starebbe a fare un insegnante? Sarebbe più utile con gli altri, in discoteca, giusto?-
Adesso si guardano l’una con l’altra. - Mah! Non è proprio una soluzione secondo le procedure, anche se …-
-Tranquille prof. E poi se c’è qualcosa , vi chiamo col cellulare. Insomma sono maggiorenne . Mi assumo io la responsabilità.-
La formula magica.
-Va bene, Motta. Possiamo fare così. Prendi le tue cose e ti trasferisci nella sua stanza. Mi sembra una buona idea , in fondo . Allora ci stai tu con Alessio.-
-Alessio … Cozzi, vero?-
-No. Alessio Berra. Il tuo compagno di classe.-

(continua...)

barbara
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Re: SOLO UN RAGAZZO

Messaggio da barbara » sabato 13 novembre 2010, 10:57

In fondo sono solo due notti, si ripete trascinando il trolley lungo il corridoio.
-Che fai? Spegni la luce! Ho la testa che mi si spacca in due-
Male è messo male il Berra. Pallido e sudato in viso, ha due occhiaie come se non dormisse da giorni.
Diego trova l’interruttore e spegne la luce. Facendosi strada nella penombra, sistema la sua roba sul letto libero e poi accende la lampada del comodino.
-Tra tutti proprio te han mandato! -
-Guarda! ho dovuto sgomitare. Fuori c’era una fila di amici tuoi, pronti a sacrificarsi per te. Ma se preferisci, me ne vado . In fondo, se peggiori puoi sempre chiamare il 118.-
-No no. Per l’amor del cielo. In effetti sto proprio da cani. Anzi ti ringrazio-
-Così va meglio.- taglia corto Diego, scostando il copriletto ( testa di cavolo , se fosse per me ti soffocherei con questo cuscino) e poi aggiunge - Hai bisogno di qualcosa?-
-Ho una sete terribile-
-Cosa vuoi? Acqua o qualcosa di caldo?.
-Mi andrebbe un the caldo-
-Un the e poi? Hai fame?-
-No. Che fame? Da un’ora non faccio che vomitare-
(Ti meriteresti di vomitare una settimana intera, bastardo) - Allora vado giù a prendere un po’ di the-
-Grazie, sei gentile-

Poco dopo Alessio è seduto sul letto e stringe la tazza come farebbe un bambino. Ad ogni sorso una smorfia: la gola deve fargli molto male.
Hai un aspetto orrendo, amico, non c’è che dire, pensa Diego e poi gli chiede -Come ti senti adesso?-
-Malissimo. Mi sa che la febbre non è scesa. Cosa faccio: prendo un’altra pastiglia?-
-No, ma sei matto? Aspetta-
Diego va in bagno e inzuppa un asciugamano d’acqua fredda : -Sdraiati e metti questo sulla fronte. Dobbiamo abbassare la temperatura.-
Prende l’unica sedia che c’è e si siede accanto al letto.
Alessio lo guarda ansioso: -Dici che funzionerà?-
-Mia madre me lo faceva sempre quando ero piccolo. Mi metteva la tele sui cartoni animati e stava lì un‘ora a farmi le spugnature-
-E’ vero. Almeno con la televisione non pensi a quanto stai male. Ma se peggioro, come hai detto tu , dove mi portano? Qui non ci sono ospedali-
-Ma và. Stavo scherzando. Domani starai già meglio.-
-Ma secondo te quanta febbre avrò?-
-Non ne ho idea.-
-Ma così a occhio, quanta? Più di trentotto o meno?-
Diego appoggia le labbra sulla sua fronte, fugacemente. C’è stato un tempo in cui si cullava nell’illusione che potesse capitargli proprio questo. Loro due, soli, un pretesto qualunque per potersi avvicinare, sfiorarlo con una carezza. E poi baciarlo.
-No. Meno di trentotto , sicuramente- mente Diego.
-Senti ma … quando parlavano di quei casi di meningite … Ricordi?-
-Si. E allora?-
-Ma la febbre era bassa vero? Voglio dire: non avevano la febbre alta.-
-Ma che c’entra le meningite adesso?-
-Non so. Ma come ci si accorge di averla?-
-Come faccio a saperlo? Non sono mica un medico. Ma poi cosa vai a pensare? Stai tranquillo: non è niente. Se non ti passa, domani chiamiamo il dottore; magari ti dà un antibiotico ed è finita lì.-
Un ronzio. A intermittenza. Proviene dallo zaino di Alessio: precisamente dal cellulare. Diego lo trova, legge sul display “Mamma” e glielo porge.
Alessio lo guarda , aspetta che finisca di vibrare e poi lo spegne.
-Non mi sopporto proprio quando sono malato. Divento un rompiscatole assurdo.-
-Ma no. E’ normale. Se stai male, le pensi tutte. E poi il tuo cervello è surriscaldato adesso. Secondo me, non sei tu che parli: è la tachipina-
Scoppiano a ridere entrambi. Alessio si è girato su un fianco, gli lancia un’occhiata curiosa e poi abbassa lo sguardo -No. Non fare battute, che se rido mi fa male la testa. Certo che hai una bella pazienza. Ci fosse qui mia madre, mi direbbe : sei un bambino o sei un fifone , se fosse in buona . E in caso contrario mi direbbe :dormi dormi. E se ne andrebbe a fare shopping.-
Si è sdraiato di nuovo e guarda in alto verso il soffitto. Fa una smorfia : - Le madri. Meglio perderle che trovarle. Non ti pare?-
A Diego non pare proprio, ma sta zitto. Gli toglie l’asciugamano dalla fronte, va in bagno, lo inzuppa d'acqua, lo strizza e glielo rimette sulla fronte.
-Non riesco più a tenere aperti gli occhi. Provo a dormire un pò -
Diego è stufo di andare avanti e indietro fino al bagno, ma se non altro si sente più tranquillo. La fronte non scotta più come prima.
E' passata quasi un'ora. Alessio apre gli occhi; si agita e poi lo vede: -Ah! Sei qui. Grazie. Potevi essere a divertirti e invece sei qui a sopportare la tachipirina che parla.-
-Guarda che sei molto peggio TU di lei, quando parli .-
Gli è uscita così e adesso avrebbe voluto tacere, anche se l’ha detto scherzando. In fondo è solo una battuta .
Alessio si è tirato su e si è messo a sedere. L‘asciugamano gli scivola su una spalla. Diego fa per prenderlo -Lascia stare -
Sarà per la febbre, ma ha gli occhi così lucidi adesso : - Te ne ho fatte di tutti i colori in questi anni . Credi che non lo sappia quanto sono stato stronzo? Quando ci pensavo, mi dicevo: ma che senso ha? -
-Senti, questo discorso non mi va- Diego si è alzato ed è andato alla finestra. Vede il marciapiedi illuminato da un lampione, vede il palazzo di fronte e al di sopra l’oscurità di una notte senza luna.
-Hai ragione a non guardarmi in faccia. Con te sono stato una merda per quattro anni. Semplicemente perché è quello che sono. Non c’è proprio nessuna ragione. Nessuna giustificazione. Niente. Niente di ciò che faccio ha un senso-
Potrebbe girarsi, potrebbe cercare un kleenex , sa di averne un pacchetto da qualche parte e Diego non sopporta di sentirlo mentre sta tirando su col naso.
Forse dovrebbe dire qualcosa, una qualsiasi cosa. E intanto guarda fuori.
Sì, non sta sbagliando. Sono fiocchi di neve quelli. Così minuscoli che si vedono appena. Il vento li fa volare fino sul vetro. Come vorrebbe aprire la finestra e sentirli sul viso.







FINE

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green-eye
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Re: SOLO UN RAGAZZO

Messaggio da green-eye » sabato 13 novembre 2010, 16:03

noooooooooo barbara non può finire così sono curiosissimo adesso!!! :D
cmq è bello davvero barbara!!!
Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo

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Re: SOLO UN RAGAZZO

Messaggio da naufrago18 » domenica 14 novembre 2010, 19:38

barabara a me è sempre piaciuto scrivere...infatti vorrei pubblicare qualche bozza anch'io ma prima mi serve il tuo parere...lo so che può sembrare sciocco ma non ne sono molto sicuro...

cmq mi sto adoperando per iscrivermi tra i messaggisti in modo tale da contattarti privatamente anche se non è che abbia capito bene la procedura... :oops: :oops: :oops:
Panta rei. Sarà, ma io mi sento sempre lo stesso.

barbara
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Re: SOLO UN RAGAZZO

Messaggio da barbara » domenica 14 novembre 2010, 20:41

Grazie , Green, ma sai è un finale aperto. apposto per incuriosire.Niente di vieta di continuare la storia e postarla qui. Io cancellerei la parola fine. Anzi mi farebbe piacere, davvero.

Naufrago, allora aspetto che tu sia abilitato, puoi mandare una mail a project per capire bene cosa devi fare. Ma puo anche postare qualcosa subito , se so quando hai intenzione di farlo posso entrare a vedere e dirti subito qualcosa. Vedi tu .come preferisci. :)

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