I RANDAGI

La realtà dei gay, storie ed esperienze di vita gay vissuta
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Gherardo
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I RANDAGI XXXI

Messaggio da Gherardo » mercoledì 15 settembre 2021, 21:45

Mi chiedi di me. E che cosa dirti? Tu vuoi che io muova da me parole di vero coraggio. Lottai, strenuamente, anima mia, per questa vita. Ogni giorno è denso di asprezze, e fuori chiama la morte. Eppure nessuno mi è compagno più grande che la filosofia in questi scontri. Non ti prenderò certo in giro: essa non toglie la sofferenza, ma al contrario insegna l’uomo a soffrire. E quali mi dirai sono le certezze qui nelle tue mani? Alcune, se non poche, e di poche tutte umane. Il bene non può sfregiarlo l’opinione vaga, la mutabile forma delle cose. Ecco che non ti verrà niente ad essere un uomo buono, ma una retta coscienza, pura, che tu infrangibile al cospetto di qualsiasi dio potrai portare fieramente. A qualsiasi uomo in faccia di qualsiasi tempo. Eri immerso nel dolore e hai imparato a salpare, dare i remi, ammainare te stesso. Ti sei vinto. E quale onore è più grande, quale medaglia, quale somma di denaro? Sei esposto al fallimento nelle norme sociali. E soltanto così la tua vita è testimonianza di quel che l’uomo può travalcare. Tu sei teatro di te stesso. Dovunque sei portato ad essere umano e civile. Fermati, mentre cammini in mezzo agli altri, e chiediti che cosa siano. Dove vanno, e da dove giungono? Se entrerai nel loro animo vedrai di essere circondato da morti che respirano. Che non conosco che le cose del mondo. Non disprezzare niente ma comprendi. Tiello stretto in te. L’unica cosa che merita disprezzo è la scelta del conveniente. Non ti far spaventare dal male, che rimbomba con un gran nome: temi l’indifferenza, e l’egoismo sfrenato, e l’utile, il facile. Questo è il male. Non altro, non altro di natura. È possibile tutto quello che riteni possibile. Non ti ritieni cosa grande? Eppure lo sei. Perché dunque non ti comporti come tale? — È normale, hai vent’anni: ti ferirà ancora il corpo pieno di sangue ed umori, deriso dalla fortuna, la quale ad altri ha dato il normale. Te da tua parte non l’hai avuto. Te bimbo ti han lasciato sul Citerone coi piedi sanguinanti. E fra i lupi, i massi, le cose piene di fronde sei cresciuto. Ma l'animo nessun laccio ha preso. I piedi sanguinano ma liberi sono. È purpureo il sangue, purpureo come il laticlavio: la piccola fascia che adornava la tunica dei senatori. Non sarai come gli altri uomini.

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I RANDAGI XXXII

Messaggio da Gherardo » martedì 28 settembre 2021, 21:21

Indosso avevo la tua giacca. Blu ed era una notte fresca. Il mare lì davanti a noi. Ovunque al caldo mi tenevano le tue mani. Non ti spaventano i viali di tamerici e palme e salmastro: tu pure mi baciavi. E come ad una fonte si avvicinano a me le tue labbra. Sorridevi. Ci siam presi e messi al riparo in un molo. Dopo averci dato qualche botta da pugili. Perché io sempre verrei alle mani. E tu là mi sazi. Poi prendi e balli con me un lento. È forse troppo da amare un uomo che sa esser dolce. E sa rapirti con ambedue gli atteggiamenti della natura. Ci infiliamo in un locale. Sai far ridere la gente. E mi dici m’è parsa sola la ragazza al bancone non senti come fragorosamente ha riso? Ed io, a te invece sorrido, perché è vero quel tuo render più bella la gente. E quando non ci sei, immagino a che faresti. Ad una città scalza hai messo le scarpe. Fa fresco e forte spinge il libeccio. Ti dico torniamo a casa. Mi guardi con questi due occhi. E tu dici: ma sei tu la mia casa. Torniamo lenti. Nel letto allora ti sento gemere. E ti piglio stretto e fortissimamente ti stringo e dico: che c’è? Amore, che c’è? E tu son felice, son felice. Non sai che baratri mi apri dentro. Non son bravo con le parole d’amore e faccio parlare gli occhi. E nella notte mi stendo e attorno al mio petto crescono le tue braccia di quercia. Mi difendi. Dici che non ne ho bisogno, che so difendermi da solo, ma mi difendi. Non mi lasci andare.

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I RANDAGI XXXIII

Messaggio da Gherardo » venerdì 1 ottobre 2021, 21:35

Vuoi che canti, anche se tinte ho le labbra di vino rosso. Tu non ci fai caso. E piangi e sei felice. Io piango e sono infelice. Ma almeno tu sorridi. Ed io taccio i miei malesseri. Se miei sono miei pure restino. Ah, ma tu ti innamori. E ti innamori d’un uomo che non ha niente. Non un lavoro. Non una famiglia. Non un posto dove tornare. A parte il solito randagismo. Ma per te, anima che sa di mirto, ho messo via altri. Altri volevano conoscerti: io per te ho detto addio al resto. Perché dovrei sgualcirti con la bramosa mania di voler altro, o di più? Tu sei già il più che io vorrei avere. A te espongo lo sterno, il cuore, le coste. È forte solo chi può mostrarsi debole. Indebolito. Così forse ci vuole tutti l’amore. Ma vieni, questo è un bel romanzo da vivere. Viviamocelo sino a quel che dovrà essere. Un posto ce l’hai dove stendere il capo stanco. E raccogliere nelle tue dita le virilità del mio petto. Ma la speranza sai è cosa pericolosa per un uomo come me. Col mio passato. Amore, amore, nient’altro che amore. Io sono quel che desideravi? Anche così? È pericoloso con te sperare, è pericoloso non cedere e farti vorticare nella mia vita. È difficile. Mi prendi il mento con quelle mani. Non sei più solo allora dici. Non sei più solo. Ed io allora che fo? E mi stringo a te.

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I RANDAGI XXXIV

Messaggio da Gherardo » mercoledì 20 ottobre 2021, 22:25

È sortita dalla radio accesa la tua voce. Ero io di là a spazzare. Mi fermo a quel tuo vociare fiorentino. Che sempre agli altri sa scherzare contro. Mi fermo e di nuovo già ti sorrido complice. Ma tu non vedrai che piacere mi fa qui risentirti. C’era un dibattito e tu rammentavi dei nostri cipressi. Quanti e come ne abbiamo veduti. Fieri e vigili davanti a tutti i nostri camposanti. Vociavi con quei soliti baffi, anche i tuoi sempre pieni di ciliegiolo. Gli stessi coi quali smisurate fesserie ti sei inventato. Una più ingenua del diavolo. Per vergogna mentivi? Di esser più solo, di non aver fatto niente. Erano scuri tutti i tuoi Lungarni. Ma io facevo finta di non vedere, te eri grande, ed io piccino. Avevi paura di innamorarti di me ad ogni passo. Per questo volevi portarmi nei boschetti forse. Ma non sono nato per amare di nascosto. Non nacqui per vergognarmi tutta la vita. Né darmi in pasto al volere della gente. Osai forse molto, perché mi fosse almeno degno il giudizio di me stesso. Però tu vuoi mettermi sopra un tronco. E far quel che vuoi. Il niente troppo a lungo ti ha logorato ed ora che c’è? una sete di Tantalo insaziabile per tutto. Il sesso era quello che volevi, e fingendo di darti quello, di nascosto certo, ti ho dato pure l'amore. Amore così senza nome. Ridevi in francese. Ho dimenticato ormai come usavi chiamarmi. E così avrei dovuto esser meno crudele: com’è semplice esser crudeli da giovani! Fui poi io a dirti non se ne fa di niente. Alla fine son rimasti fra di noi soltanto scontri. Non ascoltavi più niente. Nel cuore non mi andava di fare sempre un torto a tua moglie. E mi dicesti mesi dopo che avevi trovato un altro uomo. Che ti piaceva farti possedere. E che lui, pure del tuo paese, aveva avuto in passato un ragazzo. Bellissimo mi dicesti. Se n'era innamorato. E per poco stava per lasciare la moglie e rovinarsi la vita. Rovinarla per un ragazzo che poi l’aveva lasciato. Lì per lì non capii niente. Parlavi di me. So che un giorno ti rivedrò in Firenze. E dirò ignaro col solito affetto il tuo nome. Non so più a che corsa montare. Ma ti cercherò. Fosse soltanto per vedere se hai ancora gli occhi lucidi difronte a Santa Croce. Mi rivedrai salire.

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I RANDAGI XXXV

Messaggio da Gherardo » mercoledì 27 ottobre 2021, 22:46

Afferri il palmo ignaro della mia mano e per strada lo intrecci alla tua. Con fare da uomo le baci entrambe. E non t’importa del resto. Sento l’ispido della barba su di me. Difronte al mondo. E non t’importa degli altri. Lì sono che ti guardo. E sono i miei occhi a infonderti coraggio. Indugi. E allora rido, ti grido poi un ohé. Rispondi tu pure ridendo. Son baci alla luce del giorno. Non negherò pieni d’una giovane sfrontatezza. Eppure docili di un’insolita tempra alle cose avverse. Tornando nella strada a ridosso dei muretti mi prendi il volto. Mi dici non guardarmi con quelli sguardi. Ma io sfoggio tutto quel che di greco ha la mia bellezza. E ti sorrido contro. Un sospiro fai. Non per forza l’amore deve essere un mistero.

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I RANDAGI XXXVI

Messaggio da Gherardo » martedì 9 novembre 2021, 1:56

Poggiasti la Gerusalemme Liberata di fianco al letto, che letto pure non era. Una branda gettala lì. Un sacco a pelo dove almeno dormire. Forza dicesti. Che può succedere di peggio quando si è già feriti? Mettesti in ordine la coperta di lana. Il muro era in parte bucato. Mentre al pavimento mancavano pezzi di legno. Era il cemento macchiato di verde e bianco. Non c’era neanche un bagno. Par d’essere in Boemia? Ridesti con gli occhi di chi sa che dopo avrebbe pianto. Ma non piangesti. Era ormai d’uomo la barba. D’un nero che sfidava la notte. Rammentasti disteso che όλα φαίνονται χαμένα. Un’altra volta ancora. Tancredi giace a terra prima di tutti i suoi notturni.

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I RANDAGI XXXVII

Messaggio da Gherardo » giovedì 11 novembre 2021, 23:45

È qui l’abisso. A due passi sempre. Ed è semplice cascarci dentro ancora. Poiché non ne sei mai davvero fuori. Ci si torna eccome quando delude un qualcosa che si ama. Allora cos’è il cuore? Non è più nel petto. E le fibre si scolorano una ad una. Mentre le cose attorno parono soltanto un sogno. Mai come ora la vita umana si rivela per il superbo niente che è. E gli uomini dediti nel profondo a salvare la propria pelle. Ognuno è votato al guadagno. E l’unico bene da salvare è la propria vita. Non c’è altro che possa valere uno sforzo più grosso. Non l’amore. Né l’amicizia. Etica. Morale. Parole grottesche. L’importante è cavarsela. A costo di vivere un’esistenza da morti, ricoverati nella propria banalità, privi del coraggio di guardare negli occhi il Sole. Certo che la natura stessa è nemica rivelata dell’uomo se l’ha reso così ossesso della propria sopravvivenza. Incapace di armarsi. Incapace di vedere oltre se stesso. Se la vita mette alla prova le persone intorno a te toccherai con mani quanto poco valga la vita umana altrui. Ci resta l’amico silenzio delle stelle. È ridicolo da dire. È meglio morire che vivere sempre nella solitudine, dove da nessuno sei amato, e di nessuno ti importa.

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Re: I RANDAGI

Messaggio da progettogayforum » venerdì 12 novembre 2021, 2:50

Questo messaggio trasmette un’angoscia profonda, che scuote e mette in crisi. In certi momenti è come se ogni comunicazione si interrompesse e la solitudine prendesse il sopravvento. Nelle cose che dici c’è un giudizio morale ineludibile: ciascuno pensa solo a se stesso, più che un teorema generale è un fatto confermato da una serie di esperienze. In un certo senso è vero che ciascuno pensa solo a se stesso, salvo, forse, i santi e gli eroi, ma chi non è né santo né eroe potrà mai pensare di diventarlo? La banalità, la mancanza di coraggio, l’incapacità di guardare lontano sono pure cose umane, segno di una fragilità che pure esiste. Mi sento anche io tra questa piccola umanità votata a salvare se stessa. Certe cose le vedo più grandi di me. So fare poche cose, e sono cose banali, ma non è detto che siano del tutto inutili, chi non è né santo né eroe deve pure cercare una strada per salvare la propria mediocrità. Vorrei imparare a ricominciare da capo, vorrei essere meglio di come sono, ma non è facile per niente. Leggere queste riflessioni mi mette in difficoltà. Potrei dire cose incoraggianti ma forse è meglio un silenzio rispettoso di qualche parola fuori posto.

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RANDAGIO IN DICEMBRE

Messaggio da Gherardo » sabato 27 novembre 2021, 1:10

Dal tuo petto d’uomo cascava dorata la croce di Malta, non già più rossa del tuo sangue, stretta ai peli in scarmiglio e dell’addome. Eri d’altronde un pisano. A te più più tenue splendeva la luce sui Lungarni. Come due fuochi accesi erano le tue braccia quand’eravamo alla Spina. E tu ridevi. Volevi far anche con me il gioco del Ponte. Ma più che uno ti garbava girare per i localetti, là dove erano belle le insegne e pendevano dai balconi i rosei gerani. E sceglierti un trofeo frai ragazzi delle università. Un ragazzo che calmasse quel sangue. Uno ancora da poter deludere con raddolcite parole. E farti più belli i sogni, meno sgarbata la vita coi suoi moti. Anche se ti piaceva chiamarmi ragazzo, ero imberbe quando intesi che cosa c’era nel cuore della gente: ci sarebbe voluto di più perché in te cascassi. Mi facevano sorridere i tuoi giochi da maschio. Fa piacere talvolta anche fingersi fessi per veder meglio nell’intimità. E capire che mai son giochetti. Anche se ne hanno la forma. E così in fondo alle braghe aperte, gli ammiccamenti dolciastri, nel fondo anche tu avevi quel guasto che può soltanto fare l’amore. Ecco che torna di nuovo dicembre. È qui. E tu il vero ragazzo, quello che non avresti mai voluto ritrovare nei localetti, lo hai lasciato tra l’odore del vin santo e l’intermittenza delle luci. Ma non ero io. Quanto amari saranno stati per te i cantuccini vicino al ceppo, ora che pure se ne risente il profumo camminando per strada. La tua storia è la stessa di molti. Eppure questo non può diminuirne la sofferenza. A tuo modo l’hai capito: una moglie e un figlio sono una responsabilità. A cui è forse meglio cedere? In te ho visto che meglio son le fughe. Meno difficile è il rumore di una cerniera che si apre che un altro che piange. Lo hai lasciato solo a Natale, perché una tua famiglia già l’avevi. Lui era un tuo amore. Io ero uno dei tanti. Appena riuscisti a parlarne con me e nelle mie mani furtivamente poggiavi il cuore, allora sei scappato. Ometto solevi chiamarmi. Mi dicesti che gli assomigliavo. Avrei voluto che fossi un uomo migliore.

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I RANDAGI XXXIX

Messaggio da Gherardo » mercoledì 1 dicembre 2021, 21:08

Ho pochi onori. Cose di questo tipo sono tutte un po’ scuse. Ma è soprattutto l’inutile che serve alla vita. Uno, fra quelli, per me è il più grande. Non esser divenuto come mio padre. In questo c’è tutta la mia esistenza. E quel poco che ne viene. Sono fiero di essere un fallimento. Un bastonato cane. Uno che ringhia. Ma che anche se può stare placido nella sua indifferenza sulle cose esterne. Sono fiero di non essere all’altezza di mio padre. Io sono molto più in alto. Ad un porco è sgradito tutto ciò che non sta nel fango. Anche se son stato con uomini maturi non l’ho mai cercato. Sono diventato io il padre che non ho mai avuto. Non mi sono imbrogliato nella società. Non ho perduto la favella del mio paese. La mediocrità non ha invaso il mio cuore. Avevo fame e non mi hai dato pane. Sopra ci sputasti. Avevo sete e non mi hai dato da bere. Ero straniero e non mi hai ospitato in casa tua. Gnudo e non mi hai vestito. Ero malato o in prigione e non sei venuto a trovarmi. Ben vengano le inquietudini. Se sono inquietudini di chi è uomo. Puoi cambiare le cose. Squarciarle. Divorarle. Peggiorarle a tuo piacimento. Ma non puoi cambiare me stesso. Io sono in mio potere.

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