I RANDAGI

La realtà dei gay, storie ed esperienze di vita gay vissuta
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Gherardo
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I RANDAGI XL

Messaggio da Gherardo » martedì 28 dicembre 2021, 2:36

Per te è dolce la notte. A te che ora ti addormenti di fianco a me. E abbozzi sulle labbra un quieto sorriso. E quello ti si accende ignaro fra i baffi, nell’incolta barba scura. Ed io furtivo verso di te mi resto, e a che sogni? Raddolcito in mente mi dico. Potessi guardare nei tuoi sogni e lasciare i miei. Certo tu non hai croci. Né passati indomiti. Non arrivano ai tuoi occhi simili pensieri. In quel tuo mare non c’è abisso. Non gettasti le gomene. Non hai tirato le funi. Questo è un dolore che ti è estraneo. Non sei stato abituato a cavartela da solo. A bastarti. A doverti bastare. E te esser tutto quel che avevi. Lupo solitario mi dici. Io rido. Io sono quel che sono. Però è bello guardarti. Placido. Come fossi sotto a un cedro. Ancora addormentato. Ancora in un che di disarmato. Stringiti al petto se è quel che vuoi. Unisci le gambe alle mie. O con occhi chiusi resta e lasciati guardare. È felice chi non assapora dolore, neanche nei sogni. Ma quando un dio sconvolge una famiglia, su tutti quanti cascano sciagure.

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RANDAGIO (XLI)

Messaggio da Gherardo » martedì 18 gennaio 2022, 22:44

Se ne stava disteso sul letto. Era robusto il corpo e d’uomo. Così pure le mani. Ma lo sguardo tradiva un’indole da fanciullo. Bella e mite. Che al buio risaltava ancor più se stessa. Mentre le uniche luci venivano dal di fuori. Io mi misi su di lui. Poggiai il petto al suo che palpitava per la fatica. Mi disse scherzando che la commessa prima m’aveva guardato un po’ troppo. Ed io risi. Poi altro borbottò baciandomi. Al che si voltò lento di lato. Ed io mi volsi dall’altro al suo. Così che sentisse il calore delle labbra sulle sue orecchie. E il palmo che col dolce forza teneva il suo collo. Ma non poté capirmi. Perché non parlavo la sua lingua. E dissi cose che non comprendesse. Quando cedendo al sonno più flebile mi domandava. E che dici, che dici, diceva. In fondo lo vinse la mitezza dell’idioma. E cascò nel buio della stanza come un bimbo nel sonno. Ma a chi poteva non sarebbero sembrate belle parole. Benché nella lingua di Calliope. E a quell’amore che si dormiva, come sporco di rugiada, bagnai i capelli di pianto. Lì mentre non vedeva né sentiva. Nessun privilegio avendo di essere debole.

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RANDAGIO (XLII)

Messaggio da Gherardo » domenica 23 gennaio 2022, 23:49

Erano intrecciate verdi come viti le vene nelle tue mani. Intense di rivoli di sangue. In esse erano manifesti i segni del tuo lavoro nei campi. Ma quando tu le poggiavi sul mio petto stanco per la sera, erano ai miei occhi due laghi dove più quieto bagnarmi. Avevo bisogno della tua umanità. Che tu mi toccassi ed io sapessi di esistere. Di essere cosa viva. Questo mi palesavano i tuoi palmi. Cantando un dicitencello vuje te ne baciavo le dita. Nel tuo corpo tutta si esprimeva l’anima.

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RANDAGIO (XLIII)

Messaggio da Gherardo » venerdì 4 febbraio 2022, 21:23

Ci chiamavano Robin Hood e Little John. Venivamo entrambi da due famiglie sgangherate. Ma a certi dolori non si può dire coraggio. Che a niente vale il volere né il potere. Qui, non a tutte le esistenze sono ammessi sogni e svaghi, oziosi giorni. Come in trincea anche tu nascevi. Al pari mio, purché diversa la tua guerra. Il continuo strazio toglie il senno e le parole. Te al ciglio del letto comunque sopraggiungevi. E dalle mie mani toglievi il libro. E guardami, dicevi. Poggiai cheto gli occhiali d’oro. Il libro d’un Pratolini stava là aperto sempre. La tua bellezza, fiso dicevi, è una delle cose che mi fa andare avanti. Te sei bello in ogni aspetto. Quando sono triste penso a te. Spenti non come costellazione di Orione erano su di te i miei occhi. Ma a un gran dolore non servono grandi parole. A niente giova l’eloquenza. A niente giova l’amare. E trascinato da vile schiettezza (o forse stanchezza in cuor mio) dissi che l’amore non poteva salvare le persone. Salva me, mi rispose, il tuo amore salva me. E mi stringesti con immense braccia.

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Re: I RANDAGI

Messaggio da progettogayforum » sabato 5 febbraio 2022, 10:24

Bellissimo quel: "E trascinato da vile schiettezza (o forse stanchezza in cuor mio) dissi che l’amore non poteva salvare le persone. Salva me, mi rispose, il tuo amore salva me. E mi stringesti con immense braccia."

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RANDAGIO (XLIV)

Messaggio da Gherardo » martedì 15 febbraio 2022, 0:19

Era il ragazzo del pane. Rossi i capelli e il volto fiero e acceso, sprezzante. Me ne andavo per le scale scendendo. E aprivo l'uscio lì sperando che fosse. Per la strada che gettasse i rifiuti o frai tavoli a servire. Ero più giovane di adesso. Ma mi garbava reggergli lo sguardo. Tergiversavo i passi davanti alla sua vetrina. Dove aveva nodose la mani e sporche di farina. Ora nel tatto e nei suoi gesti si manifesta molta dell'ancestralità umana. Come cosa irraggiungibile e sempre sotto gli occhi. Eppure il bel bimbo perché mi guardasse non so. Dentro al negozio stava la sua ragazza. Chi fu vile a dirmi che fosse tua sorella? Un fratello non si bacia sulle labbra. E ancora oggi ricordo i miei imberbi prieghi. Quando lento mi gettavo sul canapè. E nel vegliarsi la casa arrivava la nonna nel caso. Mi impugnava le ciocche negre fra le dita, che balenavano nella luce d'un blu profondo. E con più amabile accento toscano mi rincuorava senza volerlo. E dicendo, s'io fossi bella come te non sarei mai sgomenta. E non lo fosti? Ragionavo. A noi il sangue diede la bellezza e la docilità alla sofferenza. Ci rese il cuore colmo di sensi.

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RANDAGIO (XLV)

Messaggio da Gherardo » martedì 15 febbraio 2022, 23:12

Ballavamo nei trafori di un edificio a pezzi. I resti erano d'un primo novecento. Te dovevi partire. Io fuggivo da casa mia. Mi divelsi dal ragionare sulle cose. E mi ressi alle tue braccia. Tu odoravi il mio petto dalla felpa accesa di ocra. Intorno non erano che dissodamenti e rovesci nel verde. Eppure lucevano i tuoi occhi, quando partire non volevi. Ma ogni musica deve finire. Qualche rapa fu il nostro pranzo. I colori purpurei eran belli da vedere. Dicesti cose. Prendi il treno, risposi ridendo, te qui puoi tornare, per me che resto qua non c'è che morte. Là dove torni c'è possibilità che tu costruisca. Che tu trovi lavoro. Io me la so cavare. Poggiasti un palmo sul mio volto rovente. Non voglio lasciarti. Ma dovesti. La violenza strappa dalla gola ogni corda. Chi vien stuprato se grida non ha voce. Pestammo da terra gli affreschi. Ormai non c'era più niente trai ruderi.

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RANDAGIO (XLVI)

Messaggio da Gherardo » giovedì 3 marzo 2022, 23:57

Furono come amori al buio. Le volte che sfuggevoli ci raccoglievamo dietro agli alberi. E ci davamo semplici baci e comuni. Che a te sembravano come virilità rubate. Era l'estate e l'agosto. Uscivo di casa di nascosto e ti ritrovavo sul viale. Ero sempre pronto a salire sulla tua macchina. Con te e le tue mani che poggiavi sulle mie. Le incrociavi alle tue e le baciavi. Scendevan poi più affondo. Non a nasconder ridendo l'innocenza del voler il sesso. Bramando la fisicità complice del mio corpo. Nient'altro ne cercavi che il tepore. Andavamo così a far l'amore fra le alture del mare. Là dov'era una ripida scogliera. Ed era denso il cielo di astri. Te trascinavi il mio braccio volendo più del mio corpo. Io avevo gli occhi supiti al firmamento. Non facendo caso a te. Che pure facevi cose degne del mio caso stesso. Non badavo ai nostri sensi. Guardavo le placide onde rigarsi sul mare. E speravo che l'anima si scordasse dal corpo. Cascando dalle rocce e tornando al mare. Non mi sarebbe importato granché di morire. Da che fuggissi quelle sere non lo venisti a sapere mai. A te importava soltanto ch'io facessi bene l'amore.

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RANDAGIO (XLVII)

Messaggio da Gherardo » domenica 6 marzo 2022, 20:11

Cascavano i metalli nella periferia. Sparsi ovunque. Tradivano il suolo alcuni giunchi. Ma senza fiore. Il paesaggio si assopiva al fermo calore invernale. Mentre le fabbriche restavano immerse nel biondo delle gramigne. E una rotaia tra sé gemeva. Senza alcun vagone da arrivare. Fermasti la macchina. Arrivati a ridosso del mare. Avevi i capelli raccolti e scuri. Parevi uno sparviero senza nido. Fregiava i miei due occhi il sole. All'ora che era il vespro. E tu tacevi. Torbido il tuo sguardo come l'acqua in Arno. E frenate avevi le mani. Non ti dissi niente nel tragitto. Adesso dovevi tu parlare. E rammento che fortemente pregai. Che fossero parole da uomo le tue. Non alte, eccezionali, ma umane soltanto. Eppure non riuscisti a parlare. Mi dicesti soltanto di non guardarti. Ché era il mio sguardo bagnato dalla vermiglia luce del sole. E più rilucenti gli occhi. Tali da sembrarti graffiare l'anima. Raccogliesti il viso fra le mani. Io baciai il tuo pianto. E ti carezzai l'ispida barba. Dicendo che non spettava a te salvarmi. E ti feci forza. A te che avresti dovuto farla a me. Ti afferrai le braccia e mi feci largo fra i ginepri e il lentisco. Mentre i piedi ignudi calpestavano la rena. E le onde mi trafiggevano le gambe. Scamiciato dentro il mare. Te sorridevi da lontano. Perché ti sembravo un Venere del Botticelli. Scambievolmente risi. Morivano così il sole e le sue cose.

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UN RANDAGIO SU GRINDR (XLVIII)

Messaggio da Gherardo » mercoledì 9 marzo 2022, 1:28

Tornasti una sera. Avevano un odore intenso i tuoi capelli. Nerissimi che ti cascavano sulla fronte. Ma tornasti senza dire niente. Lì mentre nel petto ti pesava la tua natura. E che ti devo dire? Ti dicevo. Non ci tornare. Se ci sono ragazzi che cercano solo sesso. Se non riesci a costruire nulla. Che ci torni a fare? Eliminati da Grindr. Hai sofferto fin da bambino. Nell'adolescenza. Hai impiegato anni per accettarti. Ad abbozzare una qualche fiducia in te stesso. Per poi finire così? Eppure non hai smesso di essere solo. Anche se eri circondato da bei ragazzi. Anche avendo quel che volevi. La tua solitudine è rimasta la stessa. La solita di quando eri un ragazzino. Ha soltanto cambiato forma. Ma non sei mai stato libero. Un tempo eri schiavo del giudizio degli altri. Delle violenze del mondo. Le risate che ti aprivano in due. E oggi? Cos'è davvero cambiato. Sei felice adesso? Che sono scolpiti gli addominali. E sfoggi i bicipiti. E la bellezza di un maschio. Prepotente. E virile. Che non guarda in faccia a nessuno. Ma se dunque hai questo. Se finalmente l'hai raggiunto. Perché non sei felice? Tu d'altra parte dovevi amare in silenzio. Di nascosto. Con vergogna. Nei vicoli. O in macchina. Porgendo l'orecchio ad ogni rumore. Col cuore in gola. O col viso sporco di uomo. A questo ti ha costretto il mondo. A svestirti. Impugnare il sesso. A mostrare quello che avevi. Se poi cercavi l'amore o il sesso che differenza faceva? Ti sarebbe andato bene tutto. Purché non fosse altra solitudine. Il meglio non c'era. Allora perchè non buttarsi? Ché per troppo non avevi avuto un bel niente. Avessero tutti i tuoi dati. Vendessero informazioni sul tuo conto. Andava bene essere meno che un pezzo da macello. Basta che fosse facile. Incontrare. Baciare. Amare. Anche in modo miserabile. Piangesti. Non come un gay. O un etero. Altre simili parole. Piangesti con lacrime umane.

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