ESSERE UNA COPPIA GAY

Approccio dei ragazzi gay verso la sessualità
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progettogayforum
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ESSERE UNA COPPIA GAY

Messaggio da progettogayforum » lunedì 15 novembre 2021, 1:59

Caro Project,
seguo il forum da diversi anni e ci trovo cose molto vere, alcune molto vicine alle mie esperienze. Io sono un gay sostanzialmente felice, ho 37 anni ed ho un compagno di 38, che mi ha letteralmente cambiato la vita e mi ha fatto capire che cosa vuol dire avere accanto un uomo vero. Stiamo insieme da 12 anni, la nostra non è una simbiosi, non tendiamo a identificarci uno con l’altro, siamo diversi sotto molti punti di vista ma ci vogliamo bene e questa è stata la ragione di fondo che ha permesso al nostro legame di durare. Io sono profondamente convinto di essere stato molto fortunato ad averlo incontrato, è un uomo di una moralità profonda e nello stesso tempo profondamente autonoma e slegata da qualsiasi codice di comportamento astratto. Non è debordante né invasivo, ha le sue idee ma non cerca di imporle, la sua presenza nella mia vita sembra quasi in tono minore, non si è mai proposto come quello che risolve i problemi o come un superuomo, di parole ne usa poche, se non pochissime. Lui per me è stato una specie di maestro, lo consideravo e lo considero tuttora molto migliore di me e cerco di imitarlo, ma non è facile. Lui non si atteggia mai, non entra mai in una parte, non segue copioni di nessun genere, quando sta con me è serio e sa ascoltare in silenzio quando serve ma, quando meno me lo aspetto, ride, scherza, dice scemenze, mi fa il solletico, mi provoca sessualmente. Un po’ lo vedo come un santo e un po’ come un diavoletto tentatore. Io faccio un lavoro tecnico, qualificato sì, ma sostanzialmente piuttosto monotono, e in realtà non ho mai grosse preoccupazioni legate al lavoro, perché lavoro in un team integrato e gli errori ce li correggiamo a vicenda, per lui le cose sono diverse e anche le preoccupazioni sono diverse. I suoi pazienti per lui sono veramente importanti, non va a intuito, i casi se li studia molto analiticamente e quando ha dei dubbi, si consulta con altri medici. In genere in tempi recenti abbiamo la possibilità di passare la notte insieme al massimo un paio di volte in una settimana, e spesso anche una volta sola e non succede quasi mai negli stessi giorni della settimana, il che vuol dire che non c’è nulla di programmabile. C’è una cosa che mi ha sempre colpito di lui ed è il fatto che quando viene a letto porta sempre gli occhiali e li poggia sul comodino solo dopo essersi messo comodo. In genere lui si mette a letto prima di me e a me piace moltissimo vederlo steso nel letto con gli occhiali, che gli danno un’aria tanto intellettuale. In quest’ultimo anno, anche se eravamo entrambi vaccinatissimi, i nostri contatti fisici sono stati comunque ridotti, ma lo scorso anno praticamente i contatti fisici non ci sono stati proprio, perché, senza vaccino, il rischio era molto alto. Lui non è un rianimatore né un virologo né un infettivologo, e quindi non è stato particolarmente impegnato nei reparti covid, cioè non c’è mai stato a tempo pieno e in condizioni di stress come è successo a molti altri medici, ma nell’ambiente ospedaliero il rischio era comunque alto e quindi la prudenza era d’obbligo. Con la vaccinazione le cose sono andate meglio. Quando mi cerca mi sento molto gratificato, lui non mi fa complimenti, queste cose non fanno parte della sua personalità, quando sono io a fargli complimenti, dopo qualche secondo, mi ferma con modi un po’ bruschi, ma non subito, vuole prima vedere che cosa penso realmente di lui. Qualche giorno fa gli ho detto che per me è una delle persone migliori che ho conosciuto, proprio a livello morale, lui mi ha risposto con un: “Mah…” e ha aggiunto: “Non mi mitizzare! Dopo tanti anni ancora non mi conosci.” Io gli ho detto che penso veramente quello che dico e lui mi ha risposto: “Tu non sai quello che faccio con gli altri…” e quell’espressione, “gli altri”, ha messo in crisi in mio cervello, almeno sul momento, ma lui non si riferiva certamente ad “altri” come alternativa a me ma ad altri come generiche persone conosciute per le ragioni più varie, come per dire che con me tiene un comportamento diverso e in qualche modo migliore di quello che tiene di solito. Penso che si senta condizionato perché il nostro rapporto si fonda sul fatto che sessualmente tra noi le cose hanno sempre funzionato bene, come se questa fosse una diminuzione, una svalutazione, cioè qualcosa che fa proprio perdere valore al nostro rapporto. Lui tende a dare al sesso un ruolo importantissimo ma nello stesso tempo lo svaluta e reagisce come se il sesso condizionasse negativamente tutto il resto, o meglio come se si limitasse tutto al sesso stupidamente inteso ma trascura il fatto che il contatto sessuale tra noi ha una fortissima base affettiva e lo vedo dal fatto che tra noi la sessualità è cambiata nel corso del tempo, con una forma di adattamento reciproco progressivo. All’inizio qualche volta era insistente ma poi ha scelto un approccio veramente di coppia. Ma anche io ero troppo risoluto nel dire di no e piano piano ho capito che il mio atteggiamento era stupido. Alla fine eravamo entrambi disposti a cedere perché le questioni di principio avrebbero messo in crisi in nostro rapporto, cosa che noi non volevamo affatto. Lui non mette le sue esigenze al primo posto, quello che conta per lui è sapere di essere capito e accettato per come è veramente, il che tra l’altro è facile perché lui è molto migliore di come crede di essere. Lui sa che sono felice quando mi cerca, sa che do al fatto di stare con lui un valore enorme, cioè sa che gli voglio bene, non cerca di alimentare questo mio sentimento perché sa che non ce n’è bisogno. Per lui il contatto fisico è l’essenza di un rapporto di coppia. Io, all’inizio, ero un po’ spiazzato dal suo modo di fare, perché ero abituato soprattutto alle parole, cioè al contatto verbale, e non capivo tanti suoi atteggiamenti che mi sembravano ruvidi, ma il suo modo di vivere il sesso dice molto più delle parole e quando non abbiamo la possibilità di stare insieme per più di qualche giorno, io sento la sua mancanza e la sento molto fortemente e, quando stiamo insieme, la sensazione positiva è mescolata con quella meno positiva legata al fatto che poi ci sarà un’altra lunga pausa. Insomma, quando stiamo insieme so che il momento passerà e ci sarà di nuovo da aspettare, ma quando mi chiama per avvisarmi che sta per venire da me, io cerco di metterlo a suo agio in tutti i modi, cerco di fargli capire che quella telefonata l’ho aspettata e che non vedo l’ora di rivederlo. Lui mi dice che sa bene che quando mi dice: “Ho voglia di stare con te” io ne sono contento e che so che quella frase non è un’espressione sublimata di un affetto generico ma ha proprio una carica sessuale fortissima. Io ho imparato da lui quanto il sesso possa cambiare la vita di un uomo, quanto lo possa gratificare, se si sente accettato, voluto, desiderato. E quando stiamo insieme, io sento che lui sta bene, che non si frena, che si sente libero, che non si sente condizionato o giudicato, non ha paura di essere se stesso fino in fondo. Anni fa non voleva essere accarezzato, si ritraeva, il che era paradossale, perché tra noi facevamo di tutto, ma le carezze lo mettevano in imbarazzo e mi fermava, e io all’epoca ci rimanevo male, poi piano piano le cose sono cambiate e le carezze le ha accettate e ho l’impressione che cominci a capirne il senso, ma sono io che lo accarezzo, lui con me non lo fa, però ha altre forme di tenerezza, mi dà dei bacetti leggerissimi, in pratica mi sfiora con le labbra, è una specie di gesto giocoso e spontaneo che mette in pratica quando si sente totalmente rilassato. Se c’è una cosa che ancora non mi soddisfa a pieno, nel sesso, è il fatto che lui lo fa ad occhi chiusi, se per un verso questo è segno di maggiore partecipazione, per l’altro mi impedisce di guardarlo negli occhi. Se in certi momenti ci guardassimo negli occhi, la comunicazione sarebbe ancora più diretta e più profonda, ma se gli chiedessi di aprire gli occhi in certi momenti potrei turbare i suoi equilibri e allora mi incanto a guardarlo quando sta ad occhi chiusi e lo vedo bellissimo e penso che, per un po’ almeno, è riuscito a mettere da parte le sue malinconie, che comunque ci sono, anche se vengono a galla sempre meno. Mi piacerebbe anche che tra noi si parlasse di più, ma a lui le parole non piacciono molto. Certe volte vorrei che nel sesso ci fossero delle pause di rilassamento, non fosse altro per riprendere fiato, perché qualche volta lo vedo stanco e sudato, ma a lui le pause non piacciono e allora cerco almeno di rallentare i ritmi, ma a me piacerebbe anche semplicemente addormentarmi accanto a lui. Lui qualche volta vede me stanco e allora si ferma, spontaneamente non lo farebbe ma lo fa per non fare stancare me, questo modo di fare mi colpisce molto, lo sento tenero. Lui è molto più atletico di me e quando lo osservo penso che è veramente bellissimo e che in fondo è stato l’unico uomo che ho amato nel senso pieno del termine, perché era il mio modello di uomo e non si è smentito col passare del tempo. Mi viene incontro a piccoli passi, non mi resiste, se pensa che qualcosa è importante per me, cede senza esitare, parlo soprattutto del sesso, ma se pensa che io sto facendo qualche grossa stupidaggine mi richiama all’ordine e cerca di farmi capire il suo punto di vista, che è quasi sempre più saggio del mio, più di larghe vedute. Vorrei passare molto più tempo con lui, se succedesse, il nostro rapporto maturerebbe molto più velocemente. Certe volte penso che se vivessimo insieme il rapporto potrebbe risentirne anche negativamente ma credo che questo sia un timore sostanzialmente infondato, più teorico che altro. C’è un momento, nei nostri incontri, che mi fa tanta malinconia, ed è quando ormai si è fatto tardi e lui deve prepararsi per andare via, quando si alza dal letto e si riveste, perché vuol dire che il tempo per la nostra intimità è finito. In quei momenti mi piacerebbe tanto che si arrivasse a una convivenza, ma credo che sarà molto difficile, lui vive ancora con i suoi genitori che non sono nemmeno vecchissimi ma di lui non sanno nulla. Io me ne sono andato a vivere da solo parecchi anni fa e ho limitato i rapporti con la mia famiglia, perché se non lo avessi fatto la mia libertà si sarebbe ridotta a zero. Adesso vivo solo e in una città diversa da quella dove vivono i miei genitori e questa è la ragione per cui è sempre lui a venire da me. Le notti che passiamo insieme lui le giustifica con i suoi dicendo che ha avuto un turno di guardia in ospedale, e con questo espediente riusciamo ad avere un piccolo spazio per noi. Francamente non credo che lui avrà la forza di staccarsi dai suoi genitori, ma non per ragioni di utilità, ma proprio per non lasciarli soli, perché anche se non sanno nulla di lui, hanno fatto di tutto per incoraggiarlo negli studi e per sostenerlo nelle sue scelte. In effetti io non posso pretendere nulla da lui, perché per lui i rapporti con i genitori contano e contano molto. Volergli bene significa prenderlo com’è, non cercare di imporgli qualcosa che per lui sarebbe troppo difficile realizzare. Posso solo dire che quando avevo vent’anni non avrei mai immaginato che la mia vita potesse essere così gratificante, con tutte le sue limitazioni, il nostro rapporto è veramente andato al di là delle mie più rosee previsioni. Non credo che molte altre coppie abbiano il livello di coesione della nostra. Mi accade di pensare a lui spessissimo durante la giornata, quando gli dico di queste cose lui mi sorride, non dice una parola ma mi prende il viso tra le mani e mi dà tre bacetti leggerissimi.

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