Mi presento insieme ai miei numerosi interrogativi...

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Alyosha
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Re: Mi presento insieme ai miei numerosi interrogativi...

Messaggio da Alyosha » martedì 15 aprile 2025, 20:20

Riconosco perfettamente ciò che descrivi: la frustrazione di un contesto che antepone il risultato all’incontro vero, la stanchezza per dinamiche che schiacciano tutto sull’immediatezza, la sensazione che certe logiche (chat, locali, categorizzazioni come "A o P") siano più un ostacolo che una via. È vero: anticipare esiti, incasellare, pretendere risposte rapide uccide la possibilità di una conoscenza autentica.

Anch’io ho visto quanto i rapporti in certi ambienti LGBTQ+ possano essere fragili, effimeri, governati da una sorta di “ansia da prestazione” relazionale. È come se, per molti, il trauma di una società eteronormativa si riproduca in microcosmi dove l’affettività viene iper-sessualizzata o ridotta a un fenomeno puramente carnale. Per chi poi come me viene da un passato etero, o ha costruito legami profondi al di fuori della comunità gay, l’impatto è ancora più stridente. Non è un caso che tra i pochi amici gay con cui ho ancora rapporti ci siano solo quelli conosciuti proprio all'intero del Progetto: è qui che trovavi persone che, come te, rifiutano la superficialità e cercano un confronto serio.

La tua scelta di evitare chat e locali non è “ritrosia”, ma coerenza. Se quei luoghi ti sembrano patologici, è perché amplificano meccanismi che già faticano a reggersi nella vita reale: l’idealizzazione compulsiva, la paura dell’impegno, la riduzione del corpo a merce. È vero: manca un’educazione affettiva che separi il sesso dalla costruzione di un legame, che insegni a vedere l’altro come un essere complesso e non come un “tipo” da etichettare. Il sesso rovina tutto da subito, quando diventa il linguaggio esclusivo, soffoca ogni altra possibilità di comunicazione.

Il ridimensionamento delle aspettative (“dare il minimo sindacale”) non è cinismo, ma una forma di protezione. Ho scoperto, sperimentando in questo anno da single, che molte persone in certi ambienti non sono attrezzate per reggere la profondità della relazione (di qualsiasi tipo essa sia). Ed è giusto preservarsi. La vita reale è altrove: nelle amicizie che hai scelto, in quella “famiglia” che ti sei costruito.

Non so se esistano risposte facili. So però che la tua esperienza è condivisa da molti, anche se pochi ne parlano purtroppo perché come te non frequentano quei luoghi. Da questo punto di vista questo luogo è sempre stata un'alternativa valida. Continua a cercare chi, come te, resiste alla corrente, chi preferisce costruire ponti invece che bruciare tutto in un match. Non servono grandi numeri: bastano quelle due o tre persone che sanno stare senza pretese, senza particolari aspettative, che ti lasciano essere quello che sei e non quello che vorrebbero loro che fossi. Tutto questo è senza dubbio più semplice trovarlo in un amicizia che in una relazione, sopratutto se costruite a quel modo.

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